Nella casa di reclusione di Bollate (foto LaPresse)

Voglia di riforma delle galere ai tempi della voluttà carceraria

Adriano Sofri

Lo sciopero dell’Unione delle Camere Penali e altre iniziative sono apprezzabili perché testimoniano di un impegno giusto e necessario, protratto lungo tre anni, e definitivamente affossato

Se non ascoltassi Radio radicale e non ricevessi il quotidiano Il dubbio avrei a stento saputo che gli avvocati penalisti italiani hanno scioperato per due giorni, l’altroieri e ieri. Lo sciopero, e le altre (poche) iniziative condotte soprattutto da militanti radicali e da detenuti, oltre alle prese di posizione (poche ma significative) di giuristi e magistrati, riguardano un segmento della riforma penitenziaria sopravvissuto alle successive rinunce e mutilazioni nella legislatura che si chiude. Un segmento importante in particolare per le pene alternative. Lo sciopero dell’Unione delle Camere Penali, che peraltro ha avuto un’adesione vastissima, e le altre iniziative, sono apprezzabili in realtà solo perché testimoniano di un impegno giusto e necessario, protratto lungo tre anni, e definitivamente affossato. Nessuno poteva e può credere che gli ultimi giorni di una legislatura sepolta e di un governo di affari correnti producessero il soprassalto di una volontà di riforma appena decente della condizione delle galere. Tanto più quando hanno prevalso nelle elezioni partiti e uomini gonfi di voluttà carceraria. Hanno una grossa maggioranza, questi freschi vincitori. Ci sono luoghi, celle, scantinati, scale, stive, panchine, dai quali si aspetta il loro regno con l’orecchio al suolo e le braccia attorno alla testa. Rannicchiati nel quinto angolo.