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Due ricerche su giovani e aspettative (reciproche) dal mondo del lavoro

Daniele Bonecchi

I numeri dicono che una parte sostanziale della forza lavoro italiana non è impiegata in base alle proprie competenze

Nei giorni del decreto Dignità, a Milano si discute di come trovare il lavoro giusto e di come tenerselo stretto. E’ l’Istat a registrare il nuovo record della flessibilità, con 3 milioni e 74 mila giovani assunti coi contratti a termine, in tutta Italia. E Milano fa la parte del leone. Ma cosa vogliono i giovani che si affacciano al mondo del lavoro e cosa chiedono invece quelli già “arrivati” in azienda? Chi, dopo gli studi, deve tracciare il proprio futuro, non sempre ha le idee chiare. Si tratta di una scelta difficile perché spesso ostacolata da pregiudizi e non sostenuta da una reale conoscenza delle competenze che sarà necessario acquisire per essere competitivi.

 

E’ quello che emerge dall’ultima edizione della ricerca “Il futuro è STEAM (Science, Technology, Engineering, Arts and Math” promossa da CA Technologies insieme a Netconsulting e Sodalitas su 210 ragazzi delle scuole superiori di Milano tra i 14 e i 18 anni. La ricerca mostra come alcuni pregiudizi e stereotipi di genere siano radicati fin dall’adolescenza. Se il 57% delle studentesse si sente portato verso lo studio della lingua italiana e il 60% verso lo studio delle lingue straniere, solo il 28% di esse ritiene che i propri punti di forza siano la matematica e le scienze e addirittura solo il 14% si sente portato per la fisica e la chimica. All’analisi delle propensioni individuali corrisponde una forte influenza della famiglia. Sebbene, infatti, il 70% dei ragazzi e il 59% delle ragazze affermino di non essere influenzati dai genitori, il 23% delle studentesse dichiara di essere indirizzato dalla famiglia verso una formazione umanistica (contro solo il 6% dei ragazzi) e solo al 12% di esse viene suggerito un percorso di studi STEM (rispetto al 21% dei ragazzi). Infatti l’orientamento universitario indica che solo il 30% delle ragazze ha intenzione di intraprendere un corso di laurea STEM, contro il 53% dei ragazzi.

 

Chi invece un lavoro quotato l’ha già conquistato cerca di migliorare, comunque, le proprie condizioni. Il primo elemento di interesse per la generazione Y (22/38/ anni) è l’ambiente di lavoro (44,8%), seguito dalla retribuzione fissa (36,7%) e dalla flessibilità degli orari di lavoro (36,8%). Per ciò che concerne la generazione Z (meno di 21 anni), se è ancora l’ambiente di lavoro la prima motivazione (45,5%), al secondo posto si collocano gli orari di lavoro (35,4%) e al terzo le caratteristiche delle mansioni da svolgere (34,3%). Per entrambe le generazioni gli altri fattori di attrazione verso le aziende sono: organizzazione (32,2%), sviluppo professionale (29,4%), management e leadership (24,8%), valori aziendali 25,9%, caratteristiche strutturali dell’azienda (23,3%). Sono dati della ricerca sulla gestione dei “nuovi talenti” in azienda condotta da Gi Group, leader del recruiting e nella gestione del personale, sul campione Doxa di 2.000 giovani in fascia d’età 38/22 anni e inferiore ai 21 nel mese di aprile 2018. Andando a fondo nell’analisi degli elementi che attraggono i giovani, troviamo l’Ambiente di lavoro: il 73,5% vuole un’atmosfera piacevole e collaborativa, il 49,4% una comunicazione interna trasparente, un ambiente innovativo il 38,6%. Valutazione e reward: retribuzione fissa 70,8%, sistema di valutazione della prestazione equo e imparziale (41,9%), chiarezza dei criteri di valutazione della prestazione (38%). Orario di lavoro: buona conciliazione dei tempi di vita lavorativa (63,2%), flessibilità in entrata e uscita (45,2%), smart working (32,8%). 

 

Ma cosa trattiene (retention) i giovani in azienda? Innanzitutto la retribuzione fissa ed equo sistema di valutazione (42%), seguita da orario di lavoro (42%) e ambiente di lavoro (40%). Seguoono in successione le relazioni interne (36%), caratteristiche del lavoro (34%), le possibilità di sviluppo professionale (33%). C’è poi il capitolo relativo alla soddisfazione dei dipendenti in base ai servizi di welfare offerti, un aspetto che sta diventando cruciale nella definizione di un nuovo modello di welfare e su cui molte aziende lombarde si stanno orientando: dalla copertura delle spese mediche e dentistiche, alle ferie e permessi al job sharing e alla previdenza complementare. Più l’aspetto dei bonus che riguardano la prospettiva della vita dei giovani lavoratori: nascita (gradito al 70,9%), buono carburante, al rimborso degli interessi sui mutui e i contributi per le spese di asili, baby sitter, assicurazioni long term care (63,3%).

 

Dionigi Gianola, direttore generale della Compagnia delle opere e responsabile del progetto “Fabbrica per l’eccellenza”, spiega: “L’Italia, secondo l’Ocse, è l’unico paese del G7 in cui la quota di lavoratori laureati con mansioni di routine è più alta della quota di quanti sono in linea con il livello del proprio titolo di studio. Sommando questi lavoratori (11,7%) con quelli che, viceversa, sono sovra-qualificati (12%), si scopre così che una parte sostanziale della forza lavoro italiana non è impiegata in base alle proprie competenze. In questo contesto coinvolgeremo sempre più anche le scuole e le università, realizzando un ‘Hub della Conoscenza’ per aiutare le unità produttive italiane e i giovani a costruire il proprio futuro rispondendo ai bisogni delle imprese che creano lavoro”.

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