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La nuova partita di Sesto: i player e una rivoluzione immobiliare

Dario Di Vico

La disputa riguarda il futuro di una delle aree di rigenerazione urbana più vaste d’Europa. Può rappresentare una chance per tutta Milano e per la massa critica delle unità immobiliari che promette (4-5 mila appartamenti) può persino funzionare da calmiere del mercato

Era partito come uno scontro finanziario di quelli-che-c’erano-una-volta e sta diventando una scommessa per cercare di ri-governare il mercato immobiliare di Milano. Mitigare la vertigine del mattone ambrosiano tutto d’oro e riconquistare una credibilità agli occhi di vasti strati di opinione pubblica. Stiamo parlando della cosiddetta “battaglia di Sesto”, la disputa attorno al futuro di una delle aree di rigenerazione urbana più vaste d’Europa (le ex acciaierie Falck dismesse nel 1996 ovvero 1,4 milioni di metri quadri).

 

Le posizioni di partenza del conflitto annunciato vedevano da una parte gli sviluppatori americani di Hines e Prelios di Fabrizio Palenzona, e dall’altra i cavalieri bianchi di Coima (Manfredi Catella) e di Redo sgr, il fondo per l’housing sociale fortissimamente voluto a suo tempo da Giuseppe Guzzetti. In mezzo, si fa per dire, la grande banca di sistema, Intesa Sanpaolo, preoccupata di avere finanziato la rigenerazione di Sesto San Giovanni con 900 milioni di euro e di vedersi costretta a svalutare i suoi crediti. E proprio Intesa è stata il motore di quella che si presenta, persino sociologicamente, come un’inversione a “U”. 

 

Ha senso nel mondo post-Covid, nell’epoca dello straordinario successo dello smart working, nella stagione dei grandi spazi-uffici riempiti quando va bene a metà, investire ancora come se niente fosse nel terziario direzionale? La domanda ha fatto negli ultimi mesi il giro di Milano nei dibattiti ad hoc e nelle cene che contano e la risposta maturata in casa Intesa è stata lineare. Occorre un ripensamento e insieme un’accelerazione per incrociare nuovi investitori. Ripetere gli schemi anni Novanta e Duemila ovvero investire in “funzioni pregiate” non ha più senso compiuto e, soprattutto, rischia di avere un mercato troppo sottile. Quindi prima che sia troppo tardi conviene a tutti dare un colpo di freno, consultare il navigatore e prendere un’altra strada. In soldoni vuol dire dare risposte di mercato a una domanda sociale incarnata dal ceto medio milanese che cerca casa a prezzi abbordabili e non vuole pagare le cifre folli che si sente chiedere. E l’area di Sesto, collocata per altro a ridosso della M1, può rappresentare una chance e per la massa critica delle unità immobiliari che promette (4-5 mila appartamenti) può persino pensare di funzionare da calmiere del mercato.

 

La virata di Intesa – che capeggia un pool di banche investitrici con Unicredit, Bpm e Ifis – ha quindi più valenze. Obbedire alle metriche della vigilanza europea che chiede investimenti Esg, replicare la piccola operazione di successo realizzata a Cascina Merlata, limitrofa all’area ex Expo, ritrovare una sintonia con i milanesi preoccupatissimi di vivere in una città condizionata dai prezzi delle abitazioni e incapace di darsi altri traguardi. All’inizio la mossa della banca diretta da Carlo Messina ha generato inquietudini e risposte decisamente piccate in casa Hines-Prelios, ma poi man mano il lignaggio della Ca’ de Sass e la forza delle argomentazioni portate sembrano aver avuto la meglio. E così dal conflitto che si prospettava con gran rumore di sciabole le indiscrezioni di oggi parlano invece di una pace non così lontana e di un compromesso che comincia a delinearsi con chiarezza. Hines conserverebbe una buona porzione dell’area di Unione Zero vocata al terziario direzionale, area peraltro sulla quale una tranche di lavori è stata già portata avanti. Il “partito” dell’housing sociale conquisterebbe tutto il resto dando vita all’operazione di cui sopra. Verrebbero confermati poi gli impegni a realizzare accanto la Cittadella della Scienza della Ricerca, che dovrebbe ospitare l’istituto neurologico Besta, l’istituto dei Tumori, un campus del San Raffaele e un centro di formazione. Regione Lombardia, che ha investito su questa ipotesi, vede di buon occhio il nuovo corso portato avanti da Intesa (anzi) anche perché vuole evitare di costruire cattedrali (o ospedali) nel deserto e spera in uno sviluppo omogeneo dell’area sestese.

 

Ma, accertato il ruolo-chiave di Intesa, chi sono i cavalieri bianchi dell’operazione “Ceto medio & Prezzi abbordabili”? Il primo come già detto è Redo, un fondo creatura della Fondazione Cariplo leader nell’housing sociale e partecipato da Cdp e dalla stessa Intesa. Il secondo è a suo modo una sorpresa perché si tratta di Manfredi Catella, il campione della rigenerazione urbana e dell’investimento sul terziario direzionale che, capito il vento che tira, si lancia in un’operazione dalle tinte sociali inedita per lui, da “capitalista paziente” come Redo. I sostenitori della svolta di Intesa segnalano che proprio la disponibilità di Catella in fondo dimostra come siano cambiate le tendenze del mercato dei capitali: non c’è nessuno disposto a buttare soldi in progetti a parole “pregiati” ma che non incontrano la domanda, mentre gli investitori trovano sensato accontentarsi di ritorni più moderati (5-6 per cento contro le due cifre di una volta) ma duraturi nel tempo. Se andrà a finire come sembra, per la formula dell’housing sociale sarà la prova del nove. Hic Sestus hic salta.
 

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