Foto di Ronald Wittek, via Ansa  

Gran Milano

L'idrogeno è il settore che ha il potenziale energetico per il futuro. La Lombardia è già pronta

Daniele Bonecchi

"Quello verde è un vettore energetico essenziale nella transizione ecologica", spiega il vice di Assolombarda. Nella regione sono già partiti diversi progetti e la filiera non è più alla fase sperimentale

Ne serve di energia. Secondo Aria (agenzia regionale) la Lombardia importava dalla Svizzera nel 2021 il 41,8 per cento del totale dell’energia elettrica trasferita in Italia, con un saldo degli scambi di 15.686,1 GWh (gigawattora). Nel 2022 abbiamo registrato una importazione dalla Svizzera pari a 18,10 TWh (terawattora) e dal Piemonte pari a 11,4 TWh. Considerando i consumi relativi ai vettori energetici, è il gas naturale a far registrare negli anni scorsi i valori maggiori, con circa 8 milioni di tep. A seguire il consumo di prodotti petroliferi (circa 5,6 milioni di tep), tra i quali il gasolio pesa per i due terzi mentre la benzina poco meno del 30 per cento. Sul versante consumi il residenziale copre il 33 per cento mentre l’industria si attesta sul 29 e i trasporti al 22. L’emergenza da conflitto ha creato gravi difficoltà al mondo produttivo, ma rimescolando le carte oggi in Lombardia si delinea una nuova opportunità. Si chiama idrogeno.

L’idrogeno verde è un vettore energetico essenziale nella transizione ecologica – spiega al Foglio Alberto Dossi, vicepresidente Assolombarda con delega alla Transizione ecologica, presidente H2IT Italia e del Gruppo Sapio – Oggi è tornato d’attualità anche perché la guerra ci ha insegnato che non possiamo più dipendere, nell’approvvigionamento da paesi instabili. Per giungere alla sicurezza energetica dobbiamo puntare sulle rinnovabili e sui vettori puliti: tra questi, appunto, l’idrogeno. È un gas che può essere stoccato per lunghissimi periodi, è flessibile e garantisce l’approvvigionamento nel tempo. Per questa ragione sarà sempre più utilizzato, anche perché è trasversale a molte tecnologie. Si utilizza, del resto, nell’industria laddove non si riescono ad abbattere le emissioni CO2; è il caso, per esempio, delle acciaierie. Ma non solo: c’è anche un impatto potenziale significativo sulla mobilità pesante e di lunga percorrenza: bus, camion, treni, aerei e navi”.

La mobilità elettrica funziona sui piccoli percorsi, nelle città. Ma quando si parla di lunga percorrenza entra in gioco l’energia da idrogeno. “La Lombardia – spiega Dossi – è sempre avanti, anche nella produzione d’idrogeno. È già partito il progetto della Valcamonica, lungo il tracciato ferroviario Brescia-Iseo-Edolo, dove i locomotori diesel saranno sostituiti da quelli a idrogeno. Già a fine 2023 arriveranno 8 treni di Alston e nel 2024 ne arriveranno altri 6. A Brescia, Edolo e Iseo, poi, si stanno costruendo anche stazioni di rifornimento. La mia azienda – la Sapio – sta lavorando alla stazione mobile di rifornimento di Iseo. C’è anche un progetto su Malpensa, dove si realizzerà una grande stazione di rifornimento per gli aerei a idrogeno”. E a Mantova c’è un grandissimo hub, su aree dismesse, dove – dopo aver partecipato al bando – stiamo realizzando una nuova stazione di distribuzione”.

Il Pnrr ha stanziato per l’idrogeno 3,64 miliardi, in parte già assegnati. La filiera, insomma, non è più in una fase sperimentale. “Occorre, adesso, sostenere il mercato: in particolare, crediamo sia utile adottare una strategia nazionale. Se, per esempio, vogliamo finanziare il trasporto pesante all’idrogeno servono sostegni per l’acquisto dei veicoli e una politica che punti a calmierare il prezzo dell’energia elettrica. Le imprese produttrici sono pronte: riteniamo che l’idrogeno sia uno dei combustibili del futuro”.

Sono già 126 le aziende aderenti a H2IT, l’Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile, nata nel 2005. Il vero nemico non è più la sicurezza degli impianti, ampiamente garantita, ma il costo dell’energia elettrica (essenziale nella produzione d’idrogeno). Superato anche il tabù mobilità, infatti, ormai è chiaro che nell’automotive prevale il sistema elettrico ma invece sul trasporto pesante è l’idrogeno la carta vincente, spiega il presidente di H2IT. “Ormai con le stazioni di rifornimento l’Italia si è messa in pari con gli altri paesi europei, dove sono già 162, noi ora ne stiamo realizzando 36. Anche perché è impensabile che un camion all’idrogeno che arrivi dalla Germania in Italia trovi un solo distributore all’idrogeno sull’autostrada”. Al governo Meloni gli imprenditori chiedono “incentivi sui veicoli e una strategia nazionale: questo è davvero urgente. Le imprese produttrici sono pronte. L’idrogeno verde è uno dei combustibili più affidabili” conclude Dossi.

Di più su questi argomenti: