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Finalmente alla Braidense i libri antichi di Eco, e una mostra da bibliofili

Francesca Amé

Un’ottantina di volumi esposti in teche, ciascuna delle quali porta il titolo di un capolavoro del grande intellettuale, che diventano “scrigno” di dotte e imprevedibili citazioni. Per l'occasione la Biblioteca nazionale ha riprodotto anche lo studiolo del semiologo. Si potrà visitare da oggi fino al 2 luglio

Nello studiolo di Umberto Eco appena allestito alla Biblioteca nazionale Braidense non manca nulla: ci sono persino i testicoli di cane (amuleto preferito del famoso intellettuale), le miniature dei Peanuts, un piccolo specchio parabolico, i bastoni da passeggio, la scala appoggiata sullo scaffale. Al centro di questo ambiente intimo, riservato, una scrivania su cui sono poggiati una lampada, degli spartiti e uno degli amati flauti con cui Eco era solito suonare musica barocca (la si sente in sottofondo). C’è una finestra spalancata sul cortile interno di Brera: entra una luce calda, chissà se simile a quella della “Bibliotheca semiologica, curiosa, lunatica, magica et pneupatica” che Eco aveva costruito con l’appetito del collezionista accorto a partire dagli anni Ottanta nella sua abitazione davanti al Castello Sforzesco, una wunderkammer specialissima,  visibile solo a pochi fidati amici, con 1.300 libri antichi tra cui 36 preziosi incunaboli come la Hypnerotomachia Poliphili stampata da Aldo Manuzio nel 1499, capolavoro assoluto.

 

Da oggi il suo studiolo torna a vivere alla Biblioteca Braidense, proprio accanto a un’altra stanza delle meraviglie, quella che raccoglie biblioteca, edizioni e manoscritti di Alessandro Manzoni, donata dalla famiglia alla Braidense nel 1886, un secolo dopo l’apertura al pubblico della biblioteca che oggi è la terza a livello nazionale per patrimonio librario (circa un milione e mezzo di volumi conservati). 

 

Grazie anche agli oggetti originali donati dalla famiglia Eco (la moglie Renate a Brera è di casa: vi ha lavorato e con il direttore James Bradburne coltiva un solido legame), lo studiolo riproduce fedelmente “lo spazio per il pensiero critico” (dice Bradburne) che era la cifra del concetto stesso di biblioteca per Eco. Lo vediamo anche dall’ordine dei volumi: arrivati in 73 scatole, sono stati riposizionati secondo la suddivisione originaria (catalogazione ECO.01 e così via), un criterio open choice che segue l’affinità elettiva tra i titoli che il collezionista stesso si divertiva a scovare, seguendo il principio di un altro geniale studioso e bibliofilo, il tedesco Aby Warburg (1866-1929), per cui in una biblioteca che si rispetti vale il principio del “buon vicinato”. Tradotto: la prossimità fisica deve sottolineare legami e, perché no?, nessi bizzarri (“curiosa, lunatica, magica”, come quella de Il nome della rosa).  Alla Braidense dunque il merito non solo di conservare il fondo di volumi antichi acquisito – complice Bradburne – dal ministero della Cultura nel 2018, due anni dopo la morte del semiologo, ma di averne conservato l’anima. 

 

Burocrazie e campanilismi per una volta sono stati sconfitti dal buon senso: alla Braidense il fondo dei libri antichi, all’Università di Bologna, dove Eco ha insegnato dagli anni Settanta, la biblioteca moderna (35 mila volumi). C’è di che festeggiare. In contemporanea all’apertura dello studiolo (il cui accesso è consentito solo per motivi di studio: tra i volumi in scaffale si intravvedono appunti, annotazioni, foglietti scritti da Eco) la Braidense da oggi e fino al 2 luglio ha allestito in Sala Maria Teresa L’idea della biblioteca. La collezione di libri antichi di Umberto Eco alla Biblioteca nazionale Braidense, una mostra curata dal direttore Bradburne insieme agli specialisti Riccardo Fedriga, Anna Maria Lorusso, Costantino Marmo e Valentina Pisanty. Un’ottantina di volumi (con qualche prestito dal Warburg Institute di Londra, a sottolineare l’affinità di cui si diceva tra i due bibliofili) esposti in teche, ciascuna delle quali porta il titolo di un capolavoro di Eco che si fa “scrigno” di dotte e imprevedibili citazioni. In quella dedicata a Il pendolo di Foucault, ad esempio, spicca una copia dell’Atalanta Fugiens di Michael Maier, perla della cultura alchemica del Seicento. 

 

Alla Braidense si realizza qualcosa di più di un semplice omaggio: si dimostra l’unicità dell’Eco-pensiero rievocando la prediletta biblioteca (luogo raccolto per mente debordante) e tessendo suggestivi rimandi tra incunaboli, volumi antichi e i suoi bestseller che popolano gli scaffali di casa nostra. 
 

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