Quando muore uno scrittore? A proposito dei funerali di Umberto Eco

Antonio Gurrado

Mentre deponete una rosa per Umberto Eco, ricordatevi cosa diceva Alan Bennett (“Marcire è un po’ fiorire”) e domandatevi: quando muore uno scrittore? Non so se le ultime parole significative di San Tommaso d’Aquino furono davvero “Adesso le cose che ho scritto mi sembrano pagliuzze”

Mentre deponete una rosa per Umberto Eco, ricordatevi cosa diceva Alan Bennett (“Marcire è un po’ fiorire”) e domandatevi: quando muore uno scrittore? Non so se le ultime parole significative di San Tommaso d’Aquino furono davvero “Adesso le cose che ho scritto mi sembrano pagliuzze”; ma so che, dalla prospettiva dell'autore, si dà molta più importanza al respirare che all’eventualità di sopravvivere venendo letto nei secoli. Della notizia fortemente esagerata della morte di Mark Twain si è discusso in abbondanza. Molto diversa è la prospettiva del lettore: una Harper Lee, in effetti, non era morta al pubblico da tempo?

 

Tanto che il suo secondo tardivo romanzo è stato salutato come repentina risurrezione dagli entusiasti, e dagli scettici come tradimento perpetrato ai danni di un’identità cristallizzata. Gabriele d’Annunzio nacque postumo. Vedendo che "Primo vere" non ingranava, diffuse la notizia della propria prematura scomparsa così da garantirsi elevate vendite commemorative su cui imbastire cinquant’anni di solida carriera. La rosa di oggi è in memoria di Umberto Eco, il cui prossimo libro è imminente e sui cui diritti si accapigliano più editori che per tanti vivi; al Castello lo salutano masse che dopo l’ultimo respiro si sono ricordate di saccheggiarne i titoli dalle librerie. Morire è un po’ esordire.

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