giustizia

Qualcuno salvi il soldato Pinelli (da se stesso)

Ermes Antonucci

Da quando è stato eletto, il vicepresidente del Csm ha cercato in tutti i modi di ritagliarsi un ruolo di maggior peso sulla scena politica e istituzionale. Fallendo miseramente

“Ma che sta a fa’?”. Un senso di disorientamento ha avvolto i membri, laici e togati, del Consiglio superiore della magistratura rispetto alle ultime mosse del vicepresidente Fabio Pinelli. Da quando è stato eletto al vertice dell’organo di governo autonomo della magistratura, Pinelli ha cercato in tutti i modi di ritagliarsi un ruolo di maggior peso sulla scena politica e istituzionale. Ma l’ultima iniziativa dell’avvocato penalista, eletto dal Parlamento in quota Lega tra i dieci laici del Csm, è risultata del tutto incomprensibile ai colleghi, e non solo. 

 

Mercoledì, infatti, Pinelli ha deciso di astenersi dalla votazione al plenum del parere sul decreto Caivano. Non per mere ragioni di opportunità, ma in virtù del contenuto del documento. Durante la seduta, il vicepresidente ha preso parola per annunciare che non avrebbe votato perché il Csm starebbe “esondando dal terreno proprio delle valutazioni che gli sono consentite”: “Il parere non si limita ad analizzare l’impatto delle previsioni normative sull’organizzazione degli uffici giudiziari ma esprime una serie di perplessità e anche censure e critiche su vari punti dell'articolato normativo”, ha affermato Pinelli, richiamando il Csm al rispetto del “principio della separazione dei poteri”. Il Consiglio superiore, ha aggiunto, non può “trasmodare in un’impropria compartecipazione alla politica giudiziaria e alla definizione delle politiche di contrasto alla devianza minorile”. 

 

In verità, il parere in questione, messo a punto dalla sesta commissione, non sembra realizzare l’esondazione denunciata da Pinelli. Il testo condivide in linea di massima le norme contenute nel decreto Caivano, segnalando tuttavia alcune “criticità” sul piano tecnico, come l’inclusione tra le ipotesi che legittimano l’applicazione della custodia cautelare per i minori di delitti anche nella forma tentata (diversamente da quanto previsto per gli adulti) o la scelta di svincolare l’applicazione del daspo ai minori dall’immediato controllo del giudice. Altri interrogativi, più che rilievi, riguardano la scarsa chiarezza su quale autorità giudiziaria sia competente a esprimersi su alcune fattispecie previste dal decreto. In altre parole, se è vero che nel corso degli ultimi decenni il Csm ha spesso approvato pareri che esondano dalle proprie attribuzioni (fino a spingersi a definire la costituzionalità o meno di alcune leggi), questo non sembra essere avvenuto nel caso del parere sul dl Caivano.

 

Lo conferma, ed è questa la vera notizia, il fatto che tutti i consiglieri laici (compresi i quattro eletti in quota Fratelli d’Italia e anche l’altra consigliera indicata dalla Lega, Claudia Eccher) hanno deciso di votare a favore del parere, ignorando il richiamo di Pinelli. Gli unici ad astenersi, insieme al vicepresidente, sono stati Enrico Aimi (Forza Italia) ed Ernesto Carbone (Italia viva). Insomma, la presa di posizione di Pinelli è caduta nel vuoto, e sono in diversi ora a chiedersi nei corridoi di Palazzo dei Marescialli cosa abbia spinto il vicepresidente a una tale figuraccia annunciata. 

 

Non è la prima volta che il comportamento di Pinelli appare difficile da decifrare. Pochi mesi fa, ad esempio, il vicepresidente era in procinto di ingaggiare l’ex deputato di Italia viva, Michele Anzaldi, come suo superconsulente per la comunicazione. La nomina avrebbe dovuto contribuire a rafforzare il protagonismo mediatico del vicepresidente del Csm. Sono bastati, però, alcuni articoli di stampa in cui si ricordavano i trascorsi politici di Anzaldi per indurre Pinelli a mettere in stand-by per mesi la nomina, spingendo lo stesso Anzaldi, stufo dei ritardi, a ritirare la propria candidatura. L’incarico poi non è stato attribuito. 

 

Ancor prima, Pinelli si era intestato l’obiettivo di aumentare la produttività del Csm riprogrammando il calendario dei lavori. Al termine dei primi 90 giorni della nuova consiliatura, Pinelli aveva snocciolato i grandi risultati ottenuti grazie alla sua iniziativa, presentandosi come una sorta di uomo della provvidenza

 

L’immagine che emerge è quella di un vicepresidente alla ricerca di visibilità, autorevolezza e prestigio. Ma senza una strategia dietro. 

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