giustizia

Così la commissione di Nordio ha annacquato la riforma Cartabia

Ermes Antonucci

Valutazione reale dei magistrati, meno toghe fuori ruolo, nomine obiettive da parte del Csm: la commissione nominata da Nordio per l'attuazione della riforma Cartabia sta cancellando tutte le più importanti novità garantiste

Ricordate il fascicolo per la valutazione dei magistrati? Era stato tra le principali novità annunciate un anno fa dall’allora ministro della Giustizia Marta Cartabia, ai tempi dell’approvazione della sua riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm. “Se un pm indaga o fa arrestare cento persone e quasi tutte vengono poi assolte o se un giudice vede annullate tutte le sue sentenze, questo deve avere una conseguenza sulla carriera del magistrato”, si era detto. Parole di buon senso, soprattutto alla luce dei dati ministeriali piuttosto sconcertanti: negli ultimi anni la percentuale di magistrati promossi (ogni quattro anni) è stata del 99,2 per cento. La valutazione di professionalità riguarda criteri come indipendenza,  equilibrio,  laboriosità, impegno, e da ciò dipendono l’avanzamento di carriera e il trattamento economico. In sostanza, la valutazione non esiste, e la riforma mirava a porre rimedio a questa situazione.

 

C’era un dato, però, di cui in pochi avevano tenuto conto: la legge non introduceva direttamente queste novità, ma delegava il governo a elaborare e adottare i decreti attuativi. Le toghe, che attraverso l’Anm  già avevano cominciato a protestare contro il provvedimento, si placarono improvvisamente. Sapevano, per esperienza, che difficilmente la riforma sarebbe andata in porto. E così è andata. 

 

E’ passato poco più di un anno dall’approvazione della legge delega e la commissione nominata dal nuovo ministro Carlo Nordio, composta da 26 membri, di cui diciotto magistrati, ha elaborato la bozza di decreto legislativo per la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm. La novità più desolante riguarda proprio il fascicolo per la valutazione del magistrato. Secondo la legge delega, il fascicolo dovrebbe contenere per ogni anno di attività “i dati statistici e la documentazione necessaria per valutare il complesso dell’attività svolta, inclusa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività dell’adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di grave anomalia in relazione all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle successive fasi o nei gradi del procedimento e del giudizio, nonché ogni altro elemento richiesto ai fini della valutazione”.

 

Per far cadere l’intera impalcatura, la bozza di decreto legislativo fornisce una definizione del concetto di “grave anomalia” veramente particolare: costituiranno indice di “grave anomalia” il rigetto delle richieste o la riforma e l’annullamento delle decisioni del magistrato, “ove assumano, anche in rapporto agli esiti delle decisioni e delle richieste adottate dai magistrati appartenenti al medesimo ufficio, carattere di marcata preponderanza e di frequenza rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato”. Insomma, non basterà accumulare una serie di errori e flop giudiziari. Questi verranno presi in considerazione nella valutazione soltanto se “preponderanti” rispetto al totale (saranno necessari 51 errori su 100 provvedimenti?). 

 

Il giudizio positivo dovrà essere articolato nelle valutazioni di “discreto”, “buono” e “ottimo”, ma il provvedimento prevede che sia il Csm a indicare i criteri sulla base dei quali esprimere questo giudizio.

 

Non si tratta dell’unica novità a essere stata sgonfiata. La riforma prevedeva anche una riduzione del numero dei magistrati collocati fuori ruolo. Ciò che la commissione ministeriale è riuscita a concepire è la riduzione del limite massimo di magistrati collocati fuori ruolo da 200 a 180. Un taglio risibile, con il sapore della beffa: il testo stabilisce infatti che il collocamento del magistrato fuori ruolo non può essere autorizzato “se sono decorsi meno di tre anni dal rientro in ruolo a seguito di un precedente collocamento fuori ruolo”. Tuttavia, qualche riga più in là si specifica che la disciplina non si applica “ai magistrati fuori ruolo al momento della pubblicazione del presente decreto”, cioè quelli che al momento affollano i corridoi di Via Arenula.

 

Per quanto riguarda, poi, le tanto discusse nomine alla guida delle procure e degli uffici giudicanti, il testo si limita a delegare – ancora – al Csm, cioè il principale responsabile delle distorsioni emerse in questo campo, il compito di dotarsi di nuove regole per garantire maggiore oggettività delle decisioni. Così la commissione voluta da Nordio ha annacquato le innovazioni della riforma Cartabia. 

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