Riunione del plenum del Csm (foto LaPresse)

Il “prestigio” del Csm è una barzelletta

Giuliano Ferrara

La logica dell’Organo è l’autodifesa corporativa, la politica senza dirlo, il traffico delle correnti. Vorrei dare anche io, come Lotti, un “messaggio forte a Ermini”: la stagione della purezza, con grandissimo rispetto, semplicemente non c’è mai stata

Il prestigio di Luca Lotti direi che c’è, perché si è sospeso dal Pd con lealtà, e ha sbeffeggiato gli ipocriti che glielo chiedevano: aveva fatto politica per influire sulle scelte di un organo costituzionale intriso di politica per statuto, e quanto alle espressioni intercettate, bè, mi mettano un trojan nel telefonetto e vado subito in galera anche se non conto niente e non sono rinviato a giudizio in un processo che, nel caso di Lotti, non ha niente a che fare con le pratiche assembleari dell’Organo di Autogoverno della Magistratura, e era già bello che istruito. Ora anch’io nel mio piccolo vorrei dare un “messaggio forte a Ermini”, che non so chi sia, so solo che è stato nominato da politici come Lotti nell’Organo o Organetto e da vice credo si comporti bene, messaggio o non messaggio. Il messaggio è il seguente.

 

Mi preoccuperei del prestigio del Csm, Consiglio superiore della magistratura, di cui straparlano i Giornalisti Collettivi. Spendeva e spandeva in cappuccini. Voleva assumere prerogative corporative tali da indurre il presidente Cossiga, un giurista e un garantista mezzo pazzo ma anche molto savio, a mandargli i Carabinieri di stanza presso il Quirinale per bloccare una seduta oltranzista programmata, un po’ come fecero giustamente i bolscevichi contro la Duma che fu dello Zar (“la guardia è stanca, andate a casa”). L’umiliazione di Giovanni Falcone fu tra le sue performance d’onore, non ci fossero stati Vitalone e Andreotti l’ex giudice istruttore di Palermo sarebbe saltato in aria non da capo degli affari penali del ministero di Grazia e Giustizia ma da pensionato. Le pratiche a difesa dei colleghi togati sono quasi sempre state una barzelletta. Il ciesseemme ha fatto fare carriera, anche nel suo seno, a quelli che hanno fatto la festa a Enzo Tortora. Si è sempre opposto alle riforme della giustizia, et pour cause: la logica dell’Organo è l’autodifesa corporativa, l’elezione di preferenza di tanto di mozzorecchi e il traffico delle correnti, la politica senza dirlo. E potrei continuare, ma credo si sia capito che il mio rispetto per la funzione del Csm e per il suo rilievo costituzionale non arriva a impiastrarmi gli occhi di fette di prosciutto.

 

Dovrei essere più contenuto nella critica, ma la separazione delle carriere, il raddoppio dell’Organo di Autogoverno, uno per il giudizio e uno per l’inquirente, e un meccanismo di selezione meno esposto all’ibrido di amministrazione del penale e governo del politico mi aiuterebbe, ci aiuterebbe alla opera necessaria di restaurazione di un prestigio che forse c’è sempre stato, e altissimo, ma non s’è mai visto all’opera. Verdini, paragonato a Lotti immagino con soddisfazione di entrambi, è stato assolto dalla P4, cioè dall’accusa temeraria di avere fatto lobbismo politico per influire sulle scelte di un’Alta Lobby Politica che dalla politica in larga parte dipende, a parte la mediazione metapolitica (da preservare e rispettare) di un capo dello stato eletto dal Parlamento e generalmente scelto dai partiti. Tutti coloro che vogliono realizzare qualcosa in questo paese, prima o poi, si sono incontrati con il problema delle grandi Assise istituzionali e costituzionali, le Assise più belle del mondo, Corte costituzionale compresa: è successo agli uomini del regime repubblicano originario, che taluni di noi rimpiangono, a Pannella, a Berlusconi e ai berlusconidi, a fior di giuristi, avvocati, parlamentari impegnati in progetti di riforma sempre mandati in vacca. Mica ci sono solo Davigo e Di Pietro nella storia del diritto italiano. 

 

In fondo lo dice anche il presidente Mattarella. Inutile sciogliere il Csm, per restituirgli prestigio, se poi tutto nel suo concreto funzionamento resta com’è. Riformatelo, questo significa ridargli il prestigio che ha sempre avuto, ma non tanto. Le mie modeste osservazioni, dunque, hanno stranamente qualcosa di presidenziale. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.