Piercamillo Davigo (foto LaPresse)

Quanto rumore fa il silenzio di Davigo

Redazione

Nello scandalo che travolge il Csm, parlano tutti. Tranne lui

Prosegue l’insolito silenzio dell’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo sullo scandalo che sta travolgendo il Csm, di cui oggi è membro. Nonostante la bufera del caso Palamara si sia estesa fino a coinvolgere ora anche il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio (membro di diritto del Csm e titolare dell’esercizio del potere disciplinare nei confronti dei magistrati), accusato di aver rivelato a Palamara dettagli dell’indagine per corruzione che era stata aperta nei suoi confronti a Perugia, Davigo incredibilmente tace.

 

Proprio lui che, da oltre due decenni ci ha abituati a continui interventi su giornali e tv dal taglio moraleggiante, finalizzati a denunciare il diffuso malaffare nella classe dirigente ogni qualvolta vi fosse uno scandalo di corruzione e a celebrare la superiorità etica della magistratura, stavolta ha deciso di trincerarsi nel silenzio più totale di fronte a quella che appare essere una delle più gravi crisi mai vissute dall’organo di autogoverno delle toghe.

 

E pensare che se l’indagine riguardasse esponenti politici, molto probabilmente l’ex pm ora sarebbe di nuovo qui a gridare all’emergenza corruzione in Italia, considerando gli indagati già colpevoli, visto che secondo la dottrina davighiana “non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti”. Fossero coinvolti politici, e non toghe, probabilmente Davigo denuncerebbe anche lo scandalo del mancato ricorso a misure di custodia cautelare in carcere nei confronti degli indagati, sottolineando come in questo paese ormai nessuno finisca più in carcere (e questo nonostante, in verità, negli istituti di pena italiani siano recluse oltre 9.500 persone ancora in attesa di primo giudizio). Se lo scandalo giudiziario riguardasse la classe politica, Davigo ora starebbe celebrando i fasti di Mani pulite, scherzando sul fatto che oggi la situazione di illegalità nel nostro paese è ancora più grave di ventisette anni fa, perché all’epoca “non mettevamo dentro la gente per farla parlare, li mettevamo fuori se parlavano”.

  

Insomma, con entusiasmo e fierezza, Davigo ci direbbe che i politici sono ladri e i magistrati i salvatori della patria. Ma nell’occhio del ciclone, stavolta, ci sono proprio le toghe.

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