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Che forca questo contratto

Annalisa Chirico

Idee manettare, vaghe e senza coperture nel programma che l’avvocato Conte dovrà portare avanti sulla giustizia. Girotondo di legali sulla “supercazzola forcaiola” Lega-M5s

Del contratto di governo, che il futuro premier Giuseppe Conte sarà chiamato ad attuare, c’è una sezione con le chance maggiori di essere effettivamente realizzata. Se la flat tax a due aliquote con il sussidio di cittadinanza e la riforma pensionistica compongono una pozione allucinogena, i provvedimenti in materia di giustizia invece richiedono soprattutto misure a costo zero e dall’elevato impatto propagandistico. “Sulla giustizia penale – dice al Foglio Beniamino Migliucci, presidente dell’Unione delle Camere penali – il contratto è illiberale e si pone in contrasto con i princìpi costituzionali. L’approccio è demagogico, nel fornire risposte giustizialiste alle esigenze di sicurezza trascura ogni valutazione su dati obiettivi. La pena è concepita come mera retribuzione, in antitesi con quanto previsto dall’art. 27 della Costituzione che tende alla risocializzazione del condannato. La soluzione prospettata è quella di costruire nuove carceri, trascurando che chi è ammesso a pene alternative al carcere registra un tasso di recidiva di gran lunga inferiore (più della metà) rispetto a chi sconta la pena in carcere. Si vuole modificare il trattamento riservato ai minori, dimenticando le peculiarità che, da sempre, hanno determinato l’attenzione nei confronti dei più giovani, per evitare che intraprendano carriere criminali. Invece di privilegiare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, si vuole mettere nuovamente mano all’istituto della prescrizione, rendendolo così infinitamente lungo, come se, ad esempio, non bastassero vent’anni per giudicare un politico o venticinque per processare un presunto rapinatore”. Scorrendo le misure annunciate nel programma giallo-verde, l’impianto si conferma carcerocentrico, è tutto un invocare “più pene per tutti”. “Invece di restringere l’area del penalmente rilevante – prosegue Migliucci – si immaginano nuovi reati e si propongono aumenti di pena che, com’è noto, non costituiscono un deterrente. In chiave propagandistica si propone di escludere il rito abbreviato, per alcuni gravi reati, con l’intento di evitare che gli stessi non possano essere sanzionati con l’ergastolo, mentre questo già avviene anche in caso di accesso al rito speciale. In materia di intercettazioni sono previsti nuovi interventi, al fine di potenziarne l’utilizzo, il che corrisponde esattamente al contrario di ciò che si dovrebbe fare, considerato quanto già sia abusato questo strumento di indagine così invasivo. Si vuole ulteriormente rafforzare il procedimento di prevenzione e il cosiddetto doppio binario, che costituiscono deviazioni non garantite rispetto al processo ordinario. Si vuole inserire poi la figura dell’agente provocatore, un pericoloso strumento che, anziché svelare il crimine, ne presuppone l’induzione e la realizzazione. Le ricette proposte si allontanano dal giusto processo e, dunque, comportano un grave arretramento dal rito accusatorio; si abbandona il tema della terzietà del giudice, mentre di converso si privilegia il carcere, e dunque implicitamente anche la custodia cautelare, dimenticando che la percentuale dei detenuti presenti nelle nostre carceri, in attesa di giudizio, e dunque presunti innocenti, supera il trenta percento”.

 

Un giudizio non meno duro viene dall’avvocato Valerio Spigarelli, già presidente dell’Ucpi, che con il grillino Alfonso Bonafede, Guardasigilli in pectore, ha avuto occasione di confrontarsi sui temi giudiziari. “Questo contratto è una supercazzola forcaiola – esordisce Spigarelli – Quando mi sono confrontato con Bonafede, ho intuito che i pentastellati hanno un’idea pericolosa della giustizia. Il documento di governo è infarcito di chiacchiere basate sul tradimento della realtà. Bonafede è un civilista che si occupa di penale facendo una semplificazione assolutamente errata: innalziamo le pene per la corruzione. Evidentemente ignora che già oggi per la corruzione, dopo gli ultimi interventi legislativi, si arriva a vent’anni di carcere. Il programma propone l’esclusione dell’abbreviato affinché l’ergastolo consista effettivamente nel carcere a vita. Ma oggi anche con l’abbreviato vengono comminate pene stratosferiche, e se si limitasse l’accesso al rito speciale la giustizia si bloccherebbe, letteralmente. Quanto alla riforma dell’ordinamento penitenziario, non sanno che a metà degli anni Ottanta ci battemmo a favore della riforma Gozzini perché c’erano le rivolte dentro le carceri. Il carcere non è un lager di contenimento, esso ha una funzione positiva se abbatte la recidiva. A tale scopo servono percorsi che ti portino a trascorrere del tempo anche all’esterno degli istituti penitenziari durante l’espiazione della pena. Soltanto così si ottiene più sicurezza. A metà degli anni Settanta, gli Stati uniti elaborarono una dottrina securitaria racchiusa nel motto ‘three-strikes, and you’re out’: se sbagli tre volte, sei condannato al carcere a vita. Eppure, questo irrigidimento non ha fatto registrare un aumento degli indici di sicurezza collettiva. Il vero deterrente è la certezza della pena”. Fa discutere il paragrafo in cui, “a fronte di una progressiva precocità di comportamenti criminali, anche gravi, da parte di minori”, si chiede di “rivedere in senso restrittivo” le norme che riguardano l’imputabilità, la determinazione e l’esecuzione della pena per il minorenne, eliminando la possibilità di trattamento minorile per il giovane adulto infra-venticinquenne. “Anche in questo caso manca una conoscenza della realtà – insiste Spigarelli – La giustizia minorile è forse la sola che funziona in Italia. Certo che esistono le baby gang, come in tutti i paesi avanzati, ma un trattamento speciale per la categoria dei giovani adulti persegue lo scopo di sottrarli al reclutamento da parte degli ambienti malavitosi più strutturati”. In generale, il contratto mira a un radicale U-turn in tema di depenalizzazioni, non imputabilità per particolare tenuità del fatto ed estinzione del reato per condotte riparatorie. “Si tratta di misure deflattive pensate per ridurre il carico di lavoro dei tribunali, evitando di ingolfarli con fascicoli inutili e dispendiosi per l’intera collettività. Purtroppo prevale lo slogan secondo cui chi sbaglia deve pagare, e paga soltanto se finisce dietro le sbarre. Invece inondare i giudici di procedimenti inutili consente ai più pericolosi di farla franca”. Per l’avvocato Giandomenico Caiazza, noto penalista romano e voce autorevole sulle frequenze di Radio Radicale, “il contratto di governo contiene affermazioni di carattere generalissimo, tutte nel segno della ipercarcerizzazione, aumento delle pene e inasprimento della risposta punitiva dello stato. Si tratta di un documento di natura simbolica, dunque tipicamente populista, le misure prospettate hanno il valore di evocare qualcosa più che fornire soluzioni effettive. I redattori del contratto si rivolgono alla pancia del paese. Basti pensare alla legittima difesa: in presenza di un omicidio, anche la più retriva delle ipotesi tecniche non può sottrarsi alla valutazione del giudice circa la sussistenza o meno dei requisiti per la esimente. Una presunzione assoluta di difesa legittima in quanto tale è impensabile. Se venissero attuati anche soltanto alcuni dei provvedimenti annunciati, dopo sei mesi le carceri italiane, dagli attuali 58 mila, arriverebbero a ospitare 70 mila detenuti. S’intendono colpire le misure alternative alla detenzione ma è solo un annuncio: esiste una sentenza, la Torreggiani, dalla quale non si può tornare indietro, e a Strasburgo esiste una Corte europea che vigila su questo. Si annuncia la costruzione di nuove carceri ma già oggi alcune carceri hanno intere sezioni inutilizzate perché manca il personale. Quanto al trattamento dei giovani adulti, si può anche discutere della maturazione dei quattordicenni di oggi, non è un tabù, ma io domando: sono questi i problemi della giustizia italiana? Intendono inasprire le pene per la corruzione ma lo hanno appena fatto, l’ultimo governo ha già innalzato le pene. Vogliono forse sanzionare le tangenti al livello di un omicidio? Sarebbe un vulnus all’intero sistema sanzionatorio che si regge su un principio di razionalità. Secondo gli ultimi dati pubblicati nell’annuario statistico della Cassazione penale, soltanto il 4,8 per cento dei ricorsi iscritti nel corso del 2017 riguarda i delitti contro la pubblica amministrazione. Non sono meno pericolose le misure annunciate in materia di confische e misure di prevenzione: l’idea di fondo è che il giudizio poliziesco sulla pericolosità del soggetto debba prevalere sul giudizio di responsabilità penale. In breve, leghisti e pentastellati sognano la ghigliottina, e sparano mortaretti a uso e consumo dei giornali. Il rischio è che, trattandosi di provvedimenti a costo zero e dal notevole ritorno elettorale, un po’ di cose le facciano davvero, già nei primi venti giorni di governo”.

 

Il contratto si occupa anche di giustizia civile, e a sentire Sergio Paparo, presidente dell’Ordine degli avvocati di Firenze, “i redattori del documento hanno ripreso alcune delle nostre proposte storiche, come quella sul contributo unificato, ma in versione minimale e senza indicare dove reperiranno le coperture finanziarie. Si parla di rideterminare valori e modalità del contributo unificato, una formulazione un po’ vaga perché se le modifiche riguardassero, per esempio, soltanto le cause di minore valore, come quelle del giudice di pace, sarebbe mera propaganda. E’ positivo rendere alternative mediazione e negoziazione assistita: se lo facessero, avrebbero il nostro sostegno. Si menziona pure una drastica riduzione del numero dei riti, limitandoli a rito ordinario e del lavoro. Il nostro slogan è, da sempre, un solo giudice, un solo rito. Tuttavia il rito ordinario, cui fanno riferimento nel contratto, non so che cosa sia. Mentre sull’obbligo per il giudice di prevedere la calendarizzazione del procedimento alla prima udienza, esiste già oggi ma è del tutto inattuato e inattuabile. Con questo sistema processuale il magistrato non è in grado di sapere come sarà impegnata la sua agenda. Quanto al diritto familiare, s’invoca la tutela del minore che però, dal punto di vista della politica giudiziaria, è una formula priva di significato. Noi abbiamo chiesto l’istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e per i minori all’interno dei tribunali civili, sulla falsariga di ciò che accade per le imprese. Così i tribunali minorili si occuperebbero esclusivamente del penale. Anzi, mi lasci dire che le norme sulla imputabilità degli infra-venticinquenni mi sembrano fuori dal mondo, dovrebbero pagare i diritti d’autore a Piercamillo Davigo. Siamo alla barbarie del giustizialismo più bieco”.

 

Quanto al diritto familiare, si fa cenno a una “rivisitazione dell’affidamento condiviso dei figli” fondato su un “autentico equilibrio tra le figure genitoriali”: tempi paritari e rivalutazione del ‘mantenimento in forma diretta senza alcun automatismo”. Per Annamaria Bernardini De Pace, avvocato matrimonialista temutissima dai mariti, “se mai questo programma venisse attuato, sarebbe devastante per la famiglia. E’ una visione che gronda maschilismo, risente delle lamentele dei padri separati e soddisfa soltanto l’egoismo degli adulti, non l’interesse del minore. Gli adulti si dividerebbero i figli come spicchi di arance, e i bambini sarebbero considerati tutti uguali, indipendentemente dall’età e dal vissuto personale. Le norme per tutelare i figli ci sono, non bisogna cambiarle. Servono invece giudici e avvocati specializzati. Per garantire un intervento tempestivo e qualificato, sarebbe interessante immaginare il tribunale della famiglia composto da operatori dotati di una adeguata preparazione scientifica”. Tornando al penale, vera ossatura del manifesto ideologico giallo-verde, l’avvocato Guido Sola, presidente della Camera penale di Modena, rincara le critiche: “E’ stata appena varata una novella sulle intercettazioni che i capi delle principali procure italiane oggi ritengono gravemente deficitaria, in primis, sul piano delle garanzie della difesa, e chiedono perciò che sia rivisitata. Nell’accordo programmatico del nascendo governo si dice che quello strumento, di per sé invasivo, dovrebbe essere potenziato. Ma in che senso? Marciando in quale direzione? Per noi avvocati diventerebbe impossibile difendere un cliente con una mole significativa di intercettazioni. In seguito all’ultima novella, noi difensori non possiamo estrarre copia ma dobbiamo limitarci ad ascoltare in un contesto in cui i brogliacci vengono di fatto dimezzati rispetto al passato. Quanto all’agente provocatore, credo che il presidente dell’Anac Raffaele Cantone abbia spiegato con chiarezza perché sarebbe deleterio introdurre questa figura nel nostro ordinamento. Viviamo in un’epoca di giuristocrazia ammantata da patologici gigantismi della giurisdizione improntati ad aspettative etiche. L’agente provocatore rappresenta il culmine di questa degenerazione: non persegue reati ma testa la tenuta morale del presunto corrotto. Siamo alla pura demagogia. Sulla corruzione domando: arrivati qui, cos’altro dobbiamo fare? Come già accaduto nel caso di rapine e furti in abitazione con i diversi pacchetti sicurezza, s’insegue il cosiddetto diritto penale del nemico, fondato su pene sproporzionate e, di conseguenza, inapplicabili. Passando dalla teoria alla pratica, i giudici sono poi costretti a fare i salti mortali in tribunale per ricondurre il fatto al suo giusto paradigma sanzionatorio. Quanto alla prescrizione, il M5S mira a bloccarla dal momento dell’esercizio dell’azione penale. Già oggi ci sono reati che si prescrivono in trenta, trentacinque anni. Quando un processo dura quanto la vita media di un adulto, si ha in spregio la dignità delle persone. Sul trattamento minorile, il fenomeno dei baby boss esiste e non va sottovalutato. Ma bisogna evitare automatismi e affidarsi alla valutazione del giudice, ogni caso è diverso. Inoltre, con i tempi pachidermici della nostra giustizia, un ragazzo si troverebbe a scontare una condanna definitiva con detenzione inframuraria quando ormai è diventato un giovane adulto, magari ha trovato un lavoro e si è costruito una famiglia. Quanto all’esclusione del rito abbreviato per certi reati, mi limito a dire che le corti d’assise non sarebbero in grado di gestire il carico di lavoro che deriverebbe loro. Sul piano politico-criminale, chi ha redatto quel contratto evidentemente ignora che già oggi l’ergastolo, ad eccezione di quello ostativo, non ha più carattere di perpetuità. Dopo ventuno anni, il condannato può chiedere e ottenere, a determinate condizioni, il regime di semilibertà”. Vinicio Nardo, avvocato penalista di lungo corso, si sofferma invece sull’annunciato inasprimento del 41bis, il cosiddetto “carcere duro”: “Va ricordato che il regime speciale fu introdotto come misura temporanea definita dagli studiosi del diritto ‘tortura democratica’. Bisognerebbe interrogarsi se non sia venuto il momento di attenuarlo o, piuttosto, rimuoverlo. Già adesso i boss mafiosi al 41bis non hanno contatti con gli esterni, non a caso le uniche conversazioni fuoriuscite sono state rese note ad opera dell’autorità pubblica. Chi invoca, nel contratto, un non meglio precisato ‘inasprimento’, immagina forse di sottoporre i condannati al supplizio medievale della ruota? Mi sembra che, in generale, prevalgano gli slogan. Le pene per la corruzione già oggi gareggiano e spesso vincono con le pene previste per i reati contro la persona. Sulla legittima difesa, al di là del giudizio di comparazione tra il bene proprietà e il bene vita, non si può stabilire che, in presenza di un’azione che ha determinato una uccisione volontaria, non si possa neanche aprire un procedimento per accertare minimamente i fatti. Sul piano della legittimità costituzionale, non starebbe in piedi: sarebbe come stabilire che la persona dalla cui pistola sia partito il colpo non possa neppure essere iscritta nel registro degli indagati. Vincerebbe la legge del far west”. Nel documento inoltre si menzionano, in modo non meno criptico, le aggravanti per i reati sessuali. “Il pericolo – conclude l’avvocato Nardo – è che si giunga al paradosso che, dopo aver violentato una ragazza, convenga piuttosto ucciderla che non lasciarla viva. Sono già previste le aggravanti, inclusa quella per il femminicidio. La gradazione nelle pene è un requisito importante in un sistema penale. L’articolo 3 della Costituzione racchiude, insieme al principio dell’uguaglianza dinanzi alla legge, anche quello, non meno rilevante, della ragionevolezza della sanzione penale. Quanto alle intercettazioni, l’idea del contratto è sintetizzabile in due parole: intercettateci tutti. Oggigiorno lo sviluppo tecnologico e una normativa sempre più permissiva hanno accresciuto enormemente la capacità captativa, esponendo i cittadini a indebite intrusioni nella loro sfera di privacy. Il potenziamento, vagheggiato da leghisti e pentastellati, sarebbe la pietra tombale sulla nostra libertà”.

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