Nico Portal (elaborazione grafica da una foto tratta dal profilo Facebook del Team Ineos)

La dimensione di Nico Portal

Giovanni Battistuzzi

È morto ieri ad Andorra il direttore sportivo del Team Ineos. “Era il ragazzo più gentile e più sorridente che io abbia mai conosciuto e ha sempre vissuto la vita al massimo”, ha twittato Chris Froome

In fondo, in fondo “è meglio sorridere”, perché “a pensarci bene, la vita è già incasinata abbastanza per prenderla con il broncio”, e soprattutto “di che posso lamentarmi? Il mio lavoro è pedalare, non sarà una vittoria mancata a farmi intristire, mi ritengo fortunato già così”. Era il 17 luglio del 2003 quando verso Tolosa Nicolas Portal perse l'attimo buono. Era stato l'unico a seguire Juan Antonio Flecha quando scattò a una decina di chilometri dall'arrivo della undicesima tappa del Tour de France. Poteva essere la sua occasione, d'altra parte lo spagnolo gli era avanti di una trentina di metri appena. Ma decise di girarci, il gruppetto degli altri avanguardisti era lì, sembrava non mollare. E così mollò lui, non ci credette. Flecha sì, arrivò all'arrivo, solo, vincente, contento. Portal finì settimo, ma sorrideva pure lui. Era il primo Tour che faceva, la prima fuga che portava al traguardo. “Ho sbagliato, dovevo insistere. Ho imparato l'errore”, disse all'Equipe.

    

 

Imparò a imparare Nico Portal. A ogni corsa incamerò qualcosa, d'altra parte “è questo che l'uomo, ogni uomo, dovrebbe fare: capire le cose, andare a fondo alle questioni, migliorare. E per farlo bisogna innanzitutto capire la propria dimensione”, raccontò a VeloNews nell'inverno del 2004. Lui, che campione non era e mai lo sarebbe stato, decise di abbracciare la sua, quella di mettersi a disposizione degli altri, di capitani di ruolo e di ventura, di campioni di lungo e corto raggio. E così si mise ad aprire strade e vento a Simon Gerrans e Laurent Brochard, Alejandro Valverde e Oscar Pererio, Bradley Wiggins e Geraint Thomas.

  

Al Team Sky (ora Team Ineos) era arrivato a inizio del 2010 dopo mesi di stop a causa di un'aritmia cardiaca. In molti credevano che per Portal il tempo nel ciclismo fosse finito, Dave Brailsford, capo della squadra inglese, non era però d'accordo. “L'ho visto correre, ha una capacità rara: sa leggere la corsa. Ha vinto una sola volta in carriera? Ci sono strati grandissimi corridori che non ne hanno vinta alcuna”. A settembre, dopo il ritorno dell'aritmia, Brailsford gli offrì un posto in macchina. “Pensavo stesse scherzando, fui sorpreso. Comunicare è la cosa più importante in un team e io non parlavo una parola d'inglese”, raccontò Portal a CyclingNews. Brailsford non è però uno a cui piacciono i rifiuti: “Strano, anche se non sai l'inglese tutti ti capiscono perfettamente”.

 

Portal si iscrisse a una scuola, il resto lo imparò al fianco di Shane Sutton, all'epoca ds del Team Sky. E quando l'australiano a fine del 2012 decise di ritornare ad allenare la Nazionale inglese di ciclismo su pista, Brailsford chiamò il francese: “Tocca a te”. Gli affidò la guida di Chris Froome. “Chris e io eravamo due novellini, ma avevamo obiettivi comuni: avevamo un sacco di voglia di fare bene”. Iniziarono alla Vuelta 2012. Non si lasciarono più. “Abbiamo molte cose in comune: dalla mountain bike all'amore per la natura. Parliamo spesso, ci capiamo al volo”. Arrivarono i successi. Quattro Tour, un Giro d'Italia e quella fantastica idea andata a buon fine: “Scatta sul Col delle Finestre. Se stacchi tutti lì vinci la corsa”. Chris seguì la sua folle idea.

 

“Era il ragazzo più gentile e più sorridente che io abbia mai conosciuto e ha sempre vissuto la vita al massimo”, ha twittato il campione inglese.

  

 

Era, appunto. Nico Portal è morto ieri ad Andorra. Il suo cuore ha smesso di battere improvvisamente.

  

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