Il volo di Eddy. Il romanzo sul Tour de France 2019 / 20

Nibali delle tempeste. A Val Thorens Bernal vince il Tour de France

Lo Squalo vince la ventesima tappa della Grande Boucle (e risponde a braccia alzate a qualche critica di troppo). Geraint Thomas incorona il suo successore. Alaphilippe fuori dal podio: peccato

Giovanni Battistuzzi

Una salita e non tre. Cinquantanove chilometri e non centotrentuno. La tappa che doveva arrivare a Val Thorens, quella che doveva essere l'ultima occasione per ribaltare la Grande Boucle, era stata spezzata dalle frane ieri, ha rischiato di non essere corsa oggi. Ma si è corsa e l'ha vinta Vincenzo Nibali che aveva contribuito a portar via la fuga in pianura e poi, una volta in salita ha staccato tutti i suoi compagni di fuga. La ventesima tappa, la Albertville-Val Thorens, 59 km, è quella che regala a Egan Bernal la certezza di aver vinto il Tour de France 2019. Sul traguardo Geraint Thomas, vincitore uscente (anzi ormai uscito), lo ha omaggiato sul traguardo alzandogli il braccio in segno di vittoria.

  

Quest'anno su Girodiruota il Tour de France sarà solo una parte di un racconto più grande: un romanzo in 21 puntate, una storia che parla di ciclismo, ma anche di altro. A seguire la ventesima puntata (oltre il prologo) del feuilleton della Grande Boucle, quello che parte da una camera calda e va in un altrove francese, ciclistico, giallo come il Tour de France 2019. [qui trovate tutte le puntate]

 


 

Nonno Ottavio spense il ventilatore. Il vento aveva portato da nord un temporale che aveva rinfrescato la città e inondato di pozzanghere tutta la viuzza davanti a casa. Il vecchio rimase a guardare i goccioloni di pioggia scendere dal cielo e creare cerchi concentrici in quell’arcipelago di laghetti che ricopriva l’asfalto. Quando succedeva a casa sua, in montagna, gli piaceva stare sotto la tettoia a sentire i rumori del bosco. Si sedeva sulla sua sedia da regista, quella che si portava ovunque andava e si accendeva la pipa. Erano quelle le fumate che gli piacevano di più, come se l’umidità che riempiva l’atmosfera rendesse il tabacco migliore. 

 

Quando si girò verso l’interno della stanza, con il naso ben fresco e il viso finalmente di una temperatura decorosa, vide il ragazzino armeggiare con quell’aggeggio elettronico che chiamava tablet. Si avvicinò e vide nello schermo la nuova altimetria della tappa, quella che stava iniziando a essere trasmessa in televisione. Eddy aveva un’espressione strana, piena di scetticismo mentre leggeva le dichiarazioni dei corridori prima del via.

“Ma gli hanno tolto due salite e la tappa è lunga solo 59 chilometri, perché non sono contenti?”. 

 

Il vecchio allargò le braccia sconsolato, stupito che il nipote ancora non avesse capito un tubo del ciclismo. Cercò le parole giuste da sostituire agli improperi che avrebbe volentieri utilizzato. “Perché più salita c’era, più possibilità potevano avere sia quelli che cercavano la fuga, sia gli uomini di classifica per cercare di conquistare la maglia gialla”. Rimase qualche secondo in silenzio, poi sbottò, ma con gentilezza: “È chiaro!”, bofonchiò. 

  

Così chiaro al ragazzino non sembrò affatto. “Vabbé, ma a tutti gli altri non ci pensi? Tutti gli altri sono contenti, han fatto i brindisi ieri quando gli hanno detto che tagliavano la tappa. Mica scemi”. Eddy se la sghignazzò di gusto. “Pensa solo quanto erano felici i velocisti. I velocisti secondo me sono i più intelligenti di tutti. Se ne stanno a ruota tutto il giorno quando la tappa è facile e quando è dura si staccano subito e si godono il panorama”. 

 

Nonno Ottavio sprofondò sulla sedia da regista e alzò il volume della tv per non sentire altre blasfemie. 

 

La tappa era iniziata da qualche chilometro ed Egan Bernal, che per la prima volta in vita sua vestiva la maglia gialla, avvicinò Julian Alaphilippe, che invece quel colore l’avrebbe rivestita volentieri, e gli strinse la mano. 

“Altro che dargli la mano, io gli avrei bucato le gomme”, bofonchiò Eddy con fare nonnesco. Il vecchio gli tirò un coppino. “Non ti piace Bernal?”. 
“Non che non mi piaccia, ma il francese era da un botto di tempo che aveva la maglia gialla, pensa quanto starà rosicando per averla persa a un giorno dalla fine”. 
“Tuo padre ti ha fatto vedere troppo calcio”. Eddy mandò a quel paese il nonno, ma sorridendo.

 

I corridori prendevano possesso della salita, ogni tanto guardavano il cielo sperando che non facesse scherzi. Vincenzo Nibali era avanti con un manipolo di avanguardisti che speravano che il gruppo non iniziasse a fare troppo sul serio. “Spero vinca Périchon”, se ne uscì Eddy. 
“Ma c’è Nibali!”. 
“E vabbé, Nibali mica è stato in fuga così tanto come Périchon. Se la meriterebbe lui la vittoria”. 
“E George Bennett non se la meriterebbe la vittoria?”, chiese il nonno mentre il neozelandese zigzagava sfinito dalla tirata che aveva fatto in testa al gruppo per recuperare più secondi possibili ai fuggitivi. 
“No, perché lui è quello che recupera sui corridori che sono in fuga. È un cattivo”. 

 

Nibali accelerava e rimaneva solo nella speranza di lasciarsi alle spalle i cattivi pensieri che lo hanno assalito per tutto il Tour de France, mentre negli occhi di Alaphilippe appariva ciò che avrebbe sperato di non vedere mai, cioè gli avversari farsi schiene e le schiene farsi punti per poi sparire in un orizzonte che era sempre più vicino. 

 

Nibali dell’orizzonte se ne fregava, guardava quel pezzettino di asfalto che gli stava davanti, facendo attenzione soltanto che i cento metri che lo anticipavano durassero quanto come i cento metri appena percorsi. Lo Squalo pedalando aspettava la tempesta, quella che poteva arrivare da un cielo sempre più torvo, quella che poteva risalire la montagna da dietro per provare a ribaltare l’intera storia del Tour. Nonno Ottavio inneggiava a Nibali: “Vai, vai, vai”. 

 

Il cielo rimaneva al suo posto e pure il gruppo non prometteva sconquassi. Uno in fila all’altro, uno a fare i conti con le forze rimaste e soprattutto con le paure che quanto conquistato potesse svanire agli ultimi metri. 

 

Sulla bocca di Vincenzo Nibali la fatica della salita si trasformava metro dopo metro in gioia. Una soddisfazione che cresceva all’avvicinarsi del traguardo. 

 

Nibali attraversava il traguardo a braccia alzate e Nonno Ottavio si alzava in piedi ancor più felice dello Squalo. 

“Ma nonno, Nibali non era finito?”. 

 

Il vecchio se la rise. “Sai che c’è Eddy? È che noi viviamo in un paese pieno zeppo di grandi campioni del divano. Che sono più forti di Merckx a cagare sentenze”, disse nonno Ottavio in una nuvola di pipa che ne fece scomparire i tratti. Eddy rimase con gli occhi sospesi nel vuoto di quell'assenza di forme. La televisione era spenta. Il silenzio assordante interrotto soltanto da due voci di donna che venivano dalla cucina al piano di sotto.

 

Di più su questi argomenti: