Europa Ore 7

L'Ue lancia le auto-relocation per i rifugiati ucraini

Negoziati per una pausa nelle ostilità, l'Ue scoraggia gli europei che vogliono combattere con l'Ucraina e Borrell deplora la sospensione delle pubblicazioni di Novaya Gazeta. La Commissione chiede di togliere la cittadinanza d'oro ai russi e anche la Polonia boicotta il vertice del V4 di Orban

David Carretta

Il divario tra la crisi del 2021 e quella del 2015-16 è enorme, tra sottigliezze giuridiche che permettono ai profughi che scappano dai bombardamenti russi di andare nel paese che vogliono e aiuti finanziari straordinari ai paesi di primo ingresso

Che differenza c'è tra un un rifugiato ucraino che fugge dalla guerra di Vladimir Putin contro l'Ucraina e un rifugiato siriano che fugge dalla guerra di Bashar al Assad e Vladimir Putin in Siria? I primi sono accolti con misure di solidarietà straordinarie, mentre i secondi fanno tremare le fondamenta dell'Unione europea. Si potrebbe riassumere così la riunione del Consiglio Affari interni di ieri, durante la quale i ministri dei ventisette hanno discusso di un piano d'emergenza in dieci punti presentato dalla Commissione per far fronte all'afflusso di 3,8 milioni di persone dall'Ucraina. Tra sottigliezze giuridiche che permettono ai rifugiati ucraini di andare nel paese che vogliono e aiuti finanziari straordinari ai paesi di primo ingresso, il divario tra la crisi del 2021 e quella del 2015-16 è enorme. Il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, ha perfino coniato un nuovo termine per definire la nuova politica dell'Ue: “auto-relocation”. Tradotto? I rifugiati dall'Ucraina, a differenza di quelli dalla Siria, dall'Afghanistan, dall'Eritrea o dall'Iraq, potranno andare dove vogliono e scegliersi il paese di destinazione. I rifugiati con la pelle di colore diverso dal bianco e religione diversa da quella cristiana, invece, continueranno a essere accusati di movimenti secondari illegali, da rinchiudere o rispedire nei paesi di primo ingresso.

Sul Foglio spieghiamo tutti i problemi della risposta di emergenza dell'Ue ai rifugiati ucraini: Polonia e Ungheria chiedono solo soldi e la Commissione può scordarsi il suo nuovo Patto su migrazione e asilo. L'Ue ha fornito un'accoglienza senza precedenti ai rifugiati ucraini e va applaudita. I ventisette hanno attivato in tempi rapidissimi la direttiva sulla protezione temporanea, che consente agli ucraini di beneficiare automaticamente per tre anni non solo dell'asilo, ma anche sussidi, scuola, sanità e permesso di lavoro. Secondo i dati dell'Unhcr, su 3,8 milioni di persone scappate dalla guerra dal 24 febbraio, 2,3 milioni sono entrate in Polonia, 600 mila in Romania, 354 mila in Ungheria e 275 mila in Slovacchia. Ma, dietro a decisioni e numeri, si nascondono le deficienze legate alla mancanza di una politica comune dell'Ue e i piccoli giochetti nazionali per evitare che la Commissione metta il naso nelle politiche migratorie mentre finanzia massicciamente i paesi di primo ingresso. Risultato: la risposta emergenziale rischia di smantellare quel poco di politica comune su migrazione asilo che l'Ue è riuscita a costruire.

La Commissione ieri ha proposto un piano in dieci punti per gestire la situazione: creazione di una piattaforma per la registrazione dei beneficiari della protezione internazionale; approccio coordinato sul trasporto dei rifugiati; mappatura delle capacità di accoglienza; indice dell'Ue sulla pressione in ciascuno stato membro; linee guida per l'accoglienza e il sostegno ai bambini; misure comune contro il traffico di esseri umani; trasferimento di rifugiati dalla Moldavia; ricollocamenti verso Canada, Stati Unti e Regno Unito; utilizzo di Europol e di altri strumenti contro il traffico di esseri umani; ottimizzazione dell'uso di fondi dell'Ue. Ma dietro gli slogan contenuti nei dieci punti c'è una realtà molto semplice: i paesi di primo ingresso non vogliono ricollocamenti obbligatori o volontari per non vederseli imporre in futuro. La soluzione può funzionare se la guerra durerà poco. Ma più rifugiati arriveranno e più a lungo resteranno nell'Ue, più aumenterà la pressione sui paesi di accoglienza. E, se ci sarà troppa pressione, alcuni stati membri potrebbero iniziare a rifiutare quelle che Schinas ha definito “auto-relocation”.

Per dimostrarlo bastano alcuni dati. Su 3,8 milioni di ucraini entrati nell'Ue, solo 800 mila hanno chiesto la protezione temporanea. Gli altri 3 milioni tra meno di novanta giorni si troveranno in situazione irregolare. Su 2,3 milioni di ucraini entrati in Polonia e 350 mila in Ungheria, circa un terzo hanno già deciso di proseguire il viaggio verso altri stati membri dell'Ue. Varsavia e Budapest l'unica cosa che chiedono sono soldi. Non solo i 17 miliardi di euro messi sul piatto dalla Commissione, ma anche le decine di miliardi (35 per la Polonia, 7 per l'Ungheria) dei piani di Recovery bloccati dal braccio di ferro sullo stato di diritto. Frontex, che in passato ha partecipato a respingimenti, oggi è praticamente assente. La controprova? Il trattamento riservato ai non ucraini che fuggono dalla guerra di Putin: nella maggior parte dei casi non hanno accesso alla protezione temporanea, devono essere rimpatriati e vengono rinchiusi in centri alla frontiera. Se sono fortunati, passeranno per le normali procedure di asilo, ma senza aiuti e diritti.

Gabriele Bischoff, deputata europea tedesca della Spd, ha tirato le somme. “Le notizie di due pesi e due misure nel trattamento dei rifugiati dall'Ucraina sono spaventose”. Il gruppo dei Socialisti & Democratici “condanna qualsiasi trattamento selettivo da parte degli stati membri per aiutare solo i cittadini ucraini”. Secondo Bischoff, “la piattaforma di solidarietà istituita dalla Commissione la scorsa settimana per sostenere gli sforzi per ricollocare i rifugiati all'interno dell'Ue è un passo positivo”, ma “oggi è più chiaro che mai” che occorre “sostituire le soluzioni rapide con soluzioni permanenti per la condivisione delle responsabilità nell'Ue”. I socialisti chiedono che nel Patto su migrazione e asilo ci sia “un meccanismo di ricollocazione permanente in modo che gli stati membri possano sempre fare affidamento su un sostegno continuo e su una capacità di accoglienza condivisa nei momenti di bisogno", ha spiegato Bischoff. Ma la soluzione emergenziale sui rifugiati ucraini allontana questa prospettiva.

 


Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 29 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


 

Negoziati per una pausa nelle ostilità - Secondo il Financial Times, la Russia ha rinunciato alla "denazificazione" dell'Ucraina e Mosca e Kyiv stanno discutendo una pausa nelle ostilità come parte di un possibile accordo che prevede la rinuncia dell'Ucraina alla Nato in cambio di garanzie sulla sicurezza e la prospettiva di adesione all'Ue. Sul Foglio, Micol Flamini spiega quello che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha detto in una serie di interviste su negoziati e referendum. Le trattative tra i rappresentanti di Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky dovrebbero riprendere oggi a Istanbul. Tuttavia c'è grande scetticismo sulle intenzioni reali del presidente russo, che potrebbe usare i negoziati come tattica per riorganizzare le sue forze militari e lanciare una nuova offensiva. Sul Foglio Daniele Raineri spiega che anche nel sud, malgrado la caduta di Mariupol, gli ucraini stanno ricacciando gli invasori da dove sono venuti. Sempre sul Foglio, Paola Peduzzi spiega l'avvelenamento di Roman Abramovich e dei negoziatori ucraini che rientra nel metodo Putin.

L'Ue scoraggia gli europei che vogliono combattere con l'Ucraina - I ministri della Giustizia di Belgio, Francia, Germania, Olanda, Italia, Spagna e Lussemburgo (il cosiddetto Gruppo Vendome) si sono incontrati ieri a Bruxelles per discutere delle implicazioni della guerra di Vladimir Putin contro l'Ucraina. Tra condanna dell'aggressione, applicazione delle sanzioni e sostegno alla raccolta di prove su eventuali crimini di guerra, il gruppo Vendome ha discusso dei cittadini europei che vanno a combattere al fianco dell'Ucraina. “I ministri della Giustizia hanno discusso ulteriormente la questione degli europei che si uniscono alla legione straniera ucraina. I ministri scoraggiano esplicitamente gli europei a unirsi alla lotta sul campo”, si legge nella dichiarazione finale dopo l'incontro. Dopo una riunione dei ministri dell'Interno di tutta l'Ue, anche il francese Gérald Darmanin, che ha la presidenza del Consiglio, ha detto di condividere la raccomandazione a non andare a combattere al fianco dell'Ucraina.

Borrell deplora la sospensione delle pubblicazioni di Novaya Gazeta - L'Alto rappresentante, Josep Borrell, ieri ha deplorato le decisioni adottate dalle autorità russe che hanno costretto Novaya Gazeta a sospendere le sue attività. "Il giornale indipendente russo Novaya Gazeta è stato costretto a sospendere le sue attività, come risultato della censura e di anni di intimidazione sistematica delle autorità russe", ha detto Borrell in una dichiarazione. "Novaya Gazeta è una istituzione giornalistica il cui lavoro è riconosciuto ben oltre la Russia", ha spiegato Borrell, ricordando che la testata è associata al suo direttore Dmitry Muratov, premio Nobel per la pace nel 2021, e Anna Politkovskaya, assassinata a Mosca nel 2006. "Altri cinque giornalisti di Novaya Gazeta hanno pagato con la loro vita per il loro lavoro coraggioso". Borrell ha promesso che l'Ue continuerà a rispondere alle campagne di disinformazione del Cremlino e a sostenere i media e i giornalisti indipendenti russi.

La Commissione chiede di togliere la cittadinanza d'oro ai russi - In una raccomandazione pubblicata ieri, la Commissione ha chiesto agli stati membri di abrogare “immediatamente” i cosiddetti “passaporti d'oro” e di revocare la cittadinanza o i permessi di soggiorno a cittadini russi e bielorussi sanzionati dall'Ue che hanno beneficiato dei programmi per gli investitori. Le stesse misure dovrebbero applicarsi ai cittadini russi o bielorussi che sostengono in modo significativo la guerra in Ucraina. "I valori europei non sono in vendita”, ha detto il commissario alla Giustizia, Didier Reynders. “Ora più che mai, di fronte alla guerra, dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che i russi e bielorussi colpiti dalle sanzioni o che sostengono la guerra di aggressione di Putin non possano entrare nell'Ue grazie ai loro soldi”, ha spiegato la commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson. Da anni la Commissione promette di muoversi contro i “passaporti d'oro”, ma la raccomandazione pubblicata ieri dimostra i suoi scarsi risultati nel convincere i governi con le buone (lettere e pressioni) o le cattive (le procedure di infrazione). Cipro e Malta continuano ad avere programmi di cittadinanza per gli investitori (e a Cipro molti sono russi). La Commissione ieri ha anche ammesso di non avere un elenco dei russi sanzionati che hanno ottenuto un passaporto d'oro da uno stato membro dell'Ue.

Anche la Polonia boicotta il vertice del V4 di Orban - Ieri vi abbiamo raccontato del boicottaggio della Repubblica ceca del vertice dei ministri della Difesa del gruppo di Visegrad da parte della Repubblica ceca. La ragione? L'opposizione di Viktor Orban alle sanzioni contro petrolio e gas russi e la decisione del premier ungherese di non fornire o far transitare armi verso l'Ucraina. Secondo Gazeta Wyborcza, anche il ministro della Difesa della Polonia, Mariusz Błaszczak, ha deciso di boicottare l'incontro del V4 di domani e giovedì. Nel fine settimana anche il presidente polacco, Andrzej Duda, aveva criticato le decisioni di Orban. "Data l'aggressione russa contro l'Ucraina, data la morte di centinaia e migliaia di civili, dato il bombardamenti di blocchi di appartamenti che sono un crimine di guerra secondo il diritto internazionale, è difficile per me capire questo approccio", ha detto Duda: “Questa politica sarà costosa per l'Ungheria, molto costosa". In un editoriale Il Foglio spiega che il gruppo di Visegrad è finito.

Habeck vede Putin è con le spalle al muro - I ministri dell'Economia del G7 ieri hanno respinto la richiesta del presidente russo, Vladimir Putin, di pagare le forniture di gas e petrolio in rubli. "Tutti i ministri del G7 sono d'accordo sul fatto che si tratterebbe di una violazione unilaterale e chiara dei contratti esistenti", ha detto il ministro tedesco dell'Economia, Robert Habeck, che ha presieduto la riunione virtuale: "Questo significa che il pagamento in rubli non è accettabile". Habeck ha aggiunto che "bisogna interpretare questa richiesta come il fatto che Putin è con le spalle al muro".

Il 24,4 per cento dell'energia dell'Ue importata dalla Russia - Nel 2020 l'Unione europea ha importato il 24,4 per cento della sua energia dalla Russia, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. La produzione energetica interna all'Ue ammonta appena al 42 per cento delle sue necessità. Il restante 58 per cento è importato e la quota più grande arriva dalla Russia. La dipendenza è particolarmente importante per il gas naturale, con il 46 per cento importato dalla Russia che soddisfa il 41 per cento dell'energia lorda disponibile. Eurostat ha anche pubblicato i dati sul mix energetico complessivo dell'Ue: 35 per cento prodotti del petrolio, 24 per cento gas naturale, 17 per cento rinnovabili, 13 per cento energia nucleari e 11 per cento fonti fossili solide. La strada verso l'indipendenza dalla Russia e dai combustibili fossili appare ancora molto lunga.

Timore di una penuria di diesel nell'Ue - Una delle conseguenze della guerra di Vladimir Putin per l'Europa potrebbe essere di restare a secco di diesel, carburante essenziale per i trasporti su strada, l'agricoltura e il riscaldamento. Secondo Bloomberg, l'Ue ha appena 40 giorni di forniture di diesel garantiti nei suoi stock e diverse compagnie hanno iniziato a ridurre le consegne di carburante in Germania. Il Lussemburgo è il paese messo peggio con appena 13 giorni di scorte. Tra stock privati e pubblici, Germania e Italia potrebbero resistere rispettivamente 70 e 71 giorni.

Meno vittime stradali anche dopo i lockdown della pandemia - Grazie ai lockdown imposti dai governi per combattere il Covid-19 il 2020 era stato l'anno migliore di tutti per il basso numero di vittime sulle strade. Un aumento dei decessi stradali era inevitabile con il ritorno alla normalità del traffico ma, secondo i dati preliminari pubblicati ieri dalla Commissione per il 2021, nell'Ue il numero di morti rimane nettamente inferiore a quello del periodo pre-pandemia nel 2019. Lo scorso anno circa 19.800 persone sono morte in incidenti stradali, un aumento del 5 per cento rispetto al 2020, ma anche una diminuzione del 13 per cento rispetto al 2019. Nell'ultimo decennio il calo delle vittime sulle strade nell'Ue è stato del 36 per cento. Nel 2021 l'Italia ha registrato un aumento del 19 per cento dei decessi stradali rispetto al 2020 e un calo del 10 per cento rispetto al 2019. Le strade più sicure sono in Svezia (18 morti ogni milione di abitanti), mentre quelle più pericolose sono in Romania (93 decessi ogni milione di abitanti). Nell'Ue il 43 per cento delle vittime lo scorso anno era occupanti di un autoveicolo, il 20 per cento pedoni, il 18 per cento motociclisti e il 10 per cento ciclisti.

Vestager vede un accordo sul Dsa in aprile - Dopo l'accordo sul Digital Markets Act (Dma) la scorsa settimana, aprile potrebbe essere il mese dell'intesa tra il Consiglio dell'Ue e il Parlamento europeo sul Digital Services Act (Dsa), il secondo pilastro della nuova regolamentazione per i giganti del digitali. "La leadership della presidenza francese potrebbe permetterci di finalizzare il DSA prima della fine di aprile", ha detto la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, in un'intervista a Reuters: "Se lavoriamo duro e siamo fortunati, potrebbe essere possibile". Il Dsa fissa la lista delle cose che le imprese digitali possono e non possono fare e dà sei mesi di tempo alle grandi piattaforme per adeguarsi.

Il Pe chiede liste transnazionali e elezioni europee il 9 maggio - La commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo ieri ha votato un rapporto in cui chiede l'elezione di 28 deputati su liste transnazionali e di tenere le elezioni europee in un voto unico il 9 maggio. Il testo, se confermato dalla plenaria, servirà da base per i negoziati del Parlamento con il Consiglio sulla riforma dell'atto elettorale europeo, che definisce le norme elettorali minime comuni. La novità è l'introduzione di una circoscrizione paneuropea: ciascun elettore dovrebbe disporre di due voti per eleggere i suoi rappresentanti nazionali ed europei. Le liste per la circoscrizione paneuropee dovrebbero essere presentate a autorità elettorali europee sulla base di coalizione di partiti nazionali, associazioni nazionali di elettori o partiti politici europei. Le liste dovranno rispettare la rappresentazione geografica per garantire che i paesi più piccoli non siano svantaggiati. Tra le norme innovative, il testo prevede che tutti i cittadini di più di 18 anni abbiano il diritto di voto passivo e che gli stati membri impongano una soglia del 3,5 per cento per le grandi circoscrizioni. La data comune del voto per le elezioni europee dovrebbe essere il 9 maggio in tutti gli stati membri. Il rapporto è stato approvato con 19 voti a favore e 9 contrari.

Da ieri per la Spagna il Covid è come l'influenza - Le autorità spagnole da ieri hanno deciso di trattare il Covid-19 in modo simile a una malattia ordinaria come l'influenza. Le persone positive al Covid-19 asintomatiche o che sviluppano solo sintomi leggeri possono non saranno sottoposte a isolamento obbligatorio. Solo le persone particolarmente a rischio (sopra i 60 anni, immunodepressi o operatori sanitari) dovranno isolarsi. Una delle rare restrizioni che resteranno in vigore è l'obbligo di indossare le mascherine nei luoghi pubblici interni e nei trasporti pubblici.

Le Pen recupera su Macron in Francia - A dodici giorni dal primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, il vantaggio di Emmanuel Macron su Marine Le Pen si sta riducendo, malgrado l'aumento della popolarità del presidente uscente nel contesto della guerra di Putin in Ucraina. Secondo un sondaggio di Ifop, Macron ottiene il 28 per cento delle intenzioni contro il 21 per cento di Le Pen. La candidata di estrema destra ha recuperato un altro mezzo punto e ha definitivamente staccato gli altri sfidanti di estrema destra, destra e sinistra. Jean-Luc Mélenchon arriva in terza posizione con il 14 per cento delle intenzioni di voto. Eric Zemmour è scivolato in quarta posizione con l'11 per cento, lo stesso livello di Valérie Pécresse. Secondo lo stesso sondaggio, al secondo turno Macron batterebbe Le Pen con il 57 per cento contro il 43 per cento, ma la leader del Rassemblement National ha recuperato tre punti.

 


Accade oggi in Europa

– Consiglio Sanità

– Commissione: il vicepresidente Timmermans partecipa al Global Solutions Summit

– Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell partecipa a un dibattito sulla nascita dell'Europa geopolitica organizzato dall'European Council on Foreign relations

– Commissione: il commissario Hahn riceve il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta

– Parlamento europeo: conferenza stampa di Axel Voss, relatore sulla legislazione sull'Intelligenza artificiale

– Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza

– Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sulla tutela giurisdizionale effettiva e l'indipendenza dei tribunali in Polonia

– Corte dei conti dell'Ue: rapporto speciale sulla preparazione delle istituzioni dell'Ue sulla cybersicurezza

– Comitato economico e sociale: Primo forum della società civile sul commercio e lo sviluppo sostenibile