Oltre la diplomazia linguistica

Perché Biden ha ottime ragioni per usare contro il criminale Putin il metodo Will Smith  

Claudio Cerasa

Le parole del presidente americano in Polonia sono state criticate in Europa da Emmanuel Macron e Olaf Sholz e hanno costretto il segretario di Stato a riequilibrare quelle dichiarazioni, ma al netto dello scontro sulla diplomazia della parola è difficile dire che quelle affermazioni siano campate in aria

"Per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere”. Ci sono modi diversi per ragionare intorno alla frase potente pronunciata sabato scorso a Varsavia da Joe Biden. Il modo più semplice è  soffermarsi sul tentativo da parte del segretario di stato Antony Blinken di riequilibrare le dichiarazioni del presidente americano: “Il presidente Biden ha sottolineato soltanto che Putin non può avere il potere di fare una guerra o impegnarsi in un’aggressione contro l’Ucraina o contro chiunque altro”. Il modo meno pigro, e forse più opportuno, è chiedersi se il presidente americano abbia torto nel definire Putin un “criminale di guerra”, nel considerarlo un “macellaio” e nell’auspicare che il popolo russo possa capire che quest’uomo non possa più “rimanere al potere”. Si può dire che Biden, per non cadere nella trappola della gaffe, avrebbe dovuto far precedere la sua affermazione da una premessa: “Gli Stati Uniti non perseguono alcun cambio di regime”. Ma al netto dello scontro sulla diplomazia delle parole – scontro che ha fatto emergere una distanza notevole fra la cultura della semplificazione incarnata dagli Stati Uniti e la cultura della sottigliezza incarnata dall’Europa e che ha portato Biden a essere criticato in Europa per le sue parole sia da Emmanuel Macron sia da Olaf Scholz – è difficile dire che le affermazioni di Biden siano campate per aria. Un piccolo elenco lo ha offerto ieri mattina la Cnn, spiegando perché quella del presidente americano non è stata una gaffe. La Cnn ha ricordato il bilancio delle vittime civili in Ucraina, che ha superato le 1.100 persone, inclusi quasi 100 bambini, secondo l’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Ha ricordato che, finora, le forze russe hanno bombardato almeno 23 ospedali e altre infrastrutture sanitarie, 330 scuole e 27 edifici culturali, oltre a 900 case e condomini. Ha ricordato il ruolo della Russia nel massacro di civili in Siria. Ha ricordato, parlando ancora della Siria, in quante occasioni la Russia ha aiutato Assad a bombardare ospedali, scuole, mercati e altri obiettivi civili. Ci possono essere dubbi sul fatto che il leader del mondo libero dica che chiunque si impegni in attacchi non provocati ad altre nazioni mettendo in campo crimini di guerra attraverso le proprie strategie militari non dovrebbe restare al potere nel suo paese? “L’implicazione delle parole di Biden – ha scritto ieri il Financial Times, cogliendo un punto ulteriore – è  che all’interno di questo conflitto l’America troverà molto difficile sottoscrivere qualsiasi accordo con Putin”. Se si sceglie di leggere lo scontro su Biden da questo punto di osservazione, è possibile che le critiche europee rivolte al presidente americano siano legate alla presenza di trattative in stato non embrionale tra l’Ucraina e la Russia. Da giorni fonti diplomatiche di primo piano ammettono che “vi sono  passi in avanti nel dialogo tra le parti” e le stesse fonti poi spiegano che l’auspicio di Biden è legato anche a una preoccupazione ulteriore: l’utilizzo delle armi chimiche da parte della Russia. Dovesse succedere, in che modo gli Stati Uniti potrebbero dar seguito alla risposta “adeguata” promessa da Biden? La risposta “adeguata”, secondo una fonte consultata dal Foglio che in queste ore ha dialogato con gli sherpa americani, comprende uno scenario ancora da escludere e due scenari probabili. Scenario da escludere: l’ingresso delle truppe Nato in Ucraina. Scenari da non escludere: fornitura di armi offensive all’Ucraina, con missili a lunga gittata, e blocco totale anche da parte dell’Europa delle importazioni di petrolio e gas. Lo si può dire attingendo alla cultura della semplificazione o a quella della sottigliezza. Ma il risultato non cambia: ci possono essere dubbi sul fatto che il leader del mondo libero dica che chiunque  commetta crimini di guerra non dovrebbe restare al potere nel suo paese e dovrebbe essere trattato con il metodo Will Smith?

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.