Europa Ore 7

La Commissione prepara la riapertura (a colpi di vaccini)

Bruxelles intende proporre un sistema coordinato di uscita da lockdown, zone rosse e coprifuoco sulla base della situazione epidemiologica in ciascuno stato membro. L'attesa maggiore però sarà per la proposta legislativa per introdurre un "certificato verde digitale"

David Carretta

Sulla decisione di Germania, Francia, Italia e Spagna di sospendere le somministrazioni di AstraZeneca non si placano le polemiche. Il direttore dell'Ema, Emer Cooke, ha annunciato che il comitato per la sicurezza dell'Agenzia giungerà domani alle sue conclusioni sull'indagine degli eventi tromboembolici. Ma Cooke ha implicitamente criticato la decisione di sospendere le somministrazioni. "Siamo ancora fermamente convinti che i benefici superino i rischi di effetti collaterali"

Nonostante il caos AstraZeneca, la Commissione oggi presenterà una comunicazione per dire agli europei che ci sono "buone ragioni" per aspettarsi “un miglioramento” della situazione sanitaria e iniziare a pensare a "togliere le restrizioni che pesano sui cittadini come sull'economia". Il messaggio di ottimismo sarà portato in sala stampa direttamente dalla presidente Ursula von der Leyen dopo la riunione del collegio. La Commissione intende proporre un sistema coordinato di uscita da lockdown, zone rosse e coprifuoco sulla base della situazione epidemiologica in ciascuno stato membro. L'attesa maggiore però sarà per la proposta legislativa per introdurre un "certificato verde digitale" (alcuni lo chiamano passaporto vaccinale), che dovrebbe permettere di facilitare la libera circolazione nell'Ue e salvare la stagione estiva per i paesi del sud.

Il successo del certificato verde digitale non è assicurato. La gestazione della proposta è stata molto faticosa. La Commissione non vuole chiamarlo “passaporto”, perché diversi stati membri tra cui la Germania sono contrari alla possibilità di trasformarlo in uno strumento che dà diritto a viaggiare: troppo alti i rischi di discriminazione per chi non può o non vuole vaccinarsi. Von der Leyen all'inizio lo aveva battezzato “pass verde digitale”. Ma da Berlino sono subito arrivate telefonate di protesta perché “pass” in tedesco vuol dire “passaporto”. Così il “pass” è stato declassato a “certificato”. I commissari Didier Reynders e Ylva Johansson avevano annunciato che avrebbe contenuto solo i vaccini autorizzati dall'Ema. Ma una delle ultime bozze prevedeva di inserire solo i vaccini riconosciuti dalle autorità sanitarie nazionali come l'Aifa. Così Ungheria e Slovacchia, che hanno autorizzato il russo Sputnik V e il cinese Sinopharm, non potranno protestare. Il certificato dovrebbe contenere anche i risultati dei tamponi Pcr e le dichiarazioni di guarigione dal Covid-19 per allargare la platea di chi avrà diritto di viaggiare. Ma il tempo per arrivare a un accordo tra governi e con il Parlamento europeo è poco. Mancano solo tre mesi all'inizio dell'estate. E alla fine il rischio è che ciascuno stato membro sia lasciato libero di decidere se accettare o meno il “certificato verde digitale”.

L'ottimismo della Commissione sulla possibilità di coordinare le riaperture contrasta con la realtà della terza ondata della pandemia che devono affrontare diversi stati membri. I contagi sono in risalita o hanno smesso di scendere in diversi paesi. Nei primi tre mesi dell'anno, nella corsa tra vaccinazioni e mutazioni, è la variante britannica in testa. Ma la Commissione von der Leyen è convinta di poter accelerare la campagna di vaccinazioni da aprile a giugno, quando i paesi membri dovrebbero avere a disposizione almeno 300 milioni di dosi tra Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson. La buona notizia di ieri: von der Leyen ha annunciato un accordo con Pfizer BioNTech per anticipare dal terzo al quarto trimestre la fornitura di 10 milioni di dosi, che portano il totale da aprile a giugno a 200 milioni. La commissaria alla Salute, Stella Kyriakides, ieri ha inviato i ministri della Sanità dei 27 a "usare tutte le dosi disponibili". E ha ricordato loro che su 70 milioni di dosi consegnati agli stati membri finora solo 51 milioni sono stati somministrati. Venti milioni di dosi sono nei frigoriferi.

Sulla decisione di Germania, Francia, Italia e Spagna di sospendere le somministrazioni di AstraZeneca non si placano le polemiche. Il direttore dell'Ema, Emer Cooke, ha annunciato che il comitato per la sicurezza dell'Agenzia giungerà domani alle sue conclusioni sull'indagine degli eventi tromboembolici. Ma Cooke ha implicitamente criticato la decisione di sospendere le somministrazioni. "Siamo ancora fermamente convinti che i benefici superino i rischi di effetti collaterali", ha detto Cooke, ricordando che "l'incidenza di eventi tromboembolici nei vaccinati con AstraZeneca non è più elevata rispetto a quelli riscontrati nel resto della popolazione".

Sul Foglio oggi ci siamo immersi nel caso AstraZeneca. Micol Flammini racconta la storia di cosa è andato storto con il vaccino della società anglo-svedese e le molte giravolte del suo amministratore delegato Pascal Soriot. Daniele Raineri ci porta in America per capire perché gli Stati Uniti non hanno ancora approvato AstraZeneca ma non vogliono nemmeno cedere le sue dosi all'Europa o ad altri partner. Mauro Zanon ha intervistato il sociologo francese Gérald Bronner che ci ha parlato del populismo precauzionista. Paola Peduzzi spiega perché la solidarietà europea è in crisi malgrado la decisione coordinata dei quattro grandi di sospendere AstraZeneca. Infine c'è il momento Deauville sui vaccini: gli effetti psicologici della decisione di Merkel, Macron e Draghi sulla diffidenza della popolazione rischiano di essere analoghi a quelli che aveva avuto sui mercati l'annuncio di Merkel e Sarkozy del 2010 di perdite per gli investitori privati nei salvataggi della zona euro. Questa volta, per ricostruire la fiducia, forse non basterà una frase "whatever it takes".

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di mercoledì 17 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

La Cina minaccia rappresaglia sulle sanzioni dell'Ue sui diritti umani - La Cina ha reagito in modo duro all'ipotesi di sanzioni sui diritti umani da parte dell'Unione europea. I governi dei 27 si sono messi d'accordo per adottare misure restrittive contro funzionari e entità cinesi per la repressione nello Xinjiang. La decisione dovrebbe essere discussa dai ministri degli Esteri il 22 febbraio e formalizzata prima del Consiglio europeo della prossima settimana. "Sono profondamente preoccupato sulle possibili sanzioni", ha detto ieri l'ambasciatore cinese presso l'Ue, Zhang Ming, durante un evento dell'European Policy Center: "Se alcuni insistono per lo scontro, non ci tireremo indietro". Zhang, oltre a difendere la politica di Pechino contro gli uiguri, ha invitato l'Ue a "pensarci due volte" prima di adottare sanzioni. "Le sanzioni sulla base di menzogne potrebbero essere interpretate come un tentativo deliberato di danneggiare la sicurezza e gli interessi della Cina", ha detto Zhang. A proposito di Pechino, sul Foglio Giulia Pompili spiega perché l'amore di Viktor Orbán per la Cina è un bel guaio per Matteo Salvini.

Altri 3,9 miliardi di prestiti all'Italia da Sure - Ieri la Commissione europea ha erogato 9 miliardi di euro a sette stati membri nella quinta tranche di sostegno finanziario effettuato attraverso lo strumento Sure, che serve a finanziare meccanismi come la cassa integrazione per far fronte alla crisi del Covid-29. Ieri l'Italia ha ricevuto 3,87 miliardi di euro con un prestito a scadenza quindicinale. Finora l'Italia si è vista erogare 24,82 miliardi sui 27,4 miliardi allocati dallo strumento Sure.

Per l'Avvocato generale, niente rimborsi in caso di sciopero aereo - Uno sciopero organizzato dai sindacati dei piloti costituisce, in linea di principio, una circostanza eccezionale che può esonerare la compagnia aerea dall'obbligo di versare compensazioni pecuniarie per cancellazione o ritardo prolungato dei voli interessati. E' questo il parere espresso ieri dall'Avvocato generale della Corte di giustizia dell'Ue, Priit Pikamäe, in un caso legato a uno sciopero che ha colpito la compagnia SAS nell'aprile del 2019. Secondo l'opinione dell'Avvocato generale, lo sciopero “non è inerente al normale esercizio dell’attività della compagnia aerea e sfugge al suo effettivo controllo”. Un aspetto interessante del parere, che non è vincolante per i giudici di Lussemburgo: “la compagnia non può essere considerata esclusivamente responsabile delle conseguenze derivanti dalle azioni collettive del personale, altrimenti il diritto a compensazione pecuniaria dei passeggeri aerei rischierebbe di essere 'strumentalizzato' a fini di agitazioni sindacali”.

La Corte Ue dà ragione a Polonia e Ungheria sulle tasse contro le multinazionali - L'imposta polacca sul settore della vendita al dettaglio e l'imposta ungherese sulla pubblicità non violano il diritto dell'Unione in materia di aiuti di Stato, ha detto ieri la Corte di giustizia dell'Ue in una sentenza sulle misure introdotte dai governi di Polonia e Ungheria contro le multinazionali. Nel 2016 la Polonia aveva istituito un'imposta sul settore del commercio al dettaglio basata sul fatturato mensile realizzato da ogni rivenditore tramite la vendita di merci ai consumatori superiore a 4 milioni di euro, con un'aliquota più alta per il fatturato sopra i 40 milioni di euro. Il bersaglio erano le grandi catene commerciali degli altri paesi dell'Ue. La Commissione nel 2017 aveva ritenuto che l'imposta progressiva costituiva un aiuto di stato incompatibile con il mercato interno.  Nel 2014 l'Ungheria aveva introdotto un’imposta progressiva sulle entrate connesse alla diffusione di annunci pubblicitari in tale Stato membro. Il bersaglio erano i grandi gruppi editoriali stranieri attivi in Ungheria. Anche in quel caso la Commissione aveva dichiarato che si trattava di un aiuto di stato incompatibile con il mercato interno.

L'Ue sempre più un continente anziano, l'Italia è il paese più vecchio - Nel 2020 il 20,6 per cento della popolazione dell'Unione europea aveva oltre 65 anni, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. In un decennio la popolazione con più di 65 anni è aumentata del 3 per cento. Lo stato membro più anziano dell'Ue è l'Italia con il 23,2 per cento della popolazione sopra i 65 anni, seguita da Grecia e Finlandia (22,3 per cento ciascuno). I paesi più giovani sono l'Irlanda (14,4 per cento) e il Lussemburgo (14,5 per cento).

Il reddito mediano lordo nell'Ue varia da 400 a 4 mila euro - Nel 2018 il reddito mediano lordo nell'Unione europea variava dai 442 euro in Bulgaria ai 4.057 euro in Danimarca, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. In cima alla classifica ci sono anche Lussemburgo (3.671 euro), Svezia (3.1235) e Belgio (3.092). L'Italia con 2.102 euro al mese è dietro a Germania e Francia, ma davanti alla Spagna.

Accade oggi in Europa

- Commissione: riunione settimanale del collegio dei commissari

- Commissione: conferenza stampa della presidente von der Leyen e dei commissari Breton e Reynders

- Parlamento europeo: il presidente Sassoli riceve il primo ministro della Georgia, Irakli Garibachvili

- Parlamento europeo: seminario per i media su "Il dilemma della disinformazione: come rispondere e regolamentare senza minare la democrazia?"

- Comitato delle regioni: intervento del presidente del Consiglio europeo Michel

- Eurostat: dati dell'inflazione di febbraio; dati sulla produzione nel settore delle costruzioni di gennaio

 

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