Europa Ore 7

La Brexit inizia a fare male

Nei primi giorni di divorzio tra Regno Unito e Unione europea si vede bene che non basta un “deal” su zero tariffe e zero quote per permettere alle merci di circolare come prima

David Carretta

Alla fine della scorsa settimana l'industria della pesca della Scozia ha lanciato un primo allarme, poi è toccato a corrieri e catene di negozi: secondo Gentiloni, questo è un assaggio di ciò che potrebbe avvenire nei prossimi mesi. Come se non bastasse, è scoppiata anche la polemica dei visti richiesti dall'Ue per musicisti e artisti

Fatto l'accordo sulle relazioni future i cittadini e le imprese del Regno Unito, ma anche i consumatori dell'Unione europea, iniziano a sentire gli effetti reali della Brexit. Impossibilità di esportare il pesce dei pescatori scozzesi, scaffali di Mark & Spencer vuoti a Parigi, corrieri che hanno sospeso le consegne oltre la Manica, dazi sui prodotti extra-Ue che vengono riesportati dai centri logistici britannici, penurie nei supermercati dell'Irlanda del nord: non basta un “deal” su zero tariffe e zero quote per permettere alle merci di circolare come prima. Con la Brexit “la situazione è cambiata”, ha detto ieri il commissario Paolo Gentiloni, che ha la competenze sulle dogane: “Nei prossimi mesi la situazione continuerà a essere una sfida. Abbiamo sempre pensato che le conseguenze sarebbero state peggiori per il Regno Unito che per noi. Questa sarà la realtà”, ha spiegato Gentiloni in un'audizione al Parlamento europeo. “Ci saranno conseguenze molto forti per il Regno Unito perché l'Ue è il suo primo partner commerciale e non è vero il contrario”.

Alla fine della scorsa settimana l'industria della pesca della Scozia ha lanciato un primo allarme: a causa dei controlli alle dogane del dopo Brexit e dei problemi per i camionisti di attraversare la Manica legati alla variante inglese del Covid-19, le esportazioni di pesce dalla Scozia sono state interrotte. Venerdì il corriere DPD ha annunciato di aver sospeso i suoi servizi di consegna dal Regno Unito verso l'Europa (compresa l'Irlanda) a causa dei problemi legati alla documentazione necessaria per esportare nell'Ue dopo la Brexit. "Stiamo vedendo fino al 20 per cento dei pacchi con dati sbagliati o incompleti", ha spiegato DPD in una nota, annunciando che il servizio dovrebbe riprendere il 13 gennaio. Marks & Spencer ha detto che l'accordo Brexit è destinato a avere un "impatto significativo" sulle vendite nei suoi negozi nell'Ue a causa di "procedure amministrative molto complesse". Nel frattempo la catena Debenhams ha chiuso il suo sito di e-commerce in Irlanda per evitare di dover pagare dazi. Il concorrente John Lewis & Partners ha sospeso i suoi servizi per tutti i consumatori dell'Ue.

Il problema in parte è legato alle regole di origine: se un prodotto o una parte di questo prodotto viene importato nel Regno Unito e riesportato verso l'Ue è soggetto ai dazi doganali dell'Organizzazione mondiale del commercio. Le regole d'origine valgono anche per i prodotti alimentari processati: se si supera una certa percentuale di un ingrediente importato da fuori dall'Ue o dal Regno Unito (come caffè o cioccolato), scattano i dazi. Poi ci sono i controlli di conformità e tutta una serie di moduli da riempire. Senza dimenticare le regole fitosanitarie e i divieti per i prodotti alimentari freschi: in questo video dell'Independent un doganiere olandese sequestra i panini a un camionista in provenienza dal Regno Unito.

Secondo Gentiloni, questo è un assaggio di ciò che potrebbe avvenire nei prossimi mesi. “Per il momento non abbiamo ancora una problemi enormi alle frontiere”, ha detto il commissario: “I primi giorni dell'anno non sono stati significativi rispetto alle difficoltà che possono esserci nelle prossime settimane e mesi”. Per Gentiloni, “queste difficoltà sono per certi aspetti inevitabili quando un membro dell'unione diventa una parte terza”. Ma i problemi e la burocrazia non sono colpa dell'Ue: “sono la conseguenza di una decisione politica”, ha detto Gentiloni.

Le conseguenze della Brexit non riguardano solo le merci. Nel Regno Unito è scoppiata la polemica dei visti richiesti dall'Ue per musicisti e artisti. Downing Street ha assicurato che di aver proposto all'Ue un accordo ambizioso per garantire la libera circolazione dei musicisti ma che sarebbe stato rifiutato dall'Ue. Una fonte europea ha smentito, spiegando che è stato il Regno Unito a rifiutare. Pubblicando un articolo con foto di Johnson, Thom Yorke dei Radiohead ha reagito così su Twitter: "Wow. Spineless fucks. Wow....". Una petizione per chiedere al governo e al Parlamento di reclamare l'esenzione dei visti per musicisti e artisti ha raccolto 247 mila firme. Ma il deal è chiuso. I musicisti dovranno richiedere un visto individuale prima di andare in tournée nell'Ue.

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 12 gennaio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

Per Merkel, bannare Trump è problematico - Dopo aver chiesto per anni alle piattaforme digitali di auto-regolarsi sui discorsi di odio e l'incitazione alla violenza, l'Ue ha reagito con estrema prudenza alla decisione di Twitter e Facebook di chiudere gli account di Donald Trump. Il commissario al Mercato interno, Thierry Breton, ha espresso "perplessità" di fronte a una decisione "senza controllo legittimo e democratico”. Ma la presa di posizione più netta è arrivata da Angela Merkel che ha definito “problematica” la decisione. "E' possibile interferire nella libertà di espressione, ma secondo i limiti definiti dal legislatore e non con una decisione del management delle piattaforme dei social media E' la ragione per cui la cancelliera vede come problematico che gli account del presidente americano sui social newtork siano chiusi definitivamente", ha detto il portavoce della cancelliera tedesca, Steffen Seibert.

Lottare contro la censura censurando i social media? - Per alcuni la presunta censura di Trump è un'occasione per limitare la libertà dei social media. “La regolazione dei giganti del digitale non può essere imposta dalla stessa oligarchia digitale”, ha detto il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire.

Più trasparenza sui vaccini comprati dalla Germania - La Commissione europea ha annunciato l'intenzione di voler chiedere dei chiarimenti alla Germania sui negoziati paralleli per l'acquisto di dosi del vaccino Pfizer-BioNTech, che potrebbero configurare una violazione delle regole sugli accordi di acquisto anticipati dell'Ue. “La presidente (Ursula von der Leyen) ha chiesto alla commissaria (alla Salute) Stella Kyriakides di scrivere una lettera ai ministri della Sanità per fornire trasparenza sui loro contatti o mancanza di contatti con case farmaceutiche con cui abbiamo o stiamo negoziando”, ha detto ieri il portavoce della Commissione, Eric Mamer. Non è solo la Germania a dover fare chiarezza. La Danimarca ha annunciato la sua intenzione di acquistare 2,6 milioni dosi aggiuntive da Pizer-BioNTech fuori dal quadro Ue. Cipro ha detto di aver avviato discussioni con Israele per la fornitura dello stesso vaccino. La richiesta è stata avanzata dal presidente cipriota, Nicos Anastasiades, in una conversazione telefonica con il premier israeliano, Benjamin Netanyahu.

Più trasparenza sui vaccini comprati dalla Commissione - L'evento del giorno sui vaccini è l'audizione della direttrice generale della Direzione generale Salute e sicurezza alimentare della Commissione, Sandra Gallina, davanti al Parlamento europeo. Gallina è stata a capo della squadra che ha negoziato con le case farmaceutiche le forniture di vaccini. I deputati europei hanno preparato molte domande su ritardi, quantità, prezzi e responsabilità. Come gesto di volontà, Kyriakides ha trasmesso al Parlamento europeo il testo del contratto con CureVac, chiedendo a altre case farmaceutiche di “seguire l'esempio” e autorizzare la Commissione a rendere almeno in parte pubblici dati e informazioni contrattuali.

La Covid fatigue e la variante inglese nell'Ue - Cosa succede se ora gli inglesi esausti smettono di rispettare le regole del lockdown? E' la domanda che si stanno ponendo alcuni giornali britannici. Ma a porsela dovrebbero essere anche i governi europei, nel momento in cui preparano le loro strategie di fronte alla possibile importazione della variante inglese. Paola Peduzzi analizza il nuovo patto sociale tra cittadini e governi: i cittadini si sono assunti una responsabilità collettiva e i governi devono decidere quanto fidarsi e per quanto.

Dubbi sulla nomina portoghese per la procura Ue - Il gruppo di Renew Europe al Parlamento europeo ha chiesto dei chiarimenti al primo ministro portoghese, Antonio Costa, sul processo di nomina del procuratore del Portogallo, José Guerra, nella procura Ue. Il curriculum di Guerra sarebbero stato manipolato dal governo portoghese dopo che un comitato di selezione europeo aveva espresso la sua preferenza per un'altra candidata, Ana Carla Almeida. Il caso solleva seri interrogativi sulle nomine politiche in un organismo come l'ufficio della procura europea che dovrebbe essere totalmente indipendente dai governi. Ed è di un certo imbarazzo per Antonio Costa nel momento in cui inizia il suo semestre di presidenza dell'Ue.

L'Unhcr chiede all'Ue un nuovo capitolo per i rifugiati - Invece di un nuovo Patto su migrazione e asilo, l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu (Unhcr) ha chiesto all'Unione europea di mostrare “leadership per meglio proteggere i rifugiati in Europa e altrove”. In una raccomandazione alle presidente di turno portoghese e slovene, l'Unhcr chiede misure prevedibili e basate sui principi radicate nella solidarietà per un sistema di asilo Ue sostenibile, fondato sui diritti e funzionante”. Secondo l'Unhcr, serve “un meccanismo di solidarietà prevedibile per gli stati che ricevono un numero sproporzionato di richieste di asilo”. Data l'opposizione dei paesi dell'Est a qualsiasi forma di ricollocamento obbligatorio dei migranti, l'appello dell'Unhcr è destinato a cadere nel vuoto.

La Lega si astiene sul Recovery fund - La commissione Affari economici e quella Bilancio del Parlamento europeo ieri ha approvato il regolamento sulla Recovery and Resilience Facility, il principale strumento del Recovery fund con una dotazione di 672,5 miliardi di euro per fornire prestiti e sussidi agli stati membri. Il voto è andato come previsto: 78 voti a favore, 5 contro e 13 astenuti. La Lega aveva annunciato la sua astensione denunciando le condizionalità previste dal regolamento. In un editoriale, il Foglio spiega che perché la svolta moderata della Lega auspicata da Giancarlo Giorgetti è sempre rinviata al giorno successivo.

 

Accade oggi in Europa

- Parlamento europeo: audizione alla commissione Ambiente della direttrice generale della DG salute e sicurezza alimentare della Commissione, Sandra Gallina, sui negoziati con le case farmaceutiche produttrici di vaccini.

- Commissione: i commissari Breton e Gabriel partecipano alla 13a conferenza europea sullo spazio

- Commissione: il vicepresidente Dombrovskis incontra via teleconferenza l'Ad di Enel, Francesco Starace

- Parlamento europeo: il presidente Sassoli incontra la presidente del Parlamento del Kosovo, Vjosa Osmani

- Eurostat: conti economici delle famiglie e delle imprese del terzo trimestre 2020; bilancia dei pagamenti del terzo trimestre 2020; dati sulle tasse ambientali

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