Il rischio disinformazione su TikTok, dove spopolano i candidati di destra alle europee

Priscilla Ruggiero

Le aziende di intelligenza artificiale e le piattaforme di social media stanno cercando di limitare le minacce per le elezioni del Parlamento europeo: l'app cinese è la più incline a diffondere disinformazione, anche se "è diventata il laboratorio sperimentale dei leader populisti"

Roma. Nell’anno più elettorale di sempre, l’intelligenza artificiale sta aggravando ancora di più la minaccia di disinformazione e contenuti d’odio sui social media.  Le aziende che si occupano di IA  cercano di regolamentare e ridurre i rischi effettuando sempre più spesso il “red-teaming” dei propri  prodotti prima del rilascio, cioè   controlli su larga scala per evitare errori e problemi nei nuovi modelli, e modificando alcune controversie emerse negli ultimi mesi.  Sora, l’intelligenza artificiale text-to-video di OpenAI in grado di generare video realistici in pochi secondi, è stata presentata lo scorso febbraio, ma non è ancora disponibile al pubblico perché, secondo la rivista tecnologica IEEE Spectrum, l’azienda starebbe sondando il modello per valutare “la sua capacità di riconoscere video falsi, disinformazione, pregiudizi e contenuti di odio”.   Il chatbot Gemini, la versione d’intelligenza artificiale di Google simile a ChatGPT, la settimana scorsa ha annunciato la limitazione   di alcune domande relative alle elezioni che gli utenti  possono porre al sistema, che ora risponde: “Sto ancora imparando a rispondere a questa domanda. Nel frattempo, prova con Ricerca Google”.  Anche le piattaforme di social media, su cui vengono veicolati e condivisi contenuti “potenzialmente dannosi”, starebbero, non abbastanza velocemente, correndo ai ripari. Alla fine di febbraio Meta, proprietaria di Facebook e Instagram, ha annunciato una serie di misure volte  a “ridurre la disinformazione e limitare la portata delle operazioni di influenza mirate durante le elezioni del Parlamento europeo” dopo aver firmato un “accordo tecnologico” con altre 19 aziende, tra cui OpenAI, X e TikTok, che promette di “sviluppare strumenti per individuare, etichettare e potenzialmente sfatare la disinformazione generata dall’intelligenza artificiale”. 

 

TikTok, la piattaforma cinese che la scorsa settimana il Congresso ha considerato  una minaccia a maggioranza, sarebbe uno dei social media più inclini a diffondere disinformazione, secondo gli esperti del settore.  Ma è proprio su TikTok che si starebbero concentrando le campagne elettorali dei politici, per le elezioni europee di giugno  e non solo, soprattutto degli  esponenti di estrema destra: partendo dal leader del Rassemblement national, Jordan Bardella, con  più di un milione di follower, Politico  Europe ha cercato tutti i 705 eurodeputati su TikTok tra il 15 febbraio e l’8 marzo e ha trovato 186 account attivi, con un quarto dei parlamentari provenienti dai gruppi di destra e di estrema destra del Parlamento europeo.   

 

TikTok  ha 142 milioni di utenti europei ed è diventato il campo di battaglia chiave per la generazione più giovane di elettori: “Scommettendo sulla propria capacità di superare in astuzia l’algoritmo, l’estrema destra sta adattando il suo messaggio politico per corteggiare la generazione TikTok.  In tutta Europa la piattaforma  è diventata il laboratorio sperimentale dei leader populisti, condividendo apparizioni televisive roboanti e discorsi infuocati incorniciati da sfondi ed emoji luminosi mentre attaccano i migranti, l’islam e il cambiamento climatico”, scrive Politico. Tra questi ci sono anche europarlamentari italiani della Lega:    Silvia Sardone, Isabella Tovaglieri e Susanna Ceccardi. La maggior parte dei loro contenuti riguarda il pericolo islam: “Ci odiano in nome di Allah”, dice in un video Sardone. Il social di proprietà cinese  ha detto  che intensificherà la sua lotta contro le fake news e le operazioni di influenza   nel periodo precedente alle elezioni europee, ma il problema alla base sarebbe proprio nel suo algoritmo di raccomandazione particolarmente adatto a diffondere disinformazione. Inoltre il pubblico più giovane dell’app  ha maggiori probabilità di credere alla disinformazione  e alle narrazioni raccomandate sempre dall’algoritmo.