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L'analisi

I tiranni restano una minaccia per i corpi sociali delle democrazie

Vittorio Emanuele Parsi

Le continue intimidazioni russe spingono von der Leyen a rafforzare la preparazione militare dell'Ue. Per qualcuno questa è una condanna a un'escalation imminente, ma bisogna ricordare che ciò che Putin teme di più è una difesa europea efficace

Le parole nette e inequivocabili di Ursula von der Leyen hanno provocato una prevedibile serie di reazioni, tra le quali, al netto dei possibili fraintendimenti, alcune in cui si scorge una capziosa e pervicace volontà di scambiare le cause con gli effetti, allineandosi oggettivamente ai megafoni della propaganda putiniana e ai suoi ripetitori nostrani. Che cosa aveva sostenuto la presidente della Commissione europea? Che, a fronte della continuata aggressione della Russia all’Ucraina (entrata ormai nel terzo anno), delle ripetute minacce di Vladimir Putin e dei suoi collaboratori e portavoce all’indirizzo di paesi membri dell’unione (e della Nato), la prospettiva di essere trascinati in una guerra dalla Russia (come è già capitato all’Ucraina) fosse “non imminente, ma non impossibile”, per cui i paesi membri dovevano assumersi la responsabilità di incrementare il livello di preparazione, prontezza, equipaggiamento e numerosità delle proprie Forze armate e che dovessimo “incrementare la produzione di armi, esattamente come fatto con i vaccini durante l’emergenza Covid”. Una ferrea logica razionale, direi. Da una parte dei commentatori si è invece voluto gridare allo scandalo per l’accostamento tra i vaccini e le armi e per il fatto che, preparandosi al peggio, l’Unione ci precipitasse verso una catastrofica guerra contro la Russia e, potenzialmente, verso la Terza guerra mondiale.
 

Se non fosse stata vista all’opera con sinistra e metodica regolarità in questi 24 mesi (e anche prima, in realtà), questa curiosa modalità di argomentazione che capovolge volutamente il rapporto causa-effetto non meriterebbe nemmeno di essere commentata. È la Russia di Putin infatti che continua ad alzare la posta, a pretendere che l’occidente – cioè le pur imperfette ma uniche democrazie liberali consolidate del pianeta – semplicemente accetti i suoi sanguinari diktat: oggi in Ucraina come ieri in Georgia e domani in Moldavia o nelle repubbliche baltiche. E, nel farlo, ci prospetta come unica alternativa alla resa la guerra, che crede di poter vincere rapidamente (come si illudeva di fare in Ucraina). In realtà, ciò che teme di più è proprio il possibile incremento della capacità delle difese europee, ben conscio che esse costituiscono lo strumento chiave di un’efficace politica di deterrenza verso i suoi criminali propositi.
 

L’obiettivo di una difesa efficace, capace di scoraggiare un aggressore determinato, si persegue incrementando la capacità di produrre autonomamente e stoccare sufficienti quantità di equipaggiamento e munizioni, non solo per rifornire chi già si batte per la sua e la nostra libertà, contribuendo a tenere la soldataglia del mafioso Vladimir Putin più lontana dai nostri confini (l’Ucraina), esattamente come la produzione e lo stoccaggio di vaccini sono stati e restano scelte virtuose e decisive per la sconfitta di nuove e sempre possibili ondate pandemiche. Se la strage prodotta dal Covid-19 ci ha insegnato qualcosa, è che i fattori patogeni si combattono con i vaccini e non con le chiacchiere. È stata la velocità di elaborazione e produzione di miliardi di dosi di vaccino a rappresentare l’arma vincente per sconfiggere la pandemia. La disponibilità di armi, personale e munizioni nella quantità appropriata è la via maestra per togliere dalla testa di Putin che le democrazie siano imbelli e facilmente battibili.
 

Credo sia difficile non riconoscere che la spesa sanitaria contribuisce al mantenimento in salute del corpo della cittadinanza. In tal senso è tutt’altro che improduttiva, anche se per il bilancio dello stato rappresenta un costo e se le aziende sanitarie e farmaceutiche realizzano un profitto, così come gli operatori ne traggono un reddito. Allo stesso modo, la spesa per l’istruzione e la ricerca rappresenta un costo a carico prevalentemente del settore pubblico, il quale genera introiti per tutti i soggetti che si occupano di questi ambiti. Parliamo cioè di investimenti produttivi, ancorché di beni immateriali o intangibili, che migliorano la qualità della vita di una comunità. Analogamente, le spese per la difesa consentono di garantire quella sicurezza da eventuali aggressioni esterne, la quale costituisce la premessa per la salute – e talvolta, come nel caso odierno – per la stessa sopravvivenza delle nostre democrazie. Costituiscono cioè anch’esse forme di investimenti materiali a carico dello stato volte a produrre quel bene intangibile rappresentato dalla protezione della libertà delle nostre comunità politiche. Non c’è dubbio che, a fronte della necessità di produzione di questo bene, chi opera nel comparto della sicurezza – dagli addetti alle aziende – ne ricaverà un reddito o un profitto, né più né meno di quanto avviene per la sanità o l’istruzione, ma in tutto ciò non c’è nulla di immorale, giacché nessuno è in grado di lavorare, ricercare e produrre gratis.
 

A chi accusa Ursula von der Leyen di aver scelto di seguire la strada securitaria di Putin, militarizzando l’economia europea e in contraddizione con le scelte diverse del passato, occorre obiettare che, purtroppo, sono semplicemente mutate le circostanze, che oggi le minacce esterne di natura militare sono tornate di drammatica attualità e che il responsabile di questo tragico cambiamento ha  nome e cognome: Vladimir Putin. Sarebbe bello vivere in un mondo di democrazie che non si fanno e neppure minacciano la guerra reciprocamente, come lo sarebbe altrettanto vivere in un mondo senza virus e in cui le persone nascessero istruite e capaci di apprendere continuativamente, senza la necessità di costosi sistemi di istruzione. Ma non è così. L’ignoranza, le malattie e i tiranni sanguinari continuano a costituire una minaccia per i nostri corpi individuali e sociali e devono essere messi nell’impossibilità di nuocerci. Se non interiorizziamo questi semplici concetti, continueremo a vagare nella buia inconsapevolezza, scambiando la nostra cecità per l’assenza di elementi ostili potenzialmente letali e cullandoci in una pericolosa irresponsabilità, le cui conseguenze ricadranno sulla nostra generazione e su quelle future.