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La controffensiva

In cinque mesi Kyiv ha ripristinato le rotte del grano senza Mosca 

Federico Bosco

Quando a luglio dell’anno scorso la Russia uscì dall’accordo per l’esportazione del grano sembrava impossibile per l’Ucraina rompere l’assedio del golfo di Odessa, invece gli ucraini sono riusciti a rovesciare le aspettative

Negli ultimi mesi si è parlato molto dell’insuccesso della controffensiva ucraina raccontandola come una disfatta, perdendo di vista i risultati della controffensiva di Kyiv per spezzare l’assedio russo nel Mar Nero, che per gli ucraini significa ridurre la capacità russa di lanciare attacchi dal golfo di Odessa e liberare almeno in parte la principale rotta commerciale del paese. Gli attacchi con droni marini e missili stanno permettendo all’Ucraina di superare il dominio navale della Russia, costringendo il Cremlino a spostare le sue navi da guerra lontano dalla storica base di Sebastopoli e dal resto della Crimea. Un risultato eccezionale se si considera che Kyiv è riuscita ottenerlo senza disporre di una marina, né di una reale forza aerea. L’ultimo attacco ha distrutto, con un missile da crociera, una grande nave russa ormeggiata nel porto di Feodosia, dimostrando a Mosca che la sua flotta può essere colpita con forza anche nella parte più orientale della Crimea. In totale, dall’inizio dell’invasione a oggi la Russia ha perso almeno venti imbarcazioni tra navi da guerra, mezzi da sbarco, e un sottomarino.

Il ponte dello stretto di Kerch che collega la Russia alla Crimea è stato attaccato due volte, e ad agosto Kyiv è riuscita a danneggiare con i droni marini due navi nemiche anche nel porto di Novorossijsk, nel territorio russo di Krasnodar. La Crimea ormai è diventata talmente pericolosa che il Cremlino sta pianificando la costruzione di una nuova base navale in Abkhazia, il territorio della Georgia occupato nel 2008 dalle milizie filo-russe. Quando a luglio dell’anno scorso la Russia uscì dall’accordo per l’esportazione del grano sembrava impossibile per l’Ucraina rompere l’assedio del golfo di Odessa, invece gli ucraini sono riusciti a rovesciare le aspettative. Dall’8 agosto al 30 dicembre sono salpate dai porti ucraini 400 navi dirette verso 24 paesi, esportando quasi 10 milioni di derrate agroalimentari attraverso il nuovo corridoio marittimo che costeggia il delta del Danubio e prosegue lungo le coste di Romania e Bulgaria. La Russia ha contrastato con la massima violenza i tentativi dell’Ucraina di aggirare il blocco commerciale, lanciando una serie di attacchi con droni e missili – anche a pochi metri dalla frontiera romena – che hanno distrutto o danneggiato quasi 180 infrastrutture portuali ucraine. Per ottenere questo primo risultato Kyiv si è dovuta scontrare anche con le resistenze degli alleati, che avevano sconsigliato operazioni come l’attacco nelle acque di Novorossijsk poiché quel porto non è solo un hub del petrolio russo, ma anche di quello  kazako.

Quegli attacchi hanno imposto a Mosca anche dei danni economici, facendo aumentare i costi assicurativi per il trasporto del greggio degli Urali, e contribuendo a ridurne le esportazioni. Tuttavia, la Russia non si è arresa, e sta studiando nuovi metodi per minacciare le rotte marittime dall’Ucraina. Secondo l’Ukrainska Pravda una delle ultime tattiche di Mosca consiste nel lanciare mine antinave dagli aerei, il bombardiere russo Su-24M abbattuto il 5 dicembre da un missile ucraino stava sganciando questo tipo di mine. La settimana scorsa una nave cargo diretta verso il delta del Danubio per caricare grano è stata danneggiata da una mina, due persone sono rimaste ferite e la nave non è affondata solo grazie all’abilità del capitano nel farla incagliare. La battaglia di Kyiv per rompere il blocco marittimo continua.
 

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