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L'editoriale del direttore

Caro Papa, la guerra giusta esiste

Claudio Cerasa

L’anno che si chiude non ha dimostrato che le guerre “sono sempre sbagliate” e simmetriche. C’è il terrore di chi aggredisce e c’è la legittima forza di chi  combatte, sì, ma per la pace. Lo dice Agostino

Spiace molto per Papa Francesco, ma l’anno che si chiude non ha dimostrato, come sostenuto dal Santo Padre, che la guerre giuste non esistono ma semmai ha dimostrato l’esatto contrario. Qualche settimana fa, lo ricorderete, il Papa ha detto in una telefonata con il presidente israeliano Isaac Herzog che “è vietato rispondere al terrore con il terrore” (sottinteso: terroristi di là, terrorismo di qua). Qualche mese prima il Papa, che già l’anno scorso aveva detto che la guerra in Ucraina era conseguenza del fatto che la Nato aveva “abbaiato alle porte della Russia”, aveva elogiato il passato imperialista del paese guidato da Putin durante una videoconferenza con giovani cattolici russi, costringendo l’arcivescovo Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, a sottolineare il “grande dolore” provocato dalle parole del Papa che ha elogiato “il peggior esempio dell’estremo imperialismo e nazionalismo russo, che è la vera causa della guerra in Ucraina”.

“Dire sì al Principe della pace – ha detto il giorno di Natale il Pontefice – significa dire no alla guerra, e questo con coraggio: dire no alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Questo è la guerra: viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse”. Spiace molto per Papa Francesco, ma l’anno che si chiude non è stato segnato dalla presenza di guerre che come tali sono sempre sbagliate, guerre simmetriche dove il terrore seminato dagli uni è simmetrico al terrore seminato dagli altri. Spiace molto per Papa Francesco ma l’anno che si chiude è stato segnato dalla presenza, sulla scena, di guerre decisamente diverse. C’è una guerra portata avanti da chi aggredisce e c’è una guerra portata avanti da chi si difende. C’è una guerra portata avanti da chi colpisce le democrazie per renderle più fragili, e c’è una guerra portata avanti da chi prova a difendere le democrazie da chi le vuole annientare. E per mettere a fuoco il tema non è necessario essere dei discepoli di von Clausewitz ma è sufficiente essere dei conoscitori minimi della dottrina di sant’Agostino, che nel IV secolo confezionò una teoria famosa: quella della guerra giusta.

Breve ripasso per i distratti. La dottrina della guerra giusta, nella versione di sant’Agostino, è una dottrina che considera la guerra, condotta nel rispetto delle regole adeguate, uno strumento necessario. Anche sant’Agostino riconosceva la sacralità della vita umana ed esprimeva tutta la sua preoccupazione per il danno inevitabile causato da uno scontro armato. Ma allo stesso tempo riconosceva – come scritto  nella sua lettera numero 189 – che una guerra accettabile esiste. “La pace deve essere nella volontà e la guerra solo una necessità, affinché Dio ci liberi dalla necessità e ci conservi nella pace. Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi”. E’ una guerra giusta quella che include una giusta causa, un intento corretto, un uso delle armi come ultima risorsa, una ragionevole speranza di successo nell’attacco e una proporzionalità nell’attacco. Dove per proporzionalità, come ricorda il Wall Street Journal in un articolo dedicato al pacifismo di Francesco, si intende la consapevolezza che è moralmente lecito agire per perseguire un buon obiettivo anche se farlo produrrebbe un danno non intenzionale ma prevedibile. E dove per proporzionalità si intende la consapevolezza che i combattenti possono causare inevitabili danni collaterali ai civili e alle infrastrutture civili, a condizione che il danno sia proporzionale al valore dei legittimi obiettivi perseguiti.  


Ci possono essere dubbi legittimi sull’evoluzione dei conflitti a Gaza e in Ucraina, sulle loro traiettorie, sugli obiettivi da raggiungere, sui limiti del conflitto. Ma nessun dubbio dovrebbe esserci quando si ragiona su chi è l’aggredito e chi è l’aggressore, nessun dubbio dovrebbe farci dimenticare cosa significa per l’occidente avere avuto il coraggio di difendere una democrazia assediata come quella ucraina e nessun dubbio dovrebbe farci dimenticare che anche in medio oriente non esiste un terrore simmetrico, parallelo, ma esiste un esercito illegale, terroristico, che usa i civili per difendere sé stesso e un esercito regolare che usa le sue milizie per proteggere i suoi cittadini. “Ho sentito la dichiarazione di Papa Francesco in seguito all’aggressione contro due donne che si trovavano nel complesso della chiesa a Gaza”, ha detto qualche giorno fa il rabbino capo di Israele David Lau, riferendosi a uno degli errori forse più clamorosi compiuti da Israele in questo conflitto. “Anch’io sono molto dispiaciuto per la loro morte. Tuttavia, desidero commentare un’affermazione che è stata fatta: terrore. Questa affermazione, fatta in riferimento all’accaduto, è errata e persino scandalosa.

Lo stato di Israele ha intrapreso una guerra giusta di fronte agli attacchi provenienti da Gaza, Libano, Siria e Yemen che hanno minacciato l’esistenza stessa dello stato. Il terrorismo islamico, che attraversa quasi tutti i confini internazionali, è arrivato anche a casa nostra. L’omicidio, lo stupro, il vandalismo e gli abusi subiti dai civili, gli incessanti appelli alla distruzione di Israele e al rapimento di centinaia di innocenti, inclusi bambini, donne e anziani, ci hanno imposto una guerra per la nostra esistenza. Una guerra per la nostra sopravvivenza: la nostra vita”. Spiace molto per Papa Francesco, ma l’anno che si chiude non ci ha ricordato che tutte le guerre sono sbagliate, non ci ha ricordato che l’occidente è sempre colpevole quando vi è un conflitto, non ci ha ricordato che usare le armi è sbagliato quando si viene aggrediti. Ma ci ha ricordato qualcosa di diverso. Ci ha ricordato cosa vuol dire, anche nel dolore, anche nella tragedia, come quella di Gaza, saper distinguere tra chi combatte una guerra giusta e chi no. Ci ha ricordato che per difendere una democrazia assediata, violata, aggredita, come quella ucraina il modo migliore non è alzare le mani e dire: fate la pace. Ma il modo migliore è offrire a chi si vuole difendere gli strumenti per poterlo fare.

“Nel marzo 2023 – ha scritto ieri sul Guardian Jack Watling, ricercatore presso il Royal United Services Institute – l’Ue ha preso la storica decisione di consegnare un milione di proiettili di artiglieria all’Ucraina entro 12 mesi. Ma il numero effettivamente inviato è più vicino a 300 mila. Questo ha portato l’Ucraina a sparare oggi 2 mila colpi al giorno mentre l’artiglieria russa arriva a spararne 10 mila al giorno… Questa è una guerra che può essere vinta. Il recente attacco a una nave russa dimostra come l'Ucraina possa fare un uso efficace delle attrezzature che le vengono fornite. Ma la sicurezza europea non deve essere sprecata da un ulteriore compiacimento”. Auspicare che tutte le guerre finiscano presto è saggio e doveroso. Considerare terrorista chiunque combatta duramente una guerra per rispondere al terrore e considerare un guerrafondaio chiunque cerchi di difendere una democrazia aggredita, anche no, grazie. La guerra giusta esiste. Basta solo saperla riconoscere. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.