l'orrore ignorato

Israele prova a sfondare il muro di gomma dell'Onu sugli stupri di Hamas. Non una di meno

Giulio Meotti

Tra silenzi e cancellazioni, le Nazioni Unite glissano sulle violenze di massa e le mutilazioni post mortem nei confronti delle donne israeliane perpetrate lo scorso 7 ottobre. Così Israele lancia una campagna internazionale di sensibilizzazione

"Una donna è stata violentata circondata dagli amici morti. A un’altra è stato tagliato il seno e i terroristi ci hanno giocato. Una sopravvissuta all’Olocausto ha visto sua nipote violentata e uccisa. Una ragazza di quattordici anni è stata trovata con le gambe aperte e lo sperma sulla schiena. Le avevano sparato in testa. Alla maggior parte delle donne è stato sparato più volte alla testa. Alcuni corpi erano così gravemente danneggiati che dopo tre giorni il sangue continuava a gocciolare. Hanno mutilato i genitali di diverse donne”. L’indagine dell’unità investigativa israeliana Lahav 443 sulla violenza sessuale di massa da parte dei terroristi di Hamas riguarda accuse che vanno dallo stupro di gruppo alla mutilazione post mortem.

 

Esther è stata violentata sotto lo sguardo del fidanzato, costretto ad assistere con un coltello puntato alla gola. “E’ stato così doloroso che ho perso conoscenza, si sono fermati quando pensavano che fossi morta”, ha detto Esther al Parisien. I terroristi di Hamas hanno mutilato la giovane con un coltello e con una scheggia di vetro, provocandole una paralisi irreversibile alle gambe. “Dentro sono mezzo morta”. Ma le più importanti organizzazioni femminili all’interno delle Nazioni Unite non sono riuscite a dire niente. Il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne (Cedaw) ha parlato in modo amorfico e generico delle “questioni di genere nel conflitto”. 

 

“Il silenzio della comunità internazionale per i diritti umani e le donne è assordante”, ha detto al Daily Beast la professoressa Ruth Halperin-Kaddari, già vicepresidente del Cedaw. “Il tradimento non riguarda soltanto le vittime di abusi sessuali, ma l’integrità stessa delle istituzioni”. Silenzio anche da parte di UN Women, l’organismo delle Nazioni Unite responsabile della promozione e dell’emancipazione delle donne in tutto il mondo.

 

Così, in occasione della Giornata internazionale delle Nazioni Unite per l’eliminazione della violenza contro le donne, Israele ha lanciato una campagna internazionale di sensibilizzazione sulla tragedia delle donne che sono state vittime di stupri, violenze sessuali, linciaggi, rapimenti e omicidi ad opera dei terroristi palestinesi di durante la carneficina perpetrata in Israele lo scorso 7 ottobre.

 

All’insegna dei messaggi “Niente scuse” e “Credere alle donne israeliane”, la campagna durerà due settimane. Lunedì Israele ha tenuto un incontro alle Nazioni Unite a Ginevra per sensibilizzare sulla violenza sessuale contro le donne perpetrata durante gli attacchi del 7 ottobre. L’evento privato, a cui hanno partecipato diplomatici, gruppi per i diritti umani e agenzie delle Nazioni Unite, è il primo organizzato da Israele fuori dal paese sugli atti di violenza sessuale da parte di Hamas e si è svolto in quella Versailles diplomatica che è il Palais des Nations. Halperin-Kaddari è intervenuta all’evento: “Ci aspettavamo una dichiarazione chiara e forte che affermasse che non esiste alcuna giustificazione per l'uso dei corpi delle donne come arma di guerra. Fino a ora non è successo nulla di tutto questo”.

 

Quando le è stato chiesto di spiegare perché, l’accademica ha detto: “Ribalta la visione convenzionale di  Israele come l’aggressore e i palestinesi come la vittima finale”. Halperin-Kaddari ieri ha anche incontrato il capo dei diritti umani delle Nazioni Unite Volker Turk per trasmettere il messaggio, fornirgli le prove e chiedere una forte condanna. In un post su Instagram, UN Women ha inizialmente denunciato gli attacchi di Hamas, ma poi ha cancellato la dichiarazione subito dopo la pubblicazione e l’ha sostituita con un’altra che ometteva la condanna di Hamas. Il commento migliore è di Fania Oz-Salzberger, la figlia di Amos Oz: “Anche per una israelianoa moderata, forte è la tentazione di lasciare l’Onu e diventare orgogliosamente uno stato canaglia. La mia fiducia nell’Onu è pari a zero. Come ebrea e come donna”. Come diceva lo slogan del MeToo? “Believe women”. Tranne le israeliane.

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