Foto Epa, via Ansa

Europa Ore 7

La minaccia esistenziale Wilders per l'Ue

David Carretta

Wiilders si è conquistato il diritto di cercare di formare un governo dopo che il suo Pvv ha vinto le elezioni. In gioco c'è l'uscita dei Paesi Bassi dall'Unione europea

Chiunque sottovaluti la portata sismica e potenzialmente esistenziale per l'Unione europea del successo di Geert Wilders nelle elezioni legislative di mercoledì 22 novembre nei Paesi Bassi farebbe bene a leggere il programma del suo Partito per la libertà (sic) o Pvv. "Il principio guida è: agire nell’interesse dei Paesi Bassi e degli olandesi. Prima il proprio paese", dice il documento a pagina 42. Come? "Il Pvv vuole un referendum vincolante sulla Nexit". Nexit sta per "Netherlands exit": uscita dei Paesi Bassi dall'Ue. Come quella che ha fatto il Regno Unito con la Brexit. Paese fondatore, la cui prosperità è stata fondata sul mercato interno dell'Ue, membro tra i più forti sul piano politico, i Paesi Bassi dovrebbero fare come il Regno Unito con la Brexit. E “finché non si sarà tenuto il referendum sulla Nexit ci impegniamo a recuperare i nostri miliardi da Bruxelles (…), nessun trasferimento di poteri all'Ue (…), ripristino di tutti i nostri poteri di veto e “nessuno ulteriore allargamento dell'Ue o passi in quella direzione”, dice il programma di Wilders. Con lui primo ministro all'Aia, tutta la politica dell'Ue – dal clima all'Ucraina – sarebbe compromessa.

Wiilders si è conquistato il diritto di cercare di formare un governo dopo che il suo Pvv è arrivato in testa nelle elezioni con oltre il 23 per cento e 37 seggi sui 150 alla Camera bassa. Malgrado le difficoltà a formare una coalizione, la prospettiva di Wilders premier è molto concreta. Venerdì è stato lui a scegliere lo “scout” (il perlustratore) con un primo incidente. Il senatore del Pvv, Gom van Strien, è stato accusato di frode e corruzione da una sussidiaria dell'Università di Utrecht. Sarà lui a trascorrere le prossime due settimane alla ricerca delle opzioni per formare una coalizione guidata da Wilders. La leader del partito conservatore liberale del Vvd, Dilan Yeşilgöz, ha già detto che non entrerà al governo, ma ha lasciato la porta aperta a un appoggio esterno a un governo di destra. Guardando ai seggi della nuova Camera bassa un governo Wilders di minoranza - con una coalizione tra il Pvv, il Nuovo contratto sociale di Pieter Omtzigt e il Partito civico contadino, e l'appoggio esterno del Vvd - sembra l'ipotesi più probabile. L'alternativa sarebbe un governo centrista, stile cordone sanitario per escludere Wilders, guidato dal leader della lista laburisti-verdi, Frans Timmermans, e con dentro tutte le forze europeiste. Ma senza il Vvd di Yeşilgöz non ci sarebbero i numeri.

A Bruxelles, salvo i sovranisti in festa, nessuno si è congratulato con Wilders. Ma nell'Ue esiste una scuola di pensiero “pragmatica”, convinta che i leader nazionalisti possano essere contenuti attraverso una serie di concessioni. E' quello che è stato fatto con Giorgia Meloni e, prima di lei, con Giuseppe Conte in Italia nel 2018, i governi del PiS in Polonia e l'eterno Viktor Orbán in Ungheria. “Già la notte delle elezioni Wilders era su una linea conciliatoria”, ci ha detto un diplomatico. Il leader del Vvd nella fase finale della campagna elettorale ha moderato i toni e messo da parte il progetto Nexit. Sabato Wilders ha pubblicato un post su X per dire “continuerò a moderarmi”, perché “oggi, domani o dopodomani il Pvv aiuterà a governare i Paesi Bassi e io diventerò primo ministro di questo bellissimo paese”.

   

       

I pragmatici sperano che gli eventuali alleati di coalizione mettano a Wilders una serie di paletti che, dato il potere del Parlamento nei Paesi Bassi, non potrà superare. Ma il suo programma rivela la sua vera natura. Negazionista del cambiamento climatico, vuole rinunciare alle normative dell'Ue sull'asilo e sull'immigrazione, cancellare la Convenzione Onu sui Rifugiati, effettuare respingimenti ai confini con Belgio e Germania, abrogare la libera circolazione dei lavoratori europei, eccetera.

E poi c'è il pericolo Wilders per l'Ucraina. Nel 2016, dopo l'abbattimento del volo Mh17 sopra il Donbas, che ha provocato la morte di 298 persone (193 olandesi), Wilders ha definito Vladimir Putin un “vero patriota". Poi ha denunciato "la russofobia isterica" del governo dell'Aia. Dopo l'invasione dell'Ucraina Wilders ha proposto due risoluzioni in Parlamento, la prima per dichiarare la neutralità dei Paesi Bassi, la seconda per porre fine alle sanzioni della Russia. "Ho simpatia per gli ucraini, ma sono stato eletto da un milione di cittadini olandesi che hanno votato per me", ha scritto Wilders su Twitter nel marzo del 2022. Nel novembre del 2023, 2,5 milioni di elettori hanno votato per il suo partito che nel programma elettorale prevede questo: "L'aggressore russo ha invaso illegalmente l'Ucraina. Ma non manderemo denaro o armi come gli F 16 all'Ucraina per tenerli per le nostre forze armate".

Sul Foglio spieghiamo perché la vittoria di Wilders trasforma le elezioni europee e quelle nazionali dei prossimi anni in un referendum permanente sulla democrazia e i suoi principi fondamentali. Wilders non è solo anti islamico e anti immigrazione, ma mette in discussione gli elementi fondanti dell'Europa come democrazia liberale aperta: convivenza, libertà religiosa, diritti fondamentali, regole internazionale e stato di diritto. Il suo successo il 22 novembre rafforza le estreme destre nazionaliste e populiste ovunque in Europa a poco più di sei mesi dalle elezioni europee. Un Parlamento europeo fortemente spostato a destra non è più da escludere, anche se l'ingovernabilità è più probabile di una maggioranza tra nazionalisti, anti europei e Partito popolare europeo. Ma alla fine ciò che conterà di più non sono i seggi al Parlamento europeo nel giugno 2024. Con Wilders dentro il Consiglio europeo, dove si decide tutto all'unanimità, è tutta l'Ue che rischia di venire giù. Il pericolo è esistenziale.

   


   

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