Il veto ungherese

Michel va da Orbán per provare a convincerlo a non spaccare l'Ue sugli aiuti a Kyiv

David Carretta

Il premier ungherese ha due pretese: i soldi europei e la testa di von der Leyen. La missione quasi impossibile a Budapest

Bruxelles. E' una missione quasi impossibile quella che Charles Michel farà a Budapest lunedì, ma forse potrebbe diventare la più importante del suo mandato come presidente del Consiglio europeo: disinnescare la bomba di Viktor Orbán  per far saltare in aria il sostegno dell'Unione europea all'Ucraina. Aiuti finanziari, assistenza militare, sanzioni contro la Russia, negoziati per l'adesione: il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre deve prendere all'unanimità decisioni fondamentali per Kyiv. Su ciascuna decisione pesa la minaccia del veto di Orbán, che ha inviato una lettera a Michel, avvertendo che non devono essere prese decisioni su finanziamenti, armi, sanzioni e allargamento, fino a quando non ci sarà una “discussione strategica” e un “consenso” sulla strategia dell'Ue sull'Ucraina. Dal testo della lettera, si capisce che ai suoi occhi l'obiettivo della vittoria militare dell'Ucraina e della sconfitta militare della Russia non è “realisticamente realizzabile”. “Gli sviluppi nella guerra in Ucraina, così come il contesto della sicurezza globale, economico e politico richiedono un periodo di riflessione e un potenziale aggiustamento dei nostri obiettivi e strumenti”, ha scritto Orbán, evocando la possibilità che gli Stati Uniti smettano di sostenere l'Ucraina.

 

In visita a Kyiv martedì Michel ha promesso di “non risparmiare alcuno sforzo” per arrivare a un successo il 14 e 15 dicembre. Budapest è la parte più difficile. A Bruxelles c'è il sospetto che l'obiettivo di Orbán non sia più, come in passato, quello di usare l'Ucraina come merce di scambio per ottenere qualche concessione favorevole all'Ungheria. Il premier ungherese viene descritto come “emotivo”, “vendicativo”, “determinato a dimostrare che non crede nel progetto europeo” e “pronto a minare il sistema a pochi mesi dalle elezioni europee”. Che sia per fare un favore a Vladimir Putin, per vendicarsi dell'isolamento in cui si ritrova o per la volontà di danneggiare l'Ue, Orbán potrebbe andare fino in fondo paralizzando l'Ue sull'Ucraina. La visita di Michel a Kyiv doveva servire a gestire le aspettative di Ucraina e Moldavia. La Commissione ha raccomandato di avviare i negoziati di adesione con i due paesi, ma nel suo rapporto ha inserito una clausola che può essere utilizzata da Orbán e altri per rinviare la decisione a marzo del 2024. Nell'Ue funziona così: a volte serve lo choc di un mancato accordo per arrivare a un accordo al vertice seguente. Ma Michel si è sentito rispondere da Volodymyr Zelensky che un fallimento a dicembre sarebbe pessimo per il morale degli ucraini, che si preparano a un secondo inverno difficile, e potrebbe trasformarsi in una “vittoria extra” per Putin, maestro nell'arte della pazienza strategica. “Se l'Ue non prenderà decisioni rapide l'impatto sulla società ucraina sarà molto negativo”, spiega al Foglio una fonte ucraina. Secondo Kyiv una mancata decisione al Consiglio europeo sugli aiuti finanziari e militari potrebbe condizionare anche le scelte degli Stati Uniti, paralizzati dalle divisioni dei repubblicani alla Camera dei rappresentanti.

 

Tornato da Kyiv, Michel si è convinto che un fallimento il 14 e 15 dicembre potrebbe rivelarsi catastrofico, perché mostrerebbe al mondo l'inizio delle divisioni interne all'Ue sull'Ucraina. Putin potrebbe interpretare la paralisi come un assegno in bianco. In gioco c'è il futuro della sicurezza in Europa. A Bruxelles definiscono quella di Michel con Orbán “una partita a poker”. A Budapest il presidente del Consiglio europeo vuole capire quali carte potrà giocarsi per tentare di trovare una soluzione in meno di tre settimane. Oltre alla discussione strategica sull'Ucraina, il premier ungherese ha altre due richieste. La prima sono i fondi dell'Ue che sono stati congelati per le violazioni dello stato di diritto. La Commissione ha appena proposto di sbloccare 920 milioni di euro di prefinanziamento di una parte del Pnrr ungherese. Ma è un'inezia rispetto ai 32 miliardi di euro che spetterebbero all'Ungheria da NextGenerationEu (10 miliardi) e dalla politica di coesione (22 miliardi). La seconda è la testa di Ursula von der Leyen. Orbán vuole la garanzia che non sarà scelta per un secondo mandato alla testa della Commissione dopo le elezioni europee di giugno. Il calendario elettorale gioca a favore di Orbán (e di Putin) e contro l'Ucraina. A marzo, a tre mesi dal voto, sarà più complicato convincere tutti i leader a mettere mano al portafoglio per finanziare Kyiv e ad avviare i negoziati per un'adesione ucraina che comporterà sacrifici. Subito dopo l'Ue entrerà in un periodo di ibernazione per le elezioni europee e il rinnovo delle cariche. Nel frattempo nei Paesi Bassi potrebbe arrivare alla testa del governo Geert Wilders, alleato di Orbán contro l'Ucraina. In caso di fallimento a dicembre, non è escluso che Michel convochi un Consiglio europeo straordinario a gennaio.