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L'analisi

È possibile aiutare Israele e Ucraina insieme? I calcoli e le differenze degli alleati

Giorgio Arfaras

Un paese grande e uno piccolo, un impegno maggiore e uno minore, le risorse e le tensioni politiche per sostenere le due battaglie per la democrazia

Da dove sorge il nodo del finanziamento da parte delle democrazie occidentali dell’Ucraina e di Israele? Dal finanziamento della guerra contro le diverse forme di autocrazia, che è una battaglia democratica, e dalla forbice che i belligeranti non riescono a chiudere con le risorse proprie fra le maggiori spese militari e le minori entrate fiscali che in guerra non possono che  contrarsi. Questi i tratti in comune, poi si hanno le differenze che sono molto marcate.

La differenza di natura bellica. L’Ucraina sta combattendo contro un esercito molto più numeroso che ha a supporto un’economia molto più forte. Israele sta conducendo un’operazione contro un’insurrezione avendo una superiorità schiacciante. Al confine settentrionale affronta anche la minaccia degli Hezbollah, ma di nuovo Israele ha un enorme vantaggio militare. La situazione è diversa da quella del 1973, l’altra guerra del Kippur, quando Israele dovette affrontare l’invasione degli eserciti della Siria e dell’Egitto, sostenuti dall’Unione sovietica. Oggi l’Egitto e la Siria sono piuttosto mal messi, mentre le eventuali risorse della Russia sono bloccate in Ucraina.

La differenza di natura economica. Gli ucraini sono oltre quaranta milioni con un pil (ante guerra) di oltre duecento miliardi di dollari, Israele ha un pil (ante guerra) inferiore ai cinquecento miliardi di dollari con meno di dieci milioni di abitanti. Questa enorme differenza contribuisce a spiegare il diverso impegno finanziario richiesto agli alleati occidentali che va in ogni caso messo  in termini percentuali, che è come dire che si stempera molto. Infatti, il pil, degli alleati, è pari a oltre quarantamila miliardi di dollari, che è come dire quaranta volte quello dei due belligeranti. Agli alleati, data l’enorme differenza di ricchezza fra i belligeranti, è richiesto un maggiore impegno per l’Ucraina e minore per Israele. Infine, lo scopo degli aiuti. Per l’Ucraina servono per la sopravvivenza come paese democratico, che possa integrarsi con quelli simili, per Israele servono per il mantenimento della superiorità militare necessaria per  la sopravvivenza in un’area ostile.

Del finanziare gli aiuti ai due paesi. Se si ha un margine di risorse potenziali grazie alle quali un’espansione del bilancio pubblico in deficit non incrementa l’inflazione, oppure se si ha la volontà di ridistribuire le risorse tra i settori e tra i cittadini, allora i vincoli di bilancio non sono poi così  vincolanti. Nel primo caso, infatti, si ha un’espansione del bilancio pubblico che lascia sostanzialmente inalterati i rapporti fra chi usufruisce della spesa pubblica e chi la finanzia con le imposte e con l’acquisto del debito. Nel secondo caso, si ha una ben maggiore tensione politica. I bilanci pubblici incorporano, infatti, interessi di varia natura, dove si combattono battaglie a favore e contro quelli di questi e di quelli che sono organizzati o si organizzano. Se le cose stanno così, allora la questione non è se le democrazie possano o meno permettersi di aiutare a fondo l’Ucraina e sostenere Israele, perché possono sempre farlo, ma in che misura, avendone i mezzi, lo dovrebbero fare. Osservando le vicende economiche in questo modo, vale a dire non paludando le decisioni politiche dietro i vincoli di bilancio, si possono affrontare direttamente e in modo trasparente le questioni politiche e strategiche.

Le polemiche sui finanziamenti. Nel caso degli Stati Uniti, i repubblicani sono scettici quando si tratta di aiuti all’Ucraina, ma non lo sono o lo sono molto meno  nel caso degli aiuti a Israele. Si potrebbe pensare che nella scelta siano in gioco i minori oneri richiesti per aiutare il secondo dei due belligeranti, il tutto entro una rinnovata strategia isolazionista. Nel caso italiano, le polemiche sui finanziamenti sono quelli per l’Ucraina e seguono lo schema “niente armi all’ Ucraina, fate la pace, salvate le vite”. Non spendendo per le armi, ecco che, secondo questo punto di vista, si possono usare quei soldi per soddisfare dei bisogni più importanti e soprattutto pacifici, come costruire degli asili nido. Emerge un comportamento interessante. Chi solitamente denuncia i vincoli di bilancio come un limite al benessere, Bruxelles la matrigna a destra, oppure la globalizzazione che riduce il peso dello stato sociale a sinistra, ora li usa per frenare una diversa allocazione delle spese. Allocazione per gli aiuti all’Ucraina che si potrebbe avere, come ricordato prima, o espandendo la spesa in deficit, o riducendo, l’altra opzione di cui però si parla poco, le spese volte solo a ottenere il consenso delle clientele.

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