Elizabeth Tsurkov nel video trasmesso lunedì 

l'altro ostaggio

L'israeliana Elizabeth Tsurkov rapita in Iraq compare in un video e attacca Netanyahu

Luca Gambardella

La ricercatrice catturata a marzo diventa uno strumento di pressione dell'Iran per tentare di costringere Israele a smettere di bombardare Gaza

Lontana da Gaza, nascosta da qualche parte fra l’Iraq e l’Iran, c’è un altro ostaggio israeliano catturato dalle milizie filo iraniane. E’ Elizabeth Tsurkov, catturata a Baghdad nove mesi fa e ricomparsa lunedì in una sorta di “confessione” trasmessa da una tv irachena. La tempistica del video e le parole pronunciate dalla ricercatrice dell’Università di Princeton, in Iraq per motivi di studio, potrebbero dimostrare che l’Iran voglia usarla come ulteriore strumento di pressione affinché Israele fermi la sua offensiva a Gaza. Nel videomessaggio, della durata di circa quattro minuti, Tsurkov è seduta sul divano, indossa una camicia nera e ha i capelli sciolti. Parla in lingua ebraica, con sottotitoli in arabo, quasi esclusivamente della guerra a Gaza. Sono questi i due elementi che lasciano intendere che il video è stato registrato dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso e che il suo principale destinatario è proprio Israele. Tsurkov si rivolge direttamente ai famigliari degli ostaggi catturati da Hamas, a cui chiede di “sforzarsi costantemente per  fermare la guerra a Gaza, per il bene dei vostri figli e delle vostre figlie. Se volete che tornino a casa vivi, la guerra deve finire”. 

 

Prima ancora, la 37enne “confessa” di essere un’agente del Mossad e della Cia, di avere lavorato anche in Siria in passato facendo da intermediario fra le milizie curde e le forze armate israeliane. Afferma anche di essersi spostata in Iraq dove, sempre per conto dei servizi israeliani e americani, avrebbe sobillato le proteste del 2019 fra le fazioni sciite irachene per “aumentare il disaccordo fra di loro”. L’ipotesi che Tsurkov fosse un’agente dei servizi segreti è stata smentita da tempo sia da Gerusalemme sia da Washington e secondo molti suoi colleghi accademici è del tutto inverosimile. Eppure la sua “autoaccusa” è pronunciata con una freddezza che ricorda quella di altri video che  anni fa avevano come protagonisti detenuti occidentali finiti nelle mani dello Stato islamico. Fra questi c’erano quelli di John Cantlie, fotogiornalista britannico rapito dal Califfato ormai 11 anni fa e reclutato – probabilmente con l’uso della forza – per girare dei “documentari” che volevano raccontare quanto fosse felice la vita nei territori dello Stato islamico. Così come faceva Cantlie nei suoi video, in cui si diceva disgustato dall’occidente e accusava il governo del suo paese di averlo abbandonato, così anche Tsurkov accusa il premier israeliano Benjamin Netanyahu di essere uno “stupido”, la sua politica “catastrofica” e gli sforzi fatti per liberarla insufficienti.

 

Nessun elemento fa capire dove sia detenuta, ma sul fatto che Tsurkov sia sotto il controllo delle milizie filo iraniane rimangono pochi dubbi. Di quale con esattezza è però ancora difficile da stabilire. L’emittente irachena che ha trasmesso il suo video è al Rabia’a Tv che appartiene Ghazwan Jasim, un giornalista iracheno inviso all’opposizione sadrista e che coltiva invece legami profondi con l’Iran. All’indomani del rapimento di Tsurkov, i sospetti erano caduti subito su Kataib Hezbollah, la milizia filo iraniana considerata dagli americani un’organizzazione terroristica e che risponde direttamente al paese degli ayatollah. La milizia però è stata inglobata nell’esercito iracheno e gestisce una sua emittente televisiva, al Etejah Tv. Per questo, secondo alcuni osservatori, se fosse stata Kataib Hezbollah a rapire Tsurkov avrebbe trasmesso il video della detenuta sul proprio canale tv. Lo scorso marzo, Netanyahu aveva detto di ritenere il governo iracheno “direttamente responsabile” della sorte della Tsurkov. Ma è probabile che il premier filo iraniano, Mohammed Shia’ al Sudani, non abbia avuto alcun ruolo nel rapimento e che invece si sia ritrovato a subire una decisione presa in Iran, che dalla sconfitta dello Stato islamico in avanti è il vero deus ex machina di quanto avviene a Baghdad.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.