La ricercatrice russo-israeliana Elizabeth Tsurkov 

catturata a Baghdad

Una studiosa israeliana rapita in Iraq è ostaggio della guerra segreta tra Iran e Israele

Luca Gambardella

Elizabeth Tsurkov è stata catturata dalla Kataib Hezbollah, il braccio armato e politico che Teheran brandisce contro jihadisti e americani

Il rapimento di una ricercatrice israeliana in Iraq apre un nuovo capitolo della guerra che Iran e Israele si combattono nell’ombra. Elizabeth Tsurkov, 36 anni, nata a San Pietroburgo ma dal doppio passaporto russo e israeliano, è stata rapita a Baghdad lo scorso marzo, all’inizio del mese sacro del Ramadan. Fino a pochi giorni fa, il centro di ricerca americano con cui collaborava, il New Lines Institute, e l’università per la quale stava preparando la tesi di dottorato, la Princeton University, hanno mantenuto il riserbo sul rapimento, nella speranza che la studiosa fosse liberata nel giro di poche settimane. Ora che la notizia è stata divulgata, emergono elementi che legano le sorti di Tsurkov alla guerra nascosta fra Iran e Israele.

 

 

Benjamin Netanyahu ha detto che la studiosa “è ancora viva” e in buona salute, ma che considera “l’Iraq responsabile della sua vita”. Il premier israeliano ha accusato in particolare Kataib Hezbollah, che letteralmente significa “battaglione del partito di Dio”. La milizia risponde direttamente all’Iran, sebbene sia stata inglobata nell’esercito iracheno, ed è stata formata durante l’occupazione americana del paese. La sua catena di comando risponde direttamente alle Forze al Quds dei Guardiani della rivoluzione di Teheran e gli Stati Uniti l’hanno iscritta nell’elenco dei gruppi terroristici sanzionati. Oggi la brigata è la più grande e strutturata fra quelle delle Forze di mobilitazione popolare, l’ombrello che riunisce le milizie che nel 2014 si sono coalizzate per combattere lo Stato islamico. Dopo avere avuto un ruolo decisivo nella guerra al Califfato in Iraq e Siria – dove è schierata al fianco del regime di Damasco – negli ultimi tempi, la brigata è tornata a colpire gli americani, come è avvenuto ad agosto dello scorso anno, quando la Kataib Hezbollah ha attaccato con un drone la base di al Tanf, in Siria, dove si trovano le truppe americane impegnate a combattere lo Stato islamico. Oggi, gli uomini della milizia sciita controllano i gangli vitali dell’Iraq, dall’intelligence ai partiti filo iraniani. Lo stesso primo ministro del paese, Mohammed Shia al Sudani, è considerato un uomo di Teheran e finora non ha fatto alcuna dichiarazione riguardo al rapimento.

 

Oggi, la milizia sciita ha dichiarato di non essere coinvolta e che farà di tutto per indagare sulle sorti dell’“ostaggio sionista”. Per la verità, come sa chi seguiva il suo decennale lavoro sul campo, Tsurkov è sempre stata critica nei confronti delle politiche dello stato ebraico nei confronti del mondo arabo e dei palestinesi in particolare. Secondo i media israeliani, la ricercatrice era stata messa in guardia sui rischi che correva restando in Iraq. L’ex premier iracheno, Mustafa al Kadhimi, aveva informato Russia e Stati Uniti che il lavoro sul campo svolto dalla studiosa la stava mettendo in pericolo. Per questo le autorità israeliane avevano consigliato a Tsurkov di lasciare l’Iraq il prima possibile. Secondo la legge israeliana, è illegale entrare in paesi nemici come l’Iraq, anche se presentando il passaporto di altri paesi, come fatto dalla ricercatrice che usava quello russo per entrare e uscire dal paese.

 

Tsurkov ha tutto ciò che serve per essere considerata “appetibile” da una milizia che rivendica la distruzione di Israele: è una cittadina israeliana, ha svolto il servizio di leva nello stato ebraico e lavora per i centri di ricerca americani. La sua ampia conoscenza della regione e il fatto che parli correntemente inglese, arabo, russo ed ebraico ha spinto una fonte dei servizi israeliani a smentire  le voci che volevano Tsurkov un agente del Mossad. Il timore è che ora sia stata trasferita in Iran, diventando così ostaggio del più ampio conflitto che Israele e Iran combattono nell’ombra da anni nella regione, dalla Siria al Libano fino al cuore di Teheran. 

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.