in cisgiordania

Israele avvia un'operazione massiccia a Jenin

Micol Flammini

Il campo profughi non è soltanto un rifugio di terroristi, ma anche un’officina gestita dall’Iran che Gerusalemme non controlla. Gli attacchi per bloccare l'evoluzione del terrorismo e le nuove armi

Poco dopo l’una di notte l’esercito israeliano ha avviato una massiccia operazione militare nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. L’operazione è potente per il numero di uomini dispiegati – sono coinvolti più di mille soldati – per l’intensità  e anche per l’obiettivo vitale: depotenziare il terrorismo a Jenin. L’operazione è iniziata con una serie di attacchi aerei contro quelle che Gerusalemme ha definito “infrastrutture del terrore”, inclusa una stanza utilizzata da vari gruppi armati della città. Secondo i palestinesi, sono morte otto persone e almeno ventisette sono ferite.  I media israeliani hanno identificato le vittime come membri di gruppi armati che operavano nella città e preparavano attentati contro Israele. Dopo l’attacco iniziale, sono continuate le incursioni con i droni che hanno colpito anche depositi e fabbriche di armi, questo è stato un elemento di novità perché era da anni che Gerusalemme non ricorreva all’utilizzo dei droni in Cisgiordania. Gli scontri sono stati anche sul terreno, i soldati sono entrati con mezzi corazzati, e ci sono stati scambi di colpi di arma da fuoco tra l’esercito israeliano e milizie palestinesi, gli scontri più forti sono stati attorno alla moschea di Jenin, dove i soldati israeliani sono riusciti a localizzare e neutralizzare due depositi di esplosivo grazie all’aiuto dello Shin Bet. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha detto che gli attacchi hanno “inferto un duro colpo alle organizzazioni terroristiche” e ha definito “impressionanti” i risultati raggiunti. In molti hanno definito l’operazione a Jenin come la più grande degli ultimi vent’anni, lo stesso esercito l’ha definita su vasta scala con l’obiettivo di “contrastare il terrorismo”. Gli attacchi si sono concentrati sul campo profughi della città, dove la densità abitativa è molto alta, le persone che abitano in mezzo chilometro quadrato sono 14 mila e  il campo di Jenin è il rifugio di centinaia di terroristi del Jihad islamico e di Hamas. I due gruppi armati hanno aumentato la pressione dei loro attacchi e  Israele registra da tempo un coordinamento maggiore e ritiene che la regia sia dell’Iran. 

 

Nella lettera inviata alle truppe prima del lancio dell’operazione, il generale Avi Blot, capo della divisione militare della Cisgiordania, ha scritto che l’obiettivo degli attacchi a Jenin era “cambiare la situazione” nella città. Muoversi, aumentare la pressione per ottenere dei risultati definitivi che siano anche un segnale all’Iran. Ha scritto Blot: “Agli occhi del nemico, il campo profughi è diventato ‘una città rifugio’ e la libertà di azione dell’esercito israeliano nell’area è messa in discussione”. Agire subito per evitare di non poter più agire in futuro nell’impenetrabile Jenin. La missione, quindi, secondo le parole del generale serve a “creare un controllo operativo, contrastare e arrestare i terroristi, distruggere le infrastrutture nemiche e confiscare le armi”. Blot chiama l’operazione Bayit Vegan, che vuol dire “casa e giardino”, ma è anche il nome di uno dei quartieri di Gerusalemme. L’esercito israeliano ha invece insistito sul fatto che l’operazione non ha ancora un nome ufficiale. 
 
Le operazioni a Jenin non sono una novità, il livello di insicurezza che Israele ha sperimentato nell’ultimo periodo è  preoccupante. I nemici dello stato ebraico hanno anche cercato di approfittare delle manifestazioni contro il governo e contro la legge sulla Giustizia:  anche oggi all’aeroporto  si sono radunati dei manifestanti e ne sono stati arrestati 15 durante. L’Iran è riuscito a legare i gruppi terroristi, i contatti tra i leader dei gruppi armati sono frequenti. Si tratta di un momento delicato per Israele, che spesso ha fatto ricorso a operazioni importanti per calmare e cambiare la situazione. Haaretz, uno dei giornali di opposizione e più duri nei confronti della coalizione  di Benjamin Netanyahu, nota però la differenza tra come il governo ha presentato l’operazione e come l’ha presentata l’esercito. Il primo ha detto che l’operazione richiederà tutto il tempo necessario e che l’obiettivo è riportare l’Autorità palestinese a Jenin. Il secondo ha cercato di presentare l’operazione come grande, eccezionale, ma limitata nel tempo a “24 o 48 ore” e negli obiettivi: alle “infrastrutture terroristiche”. In realtà c’è stato un momento preciso in cui tutto è cambiato e ha fatto nascere la necessità dell’operazione. Due settimana fa, durante un raid di routine nel campo profughi, degli uomini hanno sorpreso i soldati israeliani con degli ordigni più grandi e sofisticati. Quest’operazione serve a dare un segnale e anche a fermare i fabbricanti di bombe e distruggere le loro officine è una priorità operativa per Gerusalemme.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.