Prendere sul serio papà Schlein quando ricorda chi sono i cattivi maestri su Israele

Claudio Cerasa

Ha ragione Melvin Schlein a ricordarlo alla figlia, e dovrebbero ascoltarlo anche gli elettori del Pd: la soluzione dei due popoli e due stati non c'è perché sono state le autorità palestinesi a dire sempre di no. Breve ripasso

I giornali che amano poco la segretaria del Partito democratico hanno utilizzato le frasi sul conflitto in medio oriente concesse al Corriere del Ticino da Melvin Schlein, papà di Elly, per tentare di screditare la leader del Pd. Ragionamento: vedete? Nemmeno il papà di Schlein crede a quello che dice la figlia, perché mai dovrebbero crederle gli elettori? Il ragionamento è suggestivo ma rischia di far passare in secondo piano il merito di due affermazioni importanti di Melvin Schlein, già professore di Scienze politiche, una lunga carriera chiusa alla Franklin University di Lugano, figlio di ebrei ashkenaziti fuggiti nel 1913 dall’allora Impero austro-ungarico. Papà Schlein andrebbe elogiato più che per ragioni di opportunismo per la qualità delle sue affermazioni, che meriterebbero di essere ascoltate con attenzione non solo dalla figlia ma anche dai suoi elettori. Sia quando dice che “una certa parte della sinistra purtroppo ha finito per unirsi alle file dell’antisemitismo storico, quello di destra che è sempre lì, non se n’è certo andato, ed è un male che ci portiamo dietro, sempre pronto a risvegliarsi e ora ha trovato nuova forza”. Sia quando ricorda un’altra verità difficile da digerire per tutto quel fronte politico e culturale che ha deciso di mettere sotto processo la storia di Israele facendo proprio un pensiero divenuto mainstream: se in medio oriente ci fossero due popoli e due stati, la guerra non ci sarebbe e la ragione per cui invece la guerra vi è oggi è legata al fatto che Israele ha scelto di martoriare il popolo palestinese, negandogli l’opportunità di avere uno stato proprio.

 

Melvin, gran nome, dice che le cose non stanno così: “Tutti parlano della soluzione dei due stati. Anche Elly, ma io le ho detto: ci credo poco. Implicherebbe una strutturazione delle relazioni e un riconoscimento istituzionale che una parte della società araba non può accettare”. Sintesi scorretta: i due popoli e i due stati non ci sono perché sono state le autorità palestinesi a dire sempre di no.

 

Breve ripasso. Nel 1937, ci provò la Commissione Peel, in Gran Bretagna, a cercare una strada per istituzionalizzare una cooperazione tra arabi ed ebrei in medio oriente. All’epoca, il Gran mufti di Gerusalemme Mohammad al Husseini, leader degli arabi palestinesi con buone entrature tra i nazisti tedeschi, rifiutò l’idea di uno stato ebraico, promise che se tale stato fosse stato creato avrebbe fatto di tutto per espellere fino all’ultimo ebreo da uno stato arabo palestinese. Dieci anni dopo, nel 1947, fu ancora il Mufti a rifiutare il piano di spartizione delle Nazioni Unite, convinto che “alla maggior parte dei residenti delle terre ebraiche non deve essere concessa la cittadinanza nel nostro futuro paese”. Dal fiume al mare, come si direbbe oggi. Nel 2000, a Camp David, il primo ministro israeliano Ehud Barak offrì a Yasser Arafat una serie di concessioni nette: uno stato palestinese nella Striscia di Gaza e in parte della Cisgiordania con capitale a Gerusalemme est, il ritorno di un limitato numero di profughi, un indennizzo per gli altri, la demilitarizzazione dello stato palestinese. Arafat disse di no. Nel 2008, il primo ministro israeliano Ehud Olmert offrì al presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, un ritiro quasi totale dalla Cisgiordania a favore di uno stato palestinese, propose che Israele mantenesse il 6,3 per cento del territorio, promise di risarcire la controparte con territori israeliani equivalenti a un 5,8 per cento della Cisgiordania e di creare un collegamento fra Cisgiordania e Striscia di Gaza per dare continuità allo stato di Palestina. Risposta di Abbas: no.

 

Più che usarlo contro la figlia, Melvin Schlein andrebbe dunque preso sul serio per una ragione semplice. Perché ristabilisce le coordinate giuste per capire le origini del conflitto, perché demolisce con un passaggio anni di retorica demonizzante di Israele e perché aiuta a ricordare che quando si parla di Israele i cattivi maestri sono tutti coloro che scelgono di usare la memoria selettiva per diffondere una menzogna. Viva Schlein senior.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.