I trumpiani vogliono sfaldare la politica di Biden a favore di Israele e dell'Ucraina

Paola Peduzzi

La frangia di repubblicani all’attacco che usa la copertina di Time contro gli aiuti a Kyiv

Al nuovo speaker del Congresso americano, Mike Johnson, l’articolo di copertina della rivista Time sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky deve aver fatto un gran piacere: eletto la settimana scorsa dopo che molti altri candidati sono stati bocciati, Johnson, deputato conservatore della Louisiana, ha annunciato di voler introdurre questa settimana una proposta di legge per stanziare gli aiuti a Israele ma non all’Ucraina. Lo speaker non condivide la strategia del presidente Joe Biden, che ha chiesto al Congresso l’approvazione “urgente” di un pacchetto di aiuti di 105 miliardi di dollari per Israele e per l’Ucraina e per Gaza – tra cui: 14,9 miliardi di aiuti militari al governo israeliano; 61,4 miliardi di aiuti militari e finanziari all’Ucraina; 9 miliardi di aiuti umanitari per Israele, Gaza e l’Ucraina; i fondi restanti sono destinati al contenimento della Cina in particolare verso Taiwan e alla sicurezza dei confini americani.

 

Per Biden si combatte su più fronti la stessa battaglia, per Johnson e l’ala trumpiana del Partito repubblicano la difesa dell’Ucraina è una fissazione del presidente, non una necessità per la sicurezza globale.  Alla divisione politica si aggiunge la retorica del pessimismo che ha travolto Kyiv di cui l’articolo di Time è l’espressione più visibile di questi giorni. Simon Shuster, giornalista russo con base a New York che ha passato molto tempo in Ucraina nell’ultimo decennio, ha raccontato “la battaglia solitaria” di Zelensky in cui questa solitudine riguarda praticamente tutto: il presidente ucraino ha perso sorriso e ironia, scrive Shuster, la parola che lo definisce è “arrabbiato”, si sente abbandonato dagli alleati internazionali esausti e insofferenti, ma anche da molti suoi collaboratori che ha smesso di ascoltare soprattutto quando gli ripetono che bisogna cambiare strategia, ma lui ostinato non ne vuole sapere, dice che “nessuno crede nella vittoria quanto me, nessuno” (che è anche il titolone sulla copertina di Time), e tira dritto. Ci sono dei particolari mortificanti che hanno fatto reagire molti ucraini: questo racconto non rappresenta noi né chi guida il nostro paese, hanno detto. Una fonte anonima – tranne Zelensky  e Andriy Yermak, che parla direttamente a Shuster, tutti gli altri “collaboratori” sono citati in forma anonima e anche questo metodo è stato molto criticato  – dice riguardo al fronte: “Non ci muoviamo in avanti”.

 

Shuster prosegue: “Alcuni comandanti  hanno iniziato a non eseguire gli ordini di muoversi in avanti, anche quando tali ordini arrivano direttamente dall’ufficio presidenziale. Vogliono soltanto starsene seduti in trincea e mantenere il fronte”, dice, “ma così non si può vincere la guerra”. Nella parte finale, un “collaboratore stretto” di Zelensky dice che anche se gli Stati Uniti e gli altri alleati consegnassero tutte le armi che hanno promesso, “non abbiamo gli uomini per utilizzarle”. Shuster si dilunga sulla corruzione nell’arruolamento e poi sulla corruzione e sulla burocrazia scrive: “Viste le enormi pressioni per sradicare la corruzione ho pensato, forse ingenuamente, che i funzionari ci avrebbero pensato due volte prima di prendere bustarelle o intascarsi i soldi dello stato. Ma quando ho detto questa cosa a un alto consigliere del presidente a inizio ottobre, mi ha chiesto di spegnere il registratore per parlare più liberamente: ‘Simon, ti sbagli’, ha detto, ‘la gente ruba come se non ci fosse un domani’”. Considerando che proprio la destinazione degli aiuti internazionali è un tema molto sentito nei parlamenti occidentali, considerando che la settimana prossima la Commissione europea deve dare il suo parere sui progressi fatti dall’Ucraina per iniziare i colloqui dell’allargamento e la lotta alla corruzione è cruciale, considerando che il costo umano pagato dagli ucraini in questa difesa dall’aggressione russa – un costo che è unicamente dell’Ucraina – queste citazioni sono oltremodo insultanti, oltre che un alibi perfetto per chi vuole diminuire se non sospendere gli aiuti a Kyiv: se nemmeno gli ucraini vogliono combattere, se nessuno si fida più di Zelensky nemmeno tra i suoi, perché dovremmo farlo noi?

 

In audizione al Senato ieri, il segretario di stato Antony Blinken e il capo del Pentagono Llyod Austin hanno dato una risposta a questa domanda: senza il sostegno americano, Vladimir Putin vincerà la guerra in Ucraina. “Prima o poi – ha detto Austin – Putin sfiderà la Nato e ci ritroveremo in  guerra aperta”. L’audizione è stata interrotta da una protesta del gruppo femminista Code Pink che ha gridato: “State finanziando il genocidio, cessate il fuoco subito, lasciate vivere Gaza” e ha alzato le mani colorate di rosso sangue. Blinken ha ribadito che Israele deve essere messo in grado di difendersi nel rispetto delle leggi internazionali. Alla festa di Halloween alla Casa Bianca, il segretario di stato ha portato i suoi figli: uno era vestito come Zelensky, l’altra aveva un vestito dei colori dell’Ucraina.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi