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scontro fra civiltà

Contro Israele un'alleanza di regimi forti e pensiero debole. Il nuovo asse del caos

Giulio Meotti

Mentre agli israeliani viene negato il diritto a difendersi, il "sud globale" si costituisce attorno all'ideologia anti-occidentale 

Dopo il massacro del  7 ottobre – che Kostantin Kisin ha definito “il giorno in cui le illusioni sono morte” – si è creata una strana alleanza. Praticamente tutti i poli della Ummah islamica sono all’assalto dello stato ebraico che ancora conta i 1.400 morti e i feriti: il Qatar, ricchissimo giano bifronte, con le sue basi militari americane e Ismail Haniyeh appollaiato negli hotel di Doha da cui chiede ai palestinesi di Gaza un grande pegno di sangue di “donne, vecchi, bambini”; l’Iran, stratega del jihad ai confini nord e sud d’Israele, ancora saldo al potere dopo impressionanti sollevazioni e repressioni interne; la Turchia, il secondo esercito della Nato, che tratta sottobanco e intanto sostiene Hamas in quanto “liberatori”, riedizione della Flotilla del 2010 che Erdogan finanziò per “liberare Gaza”; i saggi teologici di al Azhar, che chiamano la Ummah a unirsi ad Hamas; il Pakistan e gli altri poli musulmani, con le loro adunate oceaniche. 

Russia e Cina gongolano dopo il 7 ottobre: la prima per distogliere lo sguardo occidentale dal fronte ucraino, la seconda per far vacillare un altro pezzo dell’ordine occidentale. Eurasia e neo-maoisti, potenze cosiddette “revisioniste” che rifiutano di condannare Hamas e cercano di far pendere gli stati del medio oriente nel loro campo, come avvenne già nella Guerra fredda. 

Un asse del caos i cui leader pensano che sia giunto il loro momento. In questo contesto pericoloso, a Israele viene negato il diritto all’autodifesa. Non esitano a invocare la “democrazia”, argomento volto soltanto a sublimare l’impotenza politica e militare. E per delegittimare Israele, giocano al relativismo e mettono sullo stesso piano uno stato e un movimento islamo-terrorista, costruendo così ponti con le piazze europee. L’occidente è chiamato a farsi da parte di fronte al “sud globale” e a ritirarsi, geograficamente e simbolicamente. E poi c’è l’Onu, il mega teatro umanitario, il ventriloquo della coscienza occidentale e della sua “religione dell’umanità” (Pierre Manent) che non è mai stato così apertamente schierato contro Israele, fino a insinuare una giustificazione morale e politica per i 1.400 morti in Israele e il giorno dopo accogliere a New York con Guterres la diplomazia iraniana. Questo “sud globale” prende così forma, non come attore geopolitico, ma come campo di forze e spazio di risonanza della propaganda antioccidentale. E su quest’alleanza di regimi forti si innesta l’aiuto delle schegge impazzite del pensiero debole dei Gianni Vattimo, il filosofo che disse di voler “sparare a quei bastardi sionisti”. 


Al centro di questa contraddizione c’è la tendenza all’interno dei movimenti progressisti a dividere il mondo fra oppressi e oppressori e a procedere da lì in modo unico per tutti. Chiedono “spazi sicuri” per gender, queer, Lgbt, neri etc. ma non trovano scandaloso massacrare gli israeliani, anzi, sembrano gioirne. Hamas lancia missili da tre settimane su Tel Aviv – una delle città più “gay-friendly” del mondo – e i paladini dei diritti cantano “Free Palestine from the river to the sea”.  In un drammatico post sui social Gad Saad, studioso ebreo nato e cresciuto in Libano, diventato un biologo evoluzionista in Canada e che ha un enorme seguito online, scrive: “Sono una persona molto ottimista e un combattente per i valori e le libertà occidentali; sono un difensore della scienza, della ragione e del buon senso. Devo dire però che non sono sicuro che l’occidente possa riprendersi dal suicidio di civiltà su più fronti. Sì, ho parlato di questi problemi per decenni e ho scritto un libro al riguardo, ma le ultime settimane hanno cristallizzato la misura in cui il problema è diventato intrattabile. Sarà una fine lunga e in definitiva sanguinosa e l’occidente sarà la prima società nella storia ad autoimplodere completamente a causa del suo autosequestro ideologico. È una gigantesca tragedia greca che plasmerà il futuro dell’umanità. Questa non è un’iperbole. I vostri nipoti pagheranno un prezzo molto alto per la vostra arroganza ‘progressista’ radicata nella ricerca dell’Unicornia”. 

Gli emiri che giocano a fare i pompieri e i piromani, l’autocrate russo che vuole ricostruire l’impero zarista, il “presidente a vita” cinese, gli ayatollah che brandiscono la bandiera degli eredi del Mahdi, il presidente turco che vorrebbe essere il nuovo sultano (“dall’Adriatico alla Grande Muraglia” dice Erdogan) e gli ideologi di Unicornia: ognuno di loro, tassello dell’asse del caos, ha interesse e ideologia comuni per voler vedere sanguinare l’israeliano, questo “super-occidentale”.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.