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L'editoriale del direttore

Delegittimare Israele legittimando l'odio

Claudio Cerasa

La tesi dell'Onu non è una gaffe, ma il frutto di un’ideologia avvelenata portata avanti da anni

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ieri si è detto “scioccato” per le “interpretazioni errate” delle sue dichiarazioni su Israele. E si è chiesto, stupito, come diavolo sia possibile irritarsi per frasi come quelle pronunciate due giorni fa, quando, con linearità, Guterres ha detto che il terribile attacco del 7 ottobre di Hamas sia avvenuto “dopo che i palestinesi sono stati sottoposti a 56 anni di soffocante occupazione”. Guterres, da un certo punto di vista, ha ragione a stupirsi. Perché le frasi del segretario dell’Onu non sono equivocabili, non sono frutto di improvvisazione, ma sono il riflesso perfetto di una ignobile e sistematica campagna istituzionale con cui le Nazioni Unite tentano da anni di fare quello che meglio riesce loro: delegittimare Israele, legittimando l’odio nei suoi confronti.

Dire che le azioni di Hamas sono avvenute in seguito ai soprusi che Israele avrebbe perpetrato nei confronti dei palestinesi è purtroppo parte della stessa cieca narrazione a cui si abbeverano da decenni i paesi islamici che considerano i terroristi di Hamas dei “liberatori” (lo ha detto ieri il presidente turco Erdogan) e che sognano di spazzare via Israele dalla mappa geografica (Hamas è un movimento che cerca “solo di difendere la sua madrepatria”, ha detto Ali Khamenei, Guida suprema dell’Iran, paese che impicca gli omosessuali, che finanzia il terrorismo e che reprime con la forza le donne che si rifiutano di indossare l’hijab, e a cui, vista la sensibilità sul tema dei diritti, l’Onu ha appena affidato la guida del Consiglio per i diritti umani per il Social forum che verrà organizzato il prossimo novembre). È una narrazione in base alla quale i terroristi agiscono “per reagire” a qualcosa e non, invece, per agire contro qualcosa, spinti dall’ideologia islamista che legittima l’uccisione degli infedeli in quanto infedeli, la deportazione degli ebrei in quanto ebrei. Nulla di nuovo, purtroppo, perché l’approccio scelto dall’Onu, negli ultimi anni, è sempre stato coerente con le frasi di Guterres. Nel 2022, l’Onu ha approvato più risoluzioni critiche contro Israele che nei confronti di tutte le altre nazioni messe insieme (15, quasi il triplo della Russia che ne ha ricevute 6)

Qualche anno prima, nel 2001, l’Unesco, organo dell’Onu, organizzò in Sudafrica una conferenza periodica contro il razzismo, infischiandosene del modo in cui i paesi islamici avevano trasformato quell’appuntamento in una occasione per accusare Israele di essere un paese nazista (Durban, ricordate?). Qualche anno prima ancora, nel 1975, le Nazioni Unite accettarono di votare una famosa risoluzione (la 3379) in cui si sanciva che “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale” (ci vollero sedici anni per abolire quella risoluzione). E senza andare troppo in là nel tempo, è sufficiente leggere cosa ha scritto l’Onu due giorni fa, in un rapporto dedicato ancora una volta a Israele (commissione Pillay). Nel rapporto, l’Onu avalla la descrizione di Israele e dei gruppi terroristici presenti a Gaza come attori alla pari, “la Commissione ritiene che le autorità israeliane e i gruppi armati palestinesi non siano riusciti a prendere misure precauzionali efficaci per evitare vittime civili ovunque possibile”, ignorando il fatto che Israele è uno stato sovrano che rispetta il diritto internazionale mentre Hamas e il Jihad islamico sono gruppi armati fuorilegge che usano la popolazione civile come scudi umani, e sostenendo che è l’uso “crescente della forza” da parte di Israele che “scatena proteste, incoraggia una maggiore resistenza armata e porta a ulteriori attacchi da parte di gruppi armati palestinesi contro israeliani o forze di sicurezza israeliane”. Guterres ha ragione a stupirsi. Affermare che Israele sia responsabile della violenza contro Israele non è una gaffe ma è la posizione con cui da decenni l’Onu, giambrunianamente osserva Israele dicendo: se non ti ubriachi il lupo lo eviti, e se la smetti di difenderti, caro Israele, vedrai che nessuno ti farà più del male.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.