L'abbraccio di Biden a Netanyahu e lo sblocco degli aiuti a Gaza. “I terroristi non vinceranno”

Paola Peduzzi

Il nuovo paradigma dei rapporti di Washington con Israele è anche e soprattutto una comprensione della necessità del governo di Gerusalemme a difendersi

L’immagine dell’abbraccio di Joe Biden a Benjamin Netanyahu ha fatto il giro del mondo ed è il completamento di una strategia che il presidente americano ha adottato, come ha scritto Franklin Foer sull’Atlantic, dall’inizio del suo mandato: quando nel maggio del 2021, Hamas iniziò a lanciare missili contro Israele, Biden disse ai suoi collaboratori che non avrebbe adottato “il playbook tradizionale”, cioè mandare i suoi diplomatici a chiedere il cessate il fuoco, ma avrebbe compreso “l’ansia di Israele”, o come disse un funzionario della Casa Bianca a Foer, Biden voleva “abbracciare stretto Bibi” (anche Gideon Rachman, in un articolo di lunedì sul Financial Times, citava la strategia dell’“abbracciare stretto” Israele). Questo abbraccio c’è stato, davanti a tutti, assieme alla rassicurazione a tutto il popolo israeliano che “non è da solo”, che “gli Stati Uniti sono con voi nella difesa della libertà, nella ricerca di giustizia e nel sostegno della pace. Oggi, domani, e sempre, ve lo prometto” e che “i terroristi non vinceranno”. Biden ha condannato l’assalto brutale di Hamas a Israele del 7 ottobre, ha ribadito che il gruppo terroristico palestinese va sradicato, e ha detto che l’esplosione che ha colpito l’ospedale a Gaza City martedì sera “sembra essere stato fatto dagli altri e non da voi”, cioè non da Israele – ha poi precisato di aver fatto questa dichiarazione sulla base delle informazioni fornitegli dal dipartimento della Difesa americana. Subito dopo l’incontro di Biden con la war room  a Tel Aviv, il governo israeliano ha annunciato che consentirà l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza attraverso l’Egitto. 

 

Il governo di Netanyahu ha detto di voler dare seguito alla richiesta di Biden, consentendo l’ingresso di cibo, acqua e medicine per i civili nel sud della Striscia di Gaza fintanto che “queste forniture non raggiungeranno Hamas”. Questo era uno degli obiettivi della visita del presidente americano che insiste sul fatto che la difesa di Israele non è incompatibile con l’assistenza al popolo palestinese e che anzi è necessario isolare il gruppo terroristico dal resto della popolazione: Biden, e con lui il segretario di stato, Antony Blinken, che ha girato in lungo e in largo la regione, vuole che questo paradigma sia accolto anche dai paesi ai confini di Israele, ma per il momento l’unico a collaborare è proprio il governo israeliano. L’esplosione all’ospedale di Gaza, avvenuta mentre il presidente americano stava partendo da Washington, ha fatto saltare l’incontro previsto con il leader dell’Autorità palestinese Abu Mazen, il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e il re giordano Abdullah II: Biden ha cercato di recuperare con delle conversazioni telefoniche, ma senza ottenere molto. L’esplosione, che pure sembra essere stata causata da un lancio di missili del Jihad islamico, un gruppo terroristico che opera sia a Gaza sia in Cisgiordania, ha scatenato proteste contro le ambasciate americane e israeliane in molti paesi musulmani, con feriti e morti, e ancora mercoledì il Cairo diceva che non voleva assolutamente accogliere i palestinesi sul suo territorio. Gli aiuti sono diversi dalle persone naturalmente, e quindi l’iniziativa di Biden può avere un seguito – ed è urgente che lo abbia, visto che la Striscia è allo stremo.

 

Il presidente americano, nella sua politica dell’abbraccio che è anche e soprattutto una comprensione della necessità di Israele di difendersi, ha chiesto al governo di Gerusalemme di non farsi “consumare dalla rabbia”. In altri momenti questa frase sarebbe stata considerata irricevibile, soprattutto perché la rabbia è il leitmotiv della chiamata alle armi di Hamas, ma si è restaurata la fiducia tra gli alleati, tra l’America e Israele, nonostante i tanti dissapori, e ora Netanyahu è all’ascolto. Tornato a casa, Biden vuole far approvare al Congresso un aiuto da 100 milioni di dollari, “senza precedenti” ha detto, perché senza precedenti è l’attacco fatto da Hamas e anche questa sintonia su come si sconfiggono “le tenebre”, in nome della vita. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi