Mélenchon non condanna né menziona l'attacco di Hamas. L'ostilità verso Israele

Mauro Zanon

L'ambiguità del partito della gauche radicale francese in un comunicato in cui omette di indicare la responsabilità dell'organizzazione terroristica palestinese. Non è la prima volta che la France insoumise, primo partito di sinistra per numero di elettori, manifesta la sua antipatia per lo stato ebraico

Parigi. Sabato scorso, mentre sui media e sui social di tutto il mondo circolavano le immagini di morte e devastazioni provocate da Hamas, il partito della gauche radicale francese, la France insoumise (Lfi) di Jean-Luc Mélenchon, ha deciso di pubblicare un comunicato di 135 parole senza alcuna condanna né menzione dell’organizzazione terroristica islamista. “L’offensiva armata delle forze palestinesi guidate da Hamas si inserisce in un contesto di intensificazione della politica di occupazione israeliana a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est”, ha scritto la formazione giacobina, che guida la coalizione delle sinistre francesi in Parlamento (Nupes). Il comunicato, che relativizza quanto accaduto, usa una terminologia ambigua e lascia intendere che gli israeliani se la sono cercata, è stato immediatamente e duramente criticato dalle altre forze politiche dell’emiciclo francese. Ma su X, Mélenchon, il leader della France insoumise, ha rincarato la dose, affermando che “tutta la violenza scatenata contro Israele e a Gaza prova soltanto una cosa: la violenza produce e riproduce soltanto se stessa”, omettendo di indicare la responsabilità di Hamas.

 

Ancor più lontano si è spinto Louis Boyard, deputato vedette del partito mélenchonista: “È da troppo tempo che la Francia chiude gli occhi sulla colonizzazione e le violenze in Palestina”. All’interno di Lfi, c’è anche chi, come François Ruffin, esponente dell’ala moderata del partito, non ha condannato senza tergiversazioni “l’attacco di Hamas”. Ma la linea della dirigenza va in un senso che non può essere tollerato per un rappresentante della République. Il primo ministro francese, Élisabeth Borne, ha infatti denunciato le “ributtanti ambiguità” di Mélenchon e dei suoi compagni di partito, evocando una “forma di antisemitismo” malcelata. “Gli amici di Jean-Luc Mélenchon sono usciti definitivamente dall’arco repubblicano, legittimando il massacro dei civili. Quelli che giustificano la barbarie cui stiamo assistendo in Israele devono essere perseguiti per apologia di terrorismo”, ha tuonato il presidente dei Républicains (gollisti), Éric Ciotti.

 

Non è la prima volta che la France insoumise, il primo partito di sinistra in Francia per numero di elettori, manifesta la sua ostilità verso Israele. Lo scorso maggio, mano nella mano con il Partito comunista francese, i mélenchonisti hanno appoggiato una risoluzione che condannava il “regime di apartheid” che Israele avrebbe imposto ai danni dei palestinesi, chiedendo il boicottaggio dello stato ebraico. La risoluzione non ottenne abbastanza voti all’Assemblea nazionale francese, ma è emblematica della visione di Lfi nei confronti della questione israelo-palestinese. Peggio della formazione di Mélenchon hanno fatto soltanto il Partito degli Indigeni della Repubblica e il Nuovo partito anticapitalista, con cui comunque Lfi ha rapporti e convergenze ideologiche. “La Resistenza palestinese, che sta portando avanti la sua azione con fede e determinazione in condizioni eroiche, ha tutta la nostra fraternità militante in queste ore terribili. La Palestina vincerà e la sua Vittoria sarà la nostra”, ha scritto su X il Partito degli Indigeni della Repubblica, postando un disegno ritraente i combattenti di Hamas che si introducono nel territorio israeliano con gli Ulm. Il Nuovo partito anticapitalista, guidato dall’ex candidato alle presidenziali Philippe Poutou, ha espresso il suo sostegno ai palestinesi, parlando di “resistenza” e invocando l’“intifada”.