Lo squarcio di Hamas

Il confine di Gaza, la conta dei morti (più di 900) e la mediazione del Qatar per gli ostaggi

Paola Peduzzi

I numeri sono impressionanti e se testimoniano l’impreparazione delle forze israeliane raccontano anche una consuetudine con la convivenza che ora non ci sarà più

State sdraiate e tenetevi la mano, ha detto Uri alle sue due figlie prima che il rumore degli spari e un urlo in arabo interrompessero la telefonata. Le due bambine sono state prese in ostaggio da Hamas sabato, nell’assalto furioso nel sud di Israele: come tutti gli altri, più di cento, non si sa dove siano. Gli ostaggi sono stati sparpagliati dentro Gaza, il Jihad islamico dice di averne in custodia una trentina.  Forse alcuni sono nei tunnel tra Gaza e Israele, altri sono stati uccisi dal gruppo terroristico e altri verranno uccisi dalle forze di Israele, Hamas dice che è già successo con quattro di loro: non si sa se sia vero, ma  i terroristi vogliono far sì che tutti credano che il governo israeliano ammazza i suoi cittadini pur di vendicarsi. Ieri le forze israeliane hanno liberato una signora anziana e il suo badante uccidendo i terroristi che li avevano sequestrati. Il video ha dato un po’ di sollievo ma ha anche convinto  Uri e gli altri famigliari degli ostaggi a rinnovare l’appello al governo di Israele: non intervenite a Gaza. Hamas sfrutta questa pressione e dice: per ogni attacco contro di noi, uccidiamo un ostaggio.

 

Lo squarcio che Hamas ha aperto nella società israeliana con il suo rapido, inatteso e crudele attacco è senza pari nella storia del paese: si contano i morti e sono tantissimi, più di novecento – nella Seconda intifada c’erano stati circa mille morti in più di un anno di scontri, ora stiamo parlando di poche ore: è come se in Italia in un attentato morissero 4.500 persone – tra loro molti sono stati ammazzati mentre ballavano al rave in quel sud fatto di kibbutz, musica e cosmopolitismo che sono l’essenza originaria dello stato ebraico. I numeri sono impressionanti e se testimoniano l’impreparazione delle forze israeliane raccontano anche una consuetudine con la convivenza che  ora non ci sarà più. Israele si è ritirato dalla Striscia di Gaza nel 2005, unilateralmente, smantellando 21 insediamenti e lasciando la terra ai palestinesi: fu uno choc epocale vedere i soldati israeliani che prendevano a forza i settler e li portavano via dalle loro case. Fu uno dei modi per dare una chance alla convivenza: ecco la terra, stiamo in pace. Sono passati diciotto anni e gli israeliani hanno pensato di conquistare una nuova stabilità facendo entrare più merci a Gaza, permettendo ai palestinesi di Gaza di entrare in Israele per cure mediche gratuite, e rilasciando permessi di lavoro per gli abitanti di Gaza per lavorare in Israele, dove il reddito di un mese può sfamare una famiglia di Gaza per un anno: dall’anno scorso, sono stati rilasciati più di quindicimila nuovi permessi di lavoro. 

 

Non si può non considerare questa quotidianità quando si cerca di comprendere lo squarcio dell’assalto di Hamas, ancor più perché è stato messo a punto con un’efficienza che non era stata prevista: c’è chi paragona questo osceno salto di qualità alla furia dello Stato islamico che assaliva, conquistava e uccideva con estrema rapidità per crearsi il suo dominio e sterminare chi non si sottometteva, e chi rivede nell’attacco ai civili l’indiscriminata violenza della Russia in Ucraina. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha tracciato il fronte comune contro “lo stesso male”, che è il totalitarismo: “Le intenzioni dichiarate sono diverse, ma l’essenza è la stessa, si vede lo stesso sangue nelle strade, le stesse automobili crivellate, gli stessi corpi torturati”. E i prigionieri, gli ostaggi. Se negli scambi avvenuti tra Ucraina e Russia la mediazione è stata perlopiù della Turchia, ora a fare pressioni su Hamas sta agendo il Qatar, lo stesso che ospita nei suoi lussuosi alberghi parte della leadership del gruppo terroristico e che da anni dà cosiddetti aiuti umanitari ad Hamas. Secondo fonti della Reuters, il Qatar sta negoziando la liberazione di donne e bambini sequestrati da Hamas in cambio di 36 donne e bambini palestinesi incarcerati in Israele, ma non ci sono altri dettagli. Semmai ci sono le mani avanti: se Israele dovesse intervenire a Gaza, queste trattative potrebbero collassare, così come evaporano velocemente lo sconvolgimento e la solidarietà iniziali, quando lo squarcio del  terrorismo si è aperto sotto i nostri occhi increduli e abbiamo visto quel che vediamo in Ucraina anche se per Israele è da sempre così: ti ammazzo perché ucraino, ti ammazzo perché ebreo. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi