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La testimonianza

Con la vittoria di Fico si compie la catastrofe profetizzata da Kundera

Jana Karšaiová

La Slovacchia è disillusa. In tanti avevano guardato all’Europa come a una casa, venendone subito estromessi 

Sabato ci sono state le elezioni in Slovacchia, le precedenti sono state nel febbraio 2020. Ho seguito la campagna elettorale, perché il ritorno di Robert Fico mi preoccupava. Cinque anni fa, il 21 febbraio, sono stati assassinati il giornalista slovacco Ján Kuciak con la sua compagna Martina Kušnírová. Gli hanno sparato mentre dormivano nel loro letto. Si sono alzate proteste in tutto il paese per chiedere le dimissioni del primo ministro Robert Fico e il ministro dell’interno Kaliňák. Sembrava che Kuciak indagasse su alcune connessioni con la ’ndrangheta e il trasferimento fraudolento di fondi europei. Le proteste hanno vinto e loro si sono dimessi. Quello è stato il momento in cui ci abbiamo creduto, creduto che anche la Slovacchia potesse diventare finalmente un paese democratico, occidentale, europeo. 

Ora so che Robert Fico ha vinto, di nuovo. Nella campagna elettorale ha detto che non fornirà più le armi all’Ucraina e che la Russia è stata soltanto provocata e che la vera minaccia per la pace sono gli Stati Uniti. Sulle insegne elettorali lui non c’era, non ha partecipato ai dibattiti televisivi, tutti conoscono la sua faccia e sanno cosa pensa. E’ forte, si sente forte e non si sbaglia. Non si è sbagliato. Nel 1983 Milan Kundera ha scritto “Un occidente prigioniero o la tragedia dell’Europa centrale”, un articolo in cui rinfacciava all’occidente che non si era accorto della scomparsa dell’Europa centrale. Se dico da dove vengo, sulle facce delle persone scorgo perplessità, a volte cercano di camuffare, altre volte nemmeno quello. La Slovacchia ah sì, è uno dei paesi del blocco ex comunista. Sulla carta, con cui mi hanno dimessa dall’ospedale dopo aver partorito mio figlio, c’è scritto: stato estero di nascita-Dipendenze sovietiche. Questo accadeva nel 2016 a Verona.

Perfino i miei amici non sono sicuri della mia nazionalità ceca o slovacca. Io non me la prendo, ma so che questa nebbia geografica non riguarda solo me, è ciò di cui parlava Kundera. Per noi, slovacchi (ma credo anche polacchi, cechi, ungheresi) l’Europa in realtà vuol dire l’occidente, la cultura occidentale, e Bratislava, Praga, Budapest facevano parte di questa cultura almeno fino alla seconda guerra mondiale. La spartizione dell’Europa centrale fra i vincitori ha fatto sì che una parte, quella centrale appunto, sia stata come spostata verso l’est. E lo spostamento è stato indotto e violento. Cito Kundera: “E’ una catastrofe politica: è come se venisse messa in discussione la sua stessa civiltà. (…) è la difesa di un’identità, la difesa della loro occidentalità”.

L’Europa centrale ha perso la sua identità. E’ diventata un grumo di stati satelliti dell’impero sovietico: il mondo russo. (Lo diceva già nel 1844 lo scrittore ceco Karel Havlíček: ai russi piace definire slavo tutto ciò che è russo, in modo da poter definire russo, tutto ciò che è slavo). Quindi quando nell’89 è crollato il regime comunista l’ex blocco socialista smarrisce le proprie sicurezze. L’arrivo della democrazia coincide con il declino dello stato sociale. Tantissime persone perdono il lavoro e insieme a quello anche un senso di identità. Sono passati trentaquattro anni e la Slovacchia è ancora frantumata, divisa in due, ci sono quelli che credono nella democrazia, capiscono il valore della libertà e lavorano per avere istituzioni forti in grado di difendere i valori democratici, pensano in modo occidentale. E poi ci sono quelli che credono nel potere legato a un uomo solo, non importa che ci siano cause legali contro di lui,  quello che conta per questi elettori è che prometta loro pensioni, stipendi più alti e ordine, sopratutto ordine per il vicino di casa. Il nostro vicino è l’Ucraina, un confine corto, un confine nel bosco.  

Sono passati cinque anni da quando hanno sparato a Jan Kuciak e Martina Kušnírová. Jan è stato colpito al petto, Martina alla testa, avevano entrambi 27 anni. Lui era giornalista, lavorava per una testata indipendente, lei è morta perché gli era troppo vicina. Sono state condannate quattro persone per l’omicidio di Jan e Martina, l’hashtag #allforjanandmartina è ancora presente sulla rete. Ora Fico è tornato, anche per la paura che dilaga nel paese. La paura alimentata dai siti di disinformazione, la paura che la Russia possa venirsi a prendere ciò che una volta riteneva suo. Meglio tenere buoni i forti, e quelli più vicini ancora più buoni. Sono persone disilluse, quelle che hanno votato per Fico, persone che nell’89 avevano guardato l’Europa come a una casa da cui sono state evacuate in fretta, perché il loro essere occidentali, europei è stato dimenticato da subito.

L’Europa centrale, come ne ha scritto Kundera, aveva davvero smesso di esistere. Sabato sera sono usciti gli exit poll che davano per vincitore il partito liberale Ps, la nuova  grande speranza della Slovacchia, contro la quale è stata condotta una campagna violenta, piena di odio. Aggiornavo il sito delle elezioni per vedere i risultati in tempo reale. Alle tre ho smesso, ho capito come sarebbe finita. La mattina presto ho scritto a mia madre: almeno questo, papà se l’è risparmiato. Teniamoci forte.
 
Jana Karšaiová, autrice e attrice di origine slovacca
Con “Divorzio di velluto” (Feltrinelli) ha vinto il Premio John Fante Opera Prima Cinema 2023

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