Elezioni nell'Ue
Quanto può essere dannoso un governo Fico in Slovacchia
Il leader di Smer, filorusso, euroscettico e anti atlantista, formerà il prossimo governo. È la prima vittoria politica in Europa di Putin dopo l'invasione dell'Ucraina. Si fa spesso il paragone con l'Ungheria di Orban, ma proprio come Budapest, anche Bratilsava dipende dai fondi dell'Ue. Gli occhi chiusi della sinistra europea e le reali conseguenze nella difesa di Kyiv
Le elezioni in Slovacchia sono andate come ci si aspettava e la pessima notizia per gli europeisti è stata confermata nelle urne: il partito filorusso Smer di Robert Fico ha conquistato la maggioranza dei consensi – il 23,4 per cento dei voti – e formerà il prossimo governo. I liberali di Micahel Simecka sono arrivati secondi con un gran distacco, nonostante le prime proiezioni li avessero dati ben più solidi: dicono che faranno di tutto per evitare che ci sia un governo Fico, ma il primo tentativo spetta comunque a lui.
Smer fa parte della famiglia dei socialisti e democratici europei, così d'ora in avanti sia la destra europea con Viktor Orbán sia la sinistra dell'Unione europea avranno al loro interno un leader esplicitamente contrario al sostegno alla difesa dell'Ucraina dall'aggressione di Vladimir Putin.
Robert Fico, già primo ministro tra il 2006 e il 2010 e tra il 2012 e il 2018, rappresenta il classico leader nazionalista euroscettico, filo russo, anti atlantista di questo secolo, con tutto l'armamentario ideologico: l'ostilità nei confronti di Bruxelles, l'affinità nei confronti della Russia, il disprezzo verso gli ucraini "nazisti che uccidono civili nel Donbas", la lotta contro i media (quando era al governo aveva denunciato l'accanimento dicendo che i media "si masturbano pensando al primo ministro ogni giorno"), gli scandali legati all'utilizzo personalistico del denaro, le accuse a George Soros, alla Nato, all'America. Il suo terzo mandato da premier si è concluso nel 2018 con le dimissioni in seguito alle enormi proteste per l'uccisione del giornalista investigativo Ján Kuciak, che aveva 28 anni e pubblicava inchieste sui legami tra business e politica, e della sua fidanzata Martina Kushnirova: furono ritrovati entrambi ammazzati nella loro casa.
Per formare il governo Fico ha bisogno del sostegno di altri partiti: li cerca tra quelli dell'ultradestra – punta a un esecutivo rossobruno con il Partito nazionalista; l'altra compagine estremista Republika non ha superato la soglia di sbarramento per pochissimo – e presso il suo ex numero due, Peter Pellegrini, che ha formato il partito Hlas (vuol dire "voce") in opposizione proprio a Fico, che è arrivato al terzo posto con quasi il 16 per cento dei consensi e che ha fatto dichiarazioni sufficientemente vaghe da lasciarsi aperta ogni possibilità: “Per me è importante che la nuova coalizione sia formata da partiti che siano d'accordo sulle priorità della Slovacchia e che garantiscano stabilità e calma".
Per gli europei e sostenitori della difesa dell'Ucraina, il ritorno di Fico è un disastro. Per i Socialisti europei è ancor più un fallimento: come spiega David Carretta, il Pse ha chiuso gli occhi sulla deriva dello Smer, nel 2016 aveva sospeso il suo affiliato slovacco per l’alleanza con l’estrema destra. Ma poi il partito di Fico è stato reintegrato e oggi beneficia dello stampino del socialismo europeo. Dalla leadership del Pse finora sono arrivati solo blandi avvertimenti su possibili “conseguenze” su una coalizione con l’estrema destra. La Spd tedesca ha usato toni un po’ più duri, ma, come nel caso di Orbán, il problema Fico va al di là delle coalizioni a Bratislava.
Ci sono però altri due elementi da considerare. A differenza dell'Ungheria, la situazione politica slovacca è molto più frammentata e instabile; come l'Ungheria, la Slovacchia dipende dai fondi europei.
La "Tatra tiger" dei primi anni 2000 non è più così aggressiva. Nella classifica del pil pro capite dell'area euro, la Slovacchia è in fondo con Lettonia e Croazia, mentre è nei primi posti per la dimensione del suo deficit di bilancio, che quest'anno dovrebbe raggiungere quasi il 7 per cento del pil. Fico ha promesso ai suoi elettori una svolta economica con più spesa sociale, ma non può farlo senza l'aiuto dell'Unione europea, inclusi i 6 miliardi di euro del Recovery Plan che Bruxelles ha stanziato per il paese. Qualsiasi mossa per deviare dalla corrente principale sulle questioni fiscali sarebbe soddisfatta con una reazione da parte degli investitori, inviando i costi di prestito della Slovacchia più elevati. In qualità di membri dell'euro, i leader dei paesi non possono rivolgersi alla banca centrale per ottenere aiuti.
La grande preoccupazione riguarda la promessa solenne che ha fatto Fico sul non inviare nemmeno una munizione in Ucraina una volta al governo: la promessa e la sua elezione sono la prima vera vittoria politica di Vladimir Putin in Europa, Ma è pur vero che Bratislava ha già consegnato tutto ciò che aveva dal punto di vista militare, ed è al diciannovesimo posto in termini di aiuti all'Ucraina, dietro all'Austria neutrale. Fico vuole – e questo dal punto di vista logistico è grave – anche chiudere il passaggio sul suo territorio alle forniture militari dirette all'Ucraina. Ma dovrebbe comunque fare i conti con la reazione degli Stati Uniti, che garantiscono la sicurezza anche della Slovacchia.
I parametri del sostegno europeo all'Ucraina non escono cambiati dalle urne slovacche. Minimizzare la minaccia di un leader come Fico è sbagliato: sarà complicato, ma lo è già a causa di Orbán, e qualche misura di contenimento dei filorussi interni è già stata creata.
L'editoriale dell'elefantino