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La Fuga

L'ambasciatore Balayan racconta cosa temono gli armeni costretti a lasciare il Nagorno Karabakh

Pietro Guastamacchia

L'esodo di questi giorni rappresenta l'epilogo di una storia che sarebbe potuta finire diversamente se la comunità internazionale avesse esercitato più pressioni sull’Azerbaigian per accettare garanzie internazionali di sicurezza per la minoranza armena

“L’Ue poteva fare di più”, è il commento amaro che rilascia al Foglio Tigran Balayan, ambasciatore armeno presso l’Ue, riguardo agli ultimi tragici sviluppi che coinvolgono il destino della minoranza armena del Nagorno Karabakh. Dopo l’emanazione del suo ultimo decreto, l’autoproclamata repubblica dell’Artsak, come è chiamata ufficialmente la repubblica armena del Karabakh, cesserà di esistere formalmente dal primo gennaio 2024, ma visto il monumentale esodo di questi giorni è probabile che già entro pochi giorni non rimanga più neanche un armeno. Un epilogo di una storia che inizia molti secoli fa e che sarebbe potuta finire diversamente se la comunità internazionale, specialmente l’Europa, avesse esercitato più pressioni sull’Azerbaigian nell’accettare garanzie internazionali di sicurezza per la minoranza armena per avviare una possibile convivenza. “Bruxelles avrebbe dovuto alzare il livello di allarme molto prima o introdurre sanzioni preventive contro i funzionari e i parlamentari azeri che preparavano la guerra, diffondevano odio e predicavano pulizia etnica da anni”, spiega l’ambasciatore. “Quella che è in corso è una pulizia etnica a tutto campo, ciò che sta accadendo davanti ai nostri occhi è la Srebrenica del XXI secolo e la comunità internazionale che aveva tutti gli strumenti per impedirlo non ha fatto nulla”, aggiunge Balayan. 

Sulle ragioni che hanno portato all’inizio di quest’ultima operazione militare azera, Balayan offre ulteriori dettagli “l’attacco è stato preceduto dalla diffusione di informazioni false da parte del ministero degli Affari esteri dell’Azerbaigian su presunte attività di posa di mine e di sabotaggio da parte delle forze armate della Repubblica d’Armenia, sia chiaro che le forze armate della Repubblica d’Armenia non erano dispiegate nel Nagorno Karabakh, queste notizie sono solo sciocchezze usate dal regime di Aliyev per giustificare le sue operazioni militari”. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, da inizio ostilità non si è ancora espressa, e il suo silenzio si aggiunge alle foto dell’estate del 2022, quando sorrideva a fianco al presidente azero Ilham Aliyev mostrando alle telecamere l’accordo per le forniture di gas che avrebbe aiutato l’Ue a liberarsi dalla dipendenza russa. “L’Azerbaigian ha ingannato l’Ue, ha dato finte garanzie di sicurezza mentre preparava attacchi, ha mostrato una profonda mancanza di rispetto nei confronti dell’Unione europea, delle sue istituzioni e dei suoi leader, ma soprattutto palese disprezzo per il diritto internazionale. Queste azioni di Aliyev non dovrebbero rimanere senza conseguenze”, aggiunge l’ambasciatore.

Le rassicurazioni erano arrivate anche alla vigilia delle ultime ostilità: “Il 19 settembre il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock ricevette da Aliyev la garanzia sul fatto che non avrebbe usato la forza contro la popolazione del Nagorno-Karabakh”, racconta Balayan. Ma le ripetute richieste armene all’Ue di sanzionare, o in qualche modo punire, Baku per ora non trovano risposta, nessuna misura infatti sembra al momento essere in cantiere a Bruxelles lasciando quindi gli stati membri liberi di stringere accordi di cooperazione in ogni settore con l’Azerbaigian, come quelli stretti nel settore militare tra Italia e Azerbaigian, contro cui si è scagliato alcuni giorni fa il presidente armeno Vahagn Khachaturyan.

Sul perché decine di migliaia di persone abbiano scelto la fuga dalle loro case piuttosto che rimanere a vivere sotto il controllo dell’autorità di Baku l’ambasciatore non ha dubbi, “vediamo da anni la retorica guerrafondaia azera definire terrorista tutta la popolazione del Nagorno Karabakh, descrivere la popolazione origine armena come un tumore in seno alla regione. Tutto ciò ha un solo obiettivo: negare il diritto degli armeni, compresa la mia famiglia, a vivere nelle loro terre ancestrali”. Una convivenza resa ancor più difficile dal tema religioso, l’Armenia è una nazione cristiana incuneata tra tre grandi paesi musulmani ma l’ambasciatore armeno ci tiene a sottolineare che questo conflitto non ha niente a che fare con la religione anzi, “sfortunatamente, l’Azerbaigian manipola continuamente la questione del Nagorno Karabakh sfruttando il delicato concetto di solidarietà musulmana”, spiega il diplomatico, “pochi ricordano però che il tragico stato delle moschee abbandonate in Azerbaigian è in realtà il risultato della politica dell’ex leader azero e padre dell’attuale presidente, Heydar Aliyev, che, da vero comunista e generale del Kgb proibiva il culto ai musulmani. E’ necessario impedire che questi temi siano manipolati per contribuire alla diffusione dell’odio razziale”.

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