L'alleato speciale

Blinken arriva a Kyiv con nuovi aiuti e obiettivi diplomatici, mentre Putin bombarda Kostiantynivka

Paola Peduzzi

Tra Ucraina e Stati Uniti tutto bene. Il segretario di stato americano con la sua visita ha voluto fugare i dubbi ripetuti riguardo i rapporti tra occidente e Ucraina. In particolare: la controffensiva, giudicata troppo lenta, troppo inefficace

Kyiv, dalla nostra inviata. Antony Blinken, segretario di stato americano, è arrivato a sorpresa a Kyiv con oltre un miliardo di dollari di nuovi aiuti “per un’economia forte in una democrazia forte” e per rinnovare l’impegno duraturo nel sostegno all’Ucraina. Nelle stesse ore le Forze armate di Vladimir Putin attaccavano il centro di Kostiantynivka, una città nella regione di Donetsk che è spesso fra i target dei russi ma ieri in modo più feroce: è stato colpito il centro della città, ci sono stati più di trenta morti.  Basterebbe questa semplice contrapposizione per spiegare perché il sostegno all’Ucraina non può che essere forte e duraturo, l’alleato speciale a Kyiv ha voluto fugare i dubbi ripetuti sui media internazionali riguardo i rapporti tra occidente e Ucraina. In particolare: la controffensiva, giudicata troppo lenta, troppo inefficace, gli americani sono insofferenti. 

 

Un anno fa in questi giorni iniziava la liberazione della regione di Kharkiv nel nord-est dell’Ucraina: la controffensiva estiva dello scorso anno aveva sfondato le linee russe e i soldati di Mosca non avevano combattuto, erano per lo più scappati, lasciando la loro immancabile e oscena scia dell’orrore. Nonostante gli esperti militari abbiano più volte spiegato che la controffensiva di quest’estate era di tutt’altra natura – sono cambiate le condizioni e la strategia – le aspettative sono rimaste uguali e così la lentezza (prevista) è diventata sinonimo di un semi fallimento. Non per tutti: i leader politici dei paesi alleati non hanno dato pubblicamente  segni di insofferenza, ma molti commentatori si mostrano spesso parecchio esigenti nei confronti di Kyiv – lo stesso rigore non si ripete nei confronti di Mosca che pure continua i suoi bombardamenti indiscriminati sui civili –  e così le opinioni pubbliche si sono convinte che qualcosa stia andando storto.

 

Nei suoi colloqui ucraini con il ministro degli Esteri Dmitro Kuleba e con il presidente Volodymyr Zelensky, Blinken ha affrontato tutte le questioni, dalla controffensiva alla ricostruzione lasciando trapelare il messaggio chiaro: siamo sempre qui, insieme. Timothy Snyder, professore di Yale, storico, saggista, nella saletta con terrazza del Pen Ukraine di Kyiv ha risposto a una domanda  su quel che dovrebbe fare l’occidente per far vincere l’Ucraina dicendo: “Armi, armi armi”. Su questo i negoziati e le forniture sono già stati fatti e anche se i tempi non sono rapidi come si sperava – anche in questo caso le aspettative sono state insolitamente alte – l’obiettivo di Blinken era anche diplomatico. Il 19 settembre si apre a New York l’Assemblea generale delle Nazioni Unite che l’anno scorso era stata utilizzata dai leader europei e dal presidente Joe Biden per tessere e allargare l’alleanza occidentale. Quest’anno si prospetta il secondo round di questa offensiva il cui significato è – come disse lo stesso Zelensky – che la neutralità non è possibile. Ci sono stati da allora segnali positivi, come l’allargamento della Nato, ma anche una riluttanza a unirsi esplicitamente al sostegno all’Ucraina: questo, col tempo che passa, diventa più pericoloso.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi