Foto Ansa 

Do ut des

Mosca offre lo scambio di alcuni beni congelati dall'occidente. Ma gli europei smentiscono

Giorgio Arfaras

La Russia ha pochi mezzi per finanziare la guerra, dato il congelamento dei beni da parte dell'Europa. La Bce mette in guardia Bruxelles dal voler guadagnare dalle ricchezze sequestrate: potrebbe intaccare la fiducia nell’euro

A seguito dell’invasione dell’Ucraina sia i beni dello stato russo, come le riserve della sua Banca centrale, sia i beni dei privati russi, se di oligarchi e di membri della nomenclatura, sono stati congelati. Le riserve della Banca centrale russa a causa del sequestro non possono più essere usate come compensazione dei minori ricavi legati alle esportazioni di petrolio e gas verso l’Europa, esportazioni che si sono contratte per effetto delle sanzioni. In questo modo, la Russia ha molti meno mezzi per finanziare la guerra. I beni dei privati congelati in Europa hanno, invece, lo scopo di mostrare agli alleati privati del Cremlino il prezzo che stanno pagando  per la guerra in corso.

Le cose sono più complicate di quanto non sembrino. Le riserve russe investite pagano delle cedole. Queste possono, da un punto vista legale, essere sequestrate per finanziare l’Ucraina? Le riserve possono, sempre da un punto di vista legale, essere gestite più proficuamente di quanto non accada oggi, con il controvalore che è dirottato per finanziare l’Ucraina? Non è chiaro, intanto la Banca centrale europea ha messo in guardia Bruxelles dal voler ricavare dei guadagni dalle ricchezze sequestrate, perché ciò potrebbe intaccare la fiducia nell’euro. La Bce ha avvertito che l’utilizzo dei proventi dei beni potrebbe spingere le banche centrali di altri paesi ad abbandonare o a ridurre l’esposizione in euro.

Il problema alla fine è quello dei “danni di guerra”. Questi sono pagati dal paese sconfitto. Che poi siano pagati davvero o siano condonati è altra storia, come mostra l’esperienza della Germania dopo le due guerre. La Russia per ora non è sconfitta, ed è difficile, in quanto potenza nucleare, da mettere un domani in un angolo per farle pagare i danni all’Ucraina. Il problema del pagamento dei danni di guerra fa intravedere la possibilità che la ricostruzione dell’Ucraina finirebbe per essere pagata dai paesi occidentali.

Ciò alimenta una possibile campagna politica contraria al finanziamento della ricostruzione dell’Ucraina con il reddito dei contribuenti occidentali.  La scorsa  settimana è stato presentato al Senato degli Stati Uniti un disegno di legge bipartisan che autorizzerebbe il presidente americano a sequestrare i beni sovrani russi e a trasferirli per la ricostruzione dell’Ucraina. Negli Stati Uniti i beni russi congelati, di molto inferiori a quelli congelati in Europa, sarebbero bilanciati da un carico fiscale maggiore, per quanto modesto. Questo carico fiscale potrebbe, mentre scema l’interesse per la guerra europea e aumenta  la competizione per le presidenziali in arrivo, diventare un argomento di polemica. La proposta bipartisan potrebbe alleggerire il clima.

Mentre si discute di tutto questo, dalla Russia arriverebbe una proposta che però le autorità europee smentiscono di aver ricevuto. L’offerta è lo scambio delle attività degli investitori occidentali congelate in Russia con alcune delle attività minori russe congelate dall’occidente. La proposta vedrebbe gli investitori europei acquistare i beni delle società russe che sono state immobilizzate in Europa. Come? Utilizzando i propri fondi detenuti nei conti vincolati in Russia che non possono essere spesi all’estero. E’ improbabile che i governi occidentali accettino un accordo che equipara i beni russi congelati  a causa dell’invasione dell’Ucraina ai beni occidentali bloccati in Russia. Ma è interessante la proposta che mostra un limitato desiderio di disgelo.

Di più su questi argomenti: