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il crypto risorto

La rivoluzione delle criptovalute non parte mai, ma c'è chi continua a insistere

Pietro Minto

Il nuovo progetto di Sam Altman e lo stablecoin di PayPal, tra innovazione, capitali bruciati e idee che sembrano già viste

Il crypto non è morto. Certo, sembrerebbe di sì, a giudicare dalla sua scomparsa dalle pagine dei giornali e dai social, sempre occupati dall’ultima improvvisata di Elon Musk, ma qualcosa si muove ancora, nelle profondità di un settore che ha raggiunto il picco nel novembre del 2021 e da allora si è sgonfiato tra truffe, fallimenti, arresti e un generale calo dell’attenzione globale. Anche se non si parla più di Nft, però, lo spirito del crypto alberga in progetti come Worldcoin, azienda cofondata da Sam Altman (lo stesso di OpenAI), un astruso progetto per una valuta digitale i cui utenti sono tenuti a farsi scannerizzare l’iride degli occhi, che in queste settimane è stata lanciata ufficialmente.

Di Worldcoin si parla ormai da tempo, da quando Altman e i suoi hanno cominciato a offrire la scannerizzazione degli occhi – fatta attraverso una sfera chiamata “the Orb” – in alcune fiere del settore. Una stravaganza, si diceva, l’ennesima di un settore che sembrava essere fucina inesauribile di futuri improbabili ma vicinissimi. L’idea era la seguente: ci si fa scannerizzare l’iride degli occhi dalla sfera magica, che trasforma i dati biologici in una sequenza numerica, un’identità unica e incorruttibile a cui è associato anche un wallet, un portafoglio digitale. Worldcoin dice di aver già raccolto due milioni di scan, soprattutto nel Sud Globale, spesso con metodi discutibili (a inizio agosto il governo del Kenya ha costretto l’azienda a fermare i suoi lavori fino a quando non sarà certificata l’assenza di rischi per le persone). 

Come detto, il 2023 inoltrato non è esattamente il momento ideale per lanciare una criptovaluta fantascientifica legata in qualche modo agli occhi degli utenti. E’ per questo che il primo prodotto di Worldcoin, chiamato “World App” e presentato a maggio, ha a che fare con le intelligenze artificiali. Complice l’aggancio garantito da Altman, infatti, l’azienda sembra aver optato per una sorta di “pivot” – un cambio di rotta tipico delle giovani startup – con cui vuole ora provare a cavalcare il fenomeno del momento, le IA. World App permette quindi di riconoscere un utente reale (umano) da qualsiasi bot o intelligenza artificiale, basandosi proprio sui dati biologici delle persone che si fanno scannerizzano gli occhi dalla sfera di Altman. Siamo ancora nei territori della fantascienza – scaffale: distopie – ma almeno il focus di Worldcoin è stato spostato dal tramontante crypto alle più contemporanee IA. L’azienda non è l’unica impegnata in un riposizionamento simile: tra gli investitori di Worldcoin c’è anche il potente fondo Andreessen Horowitz, che nel settore delle criptovalute, della blockchain e degli Nft aveva investito in totale 7,6 miliardi di dollari (secondo il sito Coin Desk nell’ottobre del 2022 aveva perso già il 40 per cento del totale), oltre che pubblicato svariati articoli entusiasti che anticipavano la rivoluzione incombente, inevitabile, del crypto. L’ultimo round di investimenti, da più di quattro miliardi di dollari, risale al maggio dello scorso anno. Come ha notato il Wall Street Journal, sarebbe stato difficile scegliere un momento peggiore per fare l’all-in nel crypto. A16z (come viene chiamato il fondo) non è l’unico grande nome ad aver scommesso a suo tempo su Worldcoin, quando il settore delle criptovalute era inondato da miliardi facili: nella lista troviamo alcuni caduti celebri, come Three Arrows Capital, fondo di investimento specializzato in criptovalute fallito nell’estate del 2022, e soprattutto la famigerata Ftx dell’altrettanto notorio Sam Bankman-Fried, la cui parabola discendente da paladino dell’economia liberal a renegade globale descrive perfettamente il corso dell’intero settore. 

Il crypto, dicevamo, non è morto. E Worldcoin non è l’unico movimento che proviene dal settore: nei giorni scorsi anche PayPal, il primo servizio per trasferire denaro via internet, ha lanciato uno stablecoin, un tipo di criptovaluta pensato per mantenere un valore fisso legato al dollaro, altra notizia che sembra provenire da un ritaglio di giornale di due anni fa. Secondo il sito Quartz, i limiti dello stablecoin di PayPal sarebbero molti e la trovata sarebbe “un espediente di marketing più che uno stablecoin funzionato”, un modo per il servizio di “trarre profitto dall’hype legato al crypto”. Non è chiaro di quale hype si parli visto che il settore è ancora alle prese con un lungo “inverno”, un periodo di flessione e crisi, nonostante il valore di Bitcoin sia salito a 27mila dollari (erano 15mila un anno fa; il picco massimo, del novembre 2021, fu 56mila dollari).

Alcuni osservatori sembrano ridurre esperimenti come quello di PayPal o Worldcoin a meri tentativi di ridare vita a un settore altamente speculativo e controverso. La promessa è che questa volta sarà diverso e che gli operatori del settore hanno imparato tante lezioni dagli errori del passato: come dice uno dei grandi motti del crypto, “it’s still early”, è ancora presto. Per cosa? Per la rivoluzione, ovvio. Nel frattempo, secondo una stima della Cnbc, alla fine del 2022 il settore aveva bruciato due trilioni di dollari, poco meno del pil italiano, in un anno. A rimanere scottati, oltre a giganti come a16z, sono stati un numero incalcolabile di persone, piccoli investitori, giovani convinti che gli Nft avrebbero cambiato il mondo. Soprattutto, le criptovalute hanno tradito anche le aspettative più concrete di chi voleva utilizzare, semplicemente, una valuta digitale diversa dalla moneta legale tradizionale. La rivista Wired ha scritto di come questi prodotti abbiano fatto breccia anche tra i lavoratori e le lavoratrici sessuali, che da tempo cercano un’alternativa alle normali istituzioni finanziarie (ma anche alla stessa PayPal), che non supportano il sex work e tendono a bandire questo tipo di utenti. La promessa di una moneta digitale, indipendente, decentralizzata, “senza padroni”, era perfetta per persone che rischiavano di essere lasciate fuori dai circuiti ufficiali finanziari e non avevano alternativa a Bitcoin ed Ethereum.

Un paio d’anni fa, all’apice della febbre da crypto, alcune voci critiche contestarono anche l’approccio colonialista del settore, ben rappresentato da prodotti come Axie Infinity, un videogioco simil-Pokémon in cui i mostriciattoli protagonisti erano in realtà Nft, ovvero prodotti (token) che potevano essere venduti e scambiati. Attorno a questi “Axie” si sviluppò un commercio speculativo che interessò particolarmente le Filippine, e di cui oggi rimangono solo le briciole. A perderci furono ancora una volta gli utenti del Sud Globale che per qualche settimana credettero di poter giocare ai videogiochi guadagnando, seguendo il sistema del “play-to-earn”. Due anni dopo, ci risiamo: Worldcoin sostiene di aver già raccolto due milioni di iridi umane e prepara lo sbarco nelle grandi metropoli europee e statunitensi. La maggior parte di quelle scannerizzazioni, però, arrivano da paesi come il Kenya, dove molte persone si sono sottoposte alla “Orb” in cambio di cinquanta dollari. Il trattamento riservato dall’industria del crypto alle nazioni più povere del mondo sembra essere stato ereditato dalla mania del momento, le IA, il cui settore sfrutta il lavoro umano sottopagato, ancora una volta in Kenya e altri paesi africani. Enormi uffici in cui centinaia di persone cliccano su immagini, video e contenuti (spesso traumatizzanti) allo scopo di allenare le intelligenze artificiali il cui funzionamento viene spesso scambiato per magia. E che per proteggerci dalle quali, dice Sam Altman, dovremmo tutti scannerizzarci gli occhi. Questa volta, non c’è dubbio, andrà tutto bene.

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