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Gli scenari

Rebus in Commissione europea. A chi andrà il seggio di Timmermans?

Francesco Gottardi

Il commissario per il clima e il Green deal lascerà Bruxelles per correre alle elezioni dei Paesi Bassi. Che sceglieranno il suo successore: in ballo la soluzione interna (Samsom), la logica di coalizione (Eickhout) o quella del governo dimissionario (Kaag)

Davanti a tanto miracolo, pure Bruxelles alza le mani. Perché il nome di Frans Timmermans è in grado di mettere d’amore e d’accordo perfino due partiti di sinistra in vista delle elezioni – succede nei Paesi Bassi: non si tratta di schieramenti da zero virgola, ma di un’alleanza fra pari che in autunno potrebbe rovesciare l’esito delle urne. Timmermans, a 62 anni, è pronto a farsene carico, tornare a casa e scendere in campo. L’annuncio ufficiale arriverà il 22 agosto, ma intanto Ursula von der Leyen è già stata informata della decisione intrapresa dal suo vice. E per un vuoto che si colma – l’arena politica olandese del dopo Rutte – eccone un altro che si crea: a chi andrà il pesante seggio di Timmermans alla Commissione europea? Cosa ne sarà del Green deal comunitario, di cui lui è sempre stato il primo responsabile?

La questione lascia le istituzioni sulle spine. Certo è che il posto di Timmermans è troppo nevralgico per essere lasciato vacante: a novembre si terrà la prossima Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici e l’Unione europea non può permettersi di sfilarsi dal dibattito. Soprattutto dopo che lo stesso Timmermans, soltanto poche settimane fa, richiamava all’ordine i paesi membri “a rischio di compromettere il cammino dell’Ue verso la transizione verde e i suoi obblighi internazionali”. L’altra condizione, per regolamento interno, è che il futuro commissario europeo per le politiche ambientali sia olandese – o meglio: che i Paesi Bassi non perdano il loro rappresentante designato.

A questo punto si aprono diversi scenari. Verosimilmente l’erede di Timmermans riceverà anche la delega al Green deal. Non si tratta tuttavia di un binomio vincolante: cedere il testimone a uno dei commissari in carica è pur sempre possibile e sgraverebbe il nuovo arrivato dal peso di un portfolio clou come quello per l’agenda sulla neutralità climatica. In questo senso circolava anche il nome di Paolo Gentiloni, oggi agli affari economici. Ma per l’Olanda mantenere il doppio mandato è una faccenda di prestigio, oltre che una responsabilità politica. E salvo sorprese così sarà.

La soluzione più naturale è quella che porta a Diederik Samsom: il capo di gabinetto di Timmermans alla Commissione europea e il suo storico braccio destro nei socialdemocratici. Ha una lunga esperienza amministrativa, è stato parlamentare all’Aia dal 2003 al 2016 e prima di allora si era fatto conoscere come attivista di punta di Greenpeace. Ci sono però altri equilibri da considerare. In primis quelli del governo dimissionario, che spingerebbe per un nome esterno al PvdA. E qui le quotazioni sono tutte per Sigrid Kaag, fresca di uscita di scena dai D66: il suo partito è in piena crisi di consenso, ma rimane un ago della bilancia tra le forze centriste e finora non ha mai espresso un proprio commissario europeo. Mentre nel curriculum di Kaag – ministro delle Finanze, prima agli esteri e diplomatica all’Onu – manca solo Bruxelles. La terza via si colloca invece all’interno del patto elettorale tra PvdA e GroenLinks, subito acclamato a furor di popolo – i sondaggi prevedono un testa a testa con il Vvd – anche grazie alla trasversale presenza di Timmermans. “Sarà il primo ministro perfetto”, lo incorona Jesse Klaver, il leader di Sinistra verde. E il convinto supporto degli alleati, che hanno ceduto il passo nonostante il loro analogo peso alla Tweede Kamer, potrebbe venire ricompensato altrove. Alla Commissione, per esempio, dirottando verso il seggio vacante uno dei tre eurodeputati di GroenLinks: il capogruppo Bas Eickhout, già impegnato sul fronte del Green deal.

Tre profili e altrettante storie diverse, accomunate però dalle battaglie fortemente rivendicate sul fronte dei cambiamenti climatici. E queste si collocherebbero in continuità con l’agenda Timmermans, falco delle emissioni zero che non vuole lasciare a metà la sfida intrapresa dall’Europa nel 2019. A Palazzo Berlaymont si preoccupano di quel che ne sarà senza di lui. Ma Frans sta alla cosa pubblica come la sua città natale, Maastricht, alla geografia: anche dall’Olanda è più vicina a Bruxelles che ad Amsterdam. Anche da premier, in fatto di ambiente, potrebbe fare gli interessi comunitari più di quanto i Paesi Bassi abbiano fatto finora. Se qui però c’è di mezzo il voto, per chi gli succederà in Commissione basta solo un cenno d’intesa. Quasi una formalità, per l’uomo che sa riunire le sinistre nel 2023.