Il target

Trump cerca di convincere i finanziatori a mollare DeSantis. Che cos'è il Project 2025

Paola Peduzzi

L'ex presidente americano se ne frega dei processi, boicotta gli avversari e studia un piano da pieni poteri per un mondo senza rivali. La candidatura di Robert F. Kennedy Jr. che rappresenta un ostacolo per Joe Biden

Milano. Donald Trump è in mezzo a molti guai giudiziari che potrebbero concretizzarsi durante la stagione elettorale – che si apre a gennaio – oppure no, ma che non impediscono all’ex presidente americano di apparecchiare la propria campagna presidenziale come se i processi non fossero un impedimento. Ieri ha fatto sapere di aver ricevuto una lettera dallo “squilibrato” procuratore Jack Smith in cui gli si comunica di essere “l’obiettivo” (target, in maiuscolo nel post su Truth) di un’inchiesta del Grand Jury sull’assalto del 6 gennaio, “che quasi sempre significa un arresto e un’incriminazione”. Ma il vittimismo cronico di Trump – tutti ce l’hanno con me, io non ho mai mentito – continua ad avere la meglio, e mentre anche molti repubblicani sperano che la giustizia faccia quel che loro non sono stati in grado di fare, cioè renderlo elettoralmente inappetibile, Trump costruisce il suo mondo senza rivali.

 

A farne le spese è il suo sfidante diretto, il governatore della Florida Ron DeSantis, che finora non è riuscito a posizionarsi come un’alternativa credibile – sarebbe utile che fosse anche promettente, ma non chiediamo troppo – all’ex presidente. Non siamo al capolinea, anzi in questi giorni DeSantis si rilancerà con interviste e conversazioni pubbliche che conta siano più riuscite di quella disastrosa con Elon Musk su Twitter Spaces, ma i sintomi della crisi sono evidenti: pochi soldi raccolti, tagli allo staff. Molti sostengono che il problema di DeSantis sia DeSantis stesso, che non ha nulla del leader e che si limita a riprendere le battaglie ideologiche trumpiane, con un’ossessione decisa per quelle contro la wokeness, dicendo: io posso farle meglio. Però il sito Axios ha raccontato che in realtà c’è, in questo mezzo collasso, lo zampino di Trump.

 


Il suo team ha fatto circolare un documento lunedì tra i principali sostenitori finanziari di DeSantis in cui in sostanza dice: siete sicuri di voler buttare via soldi sul cavallo perdente?  “Se volete continuare a riversare milioni di dollari nella campagna fallimentare di DeSantis, non dite che non siete stati avvisati”, scrivono in questo testo Chris LaCivita e Susie Wiles, consiglieri dell’ex presidente (la Wiles lavorava con DeSantis, poi, come ha sintetizzato il New York Times in un titolo efficace, il governatore “ha cercato di affossarla, ora lei aiuta Trump ad affossare lui”). Per contrastare Joe Biden e i suoi 72 milioni di dollari raccolti, dicono i trumpiani, non c’è spazio per più di un candidato e ribadiscono le difficoltà di DeSantis: nella media dei sondaggi è sotto al 20 per cento, ha licenziato un po’ di persone che lavorano alla sua campagna (dovrebbero essere riassorbiti dal più ricco super Pac progovernatore ed esplicitamente contro Trump dal nome indimenticabile: Never Back Down) e anche se ha raccolto più soldi dell’ex presidente li consuma a una velocità sorprendente, così che l’Nbc dice che c’è un grande rischio di insolvenza. 

 

Trump non vuole disperdere i soldi dei finanziatori repubblicani, o meglio: non vuole che vadano a DeSantis. Se proprio non può raccoglierli lui, allora suggerisce di donarli a Robert F. Kennedy Jr., che si candida alle primarie del Partito democratico e che quindi rappresenta un ostacolo per Joe Biden, che ovviamente è il principale avversario da sconfiggere. Secondo i documenti depositati presso la Commissione elettorale federale (la Fec), i donors che solitamente sostengono i repubblicani compaiono tra i principali contributori di RFK Jr.: “Soltanto il 20 per cento dei suoi donors si identificano come sostenitori democratici, mentre quasi il 40 per cento ha sempre sostenuto candidati e cause repubblicane”, dicono gli analisti della Fec. Negli ultimi tre mesi Kennedy, che è al 20 per cento in questi sondaggi molto prematuri che circolano, ha raccolto più soldi di molti dei candidati repubblicani: nulla rispetto al tesoretto di Biden, così come non c’è modo oggi di pensare che il rampollo Kennedy possa essere il candidato alle presidenziali del Partito democratico nel 2024, ma certo la sua presenza è fastidiosa per il presidente e per di più, essendo un gran elaboratore di teorie del complotto (l’ultima: il coronavirus è progettato in modo che colpisca più i caucasici e risparmi invece afroamericani ed ebrei), fornisce materiale prezioso ai complottisti di destra che prosperano tra i trumpiani.

 

Trump non si limita a condizionare le scelte dei finanziatori, ma sta preparando un piano per aumentare i poteri presidenziali se dovesse rientrare alla Casa Bianca dopo le elezioni del novembre prossimo. Detta così, sembra solo allarmismo, ma anche il piano per creare caos dopo il voto del 2020 in caso di sconfitta sembrava solo un rischio o un allarme e invece si è tradotto in un assalto violento al Campidoglio e nella creazione di una teoria, la “Big Lie”, che ha attecchito al punto che molti pensano che Biden sia un presidente impostore. Questo nuovo progetto, scrive il New York Times che ha parlato con molte fonti che lavorano con Trump e alla sua campagna elettorale, ha lo scopo “di alterare l’equilibrio tra i poteri, aumentando quelli del presidente rispetto agli altri”. Si va oltre quel che lo stesso ex presidente ha detto sul suo primo atto alla Casa Bianca nel 2025: aprire un’inchiesta penale su Biden. I trumpiani vorrebbero porre fine alle norme che furono introdotte dopo il Watergate che volevano preservare l’indipendenza del ministero della Giustizia dal controllo del presidente, così come mettere le agenzie federali indipendenti sotto il diretto controllo del presidente, così come riesumare la cosiddetta pratica dei fondi “sequestrati” che di fatto permette al presidente di rifiutarsi di spendere soldi già stanziati al Congresso per programmi che non sono di suo gradimento – anche questa pratica fu vietata durante la presidenza Nixon. 

 

Queste proposte non sono segrete, i trumpiani ne parlano come obiettivi da inserire nel programma elettorale del Partito: volendo saperne di più, basta consultare il Project 2025, “un progetto di transizione presidenziale” da 22 milioni di dollari che è stato creato dall’Heritage Foundation, storico centro studi del mondo conservatore dai tempi di Ronald Reagan che oggi si dedica a rifornire di idee la “nuova destra”, sostenendo che il principio reaganiano “peace through strength” è sempre il faro, ma di fatto sostenendo Trump e attaccando il diritto di esistere dell’Ucraina. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi