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nuovi confini

Il Comando Artico della Nato cambia tutto per l'Alleanza

Mauro Mondello

L’ipotesi di aumentare la presenza militare nell'Europa del nord è molto concreta ed è una pessima notizia per Putin. Esercitazioni e nuove strategie

Con l’adesione della Finlandia e l’imminente formalizzazione dell’entrata della Svezia, la Nato rinforza in maniera sostanziale la sua presenza nell’Europa del nord. La guerra in Ucraina, ancora una volta, sortisce così un effetto geopolitico disastroso per Mosca: l’invasione russa dovrà  adesso fare i conti anche con una rinnovata cooperazione militare in uno dei territori più ambiti del pianeta: l’Artico. Con l’ampliamento della Nato a Helsinki e Stoccolma, ogni paese della regione Artide, eccetto la Russia, diventa parte della più potente intesa militare al mondo. Si tratta, dal punto di vista strategico, di un passaggio fondamentale, soprattutto perché arriva a due mesi esatti dalla decisione di Canada, Danimarca (Groenlandia), Finlandia, Islanda, Norvegia, Stati Uniti e Svezia di sospendere la Russia dai lavori del Consiglio artico, il forum intergovernativo che dal 1996 costituisce l’unica forma di cooperazione fra i paesi dell’area. 

 

Quello della governance internazionale è sempre stato uno dei più grandi problemi nella gestione dell’area. A fare da riferimento sono oggi rimaste soltanto la convenzione dell’Onu sul diritto del mare e l’Organizzazione marittima internazionale, due autorità di regolamentazione, ma senza alcun reale potere di indirizzo. Intorno alla regione gravitano interessi militari, rivendicazioni territoriali, questioni legate al cambiamento climatico e anche il futuro di alcune rotte commerciali, i passaggi a nord-est e a nord-ovest, che potrebbero stravolgere gli equilibri economici globali. L’Artico è una potenza che conserva il 30 per cento delle riserve naturali del pianeta, fra cui il 25 per cento delle riserve inesplorate di idrocarburi, oltre a zinco, nichel, uranio, tutti potenzialmente disponibili entro il 2050, alla scomparsa del ghiaccio marino sub-polare del Mar glaciale artico.

 

La Nato è sempre più presente e c’è l’ipotesi molto concreta di istituire un nuovo Comando Nato Artico, che si affianchi ai due Joint Forces Command dell’Alleanza già presenti sul territorio europeo, uno a Brunssum, in Olanda, e l’altro a Napoli. La Russia controlla il 53 per cento della linea costiera artica e i piani infrastrutturali di Mosca per la regione mostrano l’intenzione  di giocare un ruolo di primo piano sia per appropriarsi delle risorse naturali sia per acquisire una posizione strategica nelle dinamiche commerciali fra l’Asia e l’Europa. 

 

Gli Stati Uniti, nel National Strategy for the Arctic Region pubblicato a ottobre 2022, il primo in dieci anni, hanno chiarito il loro rinnovato interesse nella sicurezza del territorio artico e nel coordinamento di iniziative di cooperazione internazionale e governance che garantiscano gli equilibri geopolitici della regione. E’ una dichiarazione d’intenti rilevante, visto che la Russia ha stanziato nella penisola artica di Kola, nel nord-ovest del paese, una porzione notevole dei suoi asset militari. La Flotta del nord, con base a Severomorsk, nell’oblast di Murmansk, può contare sul meglio della marina russa, fra cui due incrociatori missilistici pesanti a propulsione nucleare Kirov, tutti i suoi rompighiaccio nucleari e otto degli undici sottomarini con missili balistici attivi. Fa parte della flotta anche il sottomarino nucleare Belgorod, il più grande mai costruito al mondo, 184 metri e la capacità di trasportare sei droni equipaggiati di testate nucleari. Questo quadro, unito all’aggressività della Cina, che insiste nell’avanzare diritti sull’Artico nonostante non ne abbia i requisiti dal punto di vista territoriale, rende ancora più decisivo l’allargamento della Nato verso nord e allo stesso tempo chiarisce il rinnovato fermento militare che si respira fra i paesi dell’Europa settentrionale e del Baltico.

Nel mese di giugno la Joint Expeditionary Force (Jef), la missione intergovernativa a coordinamento inglese di cui fanno parte Regno Unito, Danimarca, Estonia, Finlandia, Islanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia e che condivide intelligence tattica e informazioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione su possibili minacce marittime, ha svolto un mese di esercitazioni a Reykjavik, la capitale islandese. Qualche settimana prima, alla fine di maggio, 6.500 militari finlandesi e 1.000 truppe statunitensi, britanniche, svedesi e norvegesi, oltre a un migliaio di mezzi sotto supervisione Nato, svolgevano un’esercitazione dell’Alleanza a Rovajarvi, in Finlandia, ad appena due ore dal confine russo. Tutti segnali, sempre più chiari, che il Patto atlantico fa sul serio nella battaglia strategica per l’Artico. 

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