dopo vilnius

L'Alleanza contro la guerra ibrida

Giulia Pompili

Cavi e satelliti. Attacchi informatici e alle infrastrutture strategiche. L’articolo 5 non ha più un limite geografico. Le nuove linee rosse della Nato contro i paesi ostili Russia e Cina  

Tra le decisioni prese dai leader dei paesi dell’Alleanza atlantica al summit di Vilnius c’è anche la creazione di una piattaforma per il controllo integrato delle infrastrutture strategiche sottomarine. Il nuovo Centro marittimo per la sicurezza sarà posto all’interno del Comando marittimo della Nato (il cosiddetto Marcom) che ha sede a Northwood, nel Regno Unito, e servirà a monitorare la sicurezza di gasdotti e soprattutto dei preziosissimi cavi sottomarini per le comunicazioni, responsabili per il 95 per cento del funzionamento di internet a livello globale. Sono i cavi, e non la connettività wireless, a trasportare i dati. E i dati non sono soltanto civili, ma anche strategici, finanziari, militari. Nel comunicato finale del vertice Nato di Vilnius, dal punto 60 in poi, per la prima volta i leader articolano e dettagliano le potenziali minacce contro l’Alleanza che non riguardano più soltanto i suoi confini geografici, ma anche le infrastrutture complesse e fondamentali per la sicurezza. Dallo spazio al cyberspazio fino al mondo sottomarino – e questa è la novità politica che si sta affermando – il comunicato esplicita un dettaglio anticipato anche dallo Strategic concept della Nato dello scorso anno: la Difesa di “ogni centimetro” del territorio dell’Alleanza non si limita a un attacco armato contro uno degli alleati, ma anche a un attacco alle sue infrastrutture. Dunque attività o operazioni ostili, “che potrebbe raggiungere il livello di attacco armato”, possono portare il Consiglio “a invocare l’articolo 5 del Trattato”. 

Nel comunicato finale del summit Nato di Vilnius si fa diretto riferimento ai cavi sottomarini per le comunicazioni, ma non soltanto. Al punto 66, per esempio, si legge che “il cyberspazio è un teatro di contesa costante, con attori che cercano sempre più di destabilizzare l’Alleanza attraverso attività e campagne malevole”. E la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, secondo i paesi membri, ha dimostrato quanto la cybersicurezza “sia parte integrante dei conflitti moderni”. La Nato vuole far fronte alle minacce informatiche anche prendendo in considerazione risposte collettive. 

 Parte della rete internazionale di cavi sottomarini dalla mappa di submarinecablemap.com

 


“Un atto isolato di malware o una serie di tali atti potrebbe raggiungere la soglia di un attacco armato e portare il Consiglio Nord Atlantico a decidere, caso per caso, di invocare l’articolo 5 del Trattato”. Invocare l’articolo 5 è un atto politico molto potente da parte degli stati membri della Nato, e per quanto riguarda gli attacchi informatici se ne parla sin dal 2014. Ma soltanto di recente, dopo la guerra in Ucraina, le linee rosse che un tempo erano volutamente opache, per aumentare il sistema di deterrenza dell’Alleanza, sono aumentate e sono più dettagliate. Secondo gli analisti, una delle maggiori preoccupazioni per i funzionari Nato riguarda oggi la capacità antisatellitare di Russia e Cina. Lo spazio è considerato “vitale per la sicurezza e la prosperità” dei paesi membri, ma è anche un’area “di crescente rivalità, in cui i rivali strategici della Nato e potenziali avversari si comportano in modo irresponsabile, conducono attività dannose e sviluppano capacità di superiorità spaziale”. In questo caso l’avvertimento dell’Alleanza è più specifico: “Un’operazione ostile diretta verso, da e nello spazio, che può raggiungere la soglia corrispondente a un attacco armato” viene considerata sufficiente per invocare l’articolo 5. Si parla di un attacco diretto a un satellite strategico di un paese membro – e non del suo sabotaggio. La Difesa spaziale della Nato ha avuto una svolta nel febbraio scorso, con la creazione dell’Alleanza per la sorveglianza persistente dallo spazio. La Nato non possiede suoi satelliti, e quindi usa immagini di satelliti commerciali per le sue informazioni di intelligence. L’Alleanza costituita a febbraio è composta da 18 paesi membri (compresi Finlandia e Svezia) ed entro un paio di anni lancerà Aquila, il “più grande progetto spaziale” della Nato sin dalla sua fondazione, una costellazione virtuale che servirà a integrare satelliti commerciali con quelli dei paesi aderenti – c’è dentro anche l’Italia – e aumenterà le capacità dell’Alleanza di raccogliere le informazioni e condividerle con i membri. 


L’avvertimento della Nato sulla necessità di mettere in sicurezza i cavi sottomarini viene dal 2017, ma è soltanto di recente – dopo la guerra in Ucraina – che le infrastrutture sotto mari e oceani sono diventati una priorità: nel settembre dello scorso anno, il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 ha fatto da acceleratore. Se c’è una cosa che la guerra della Russia contro l’Ucraina ha fatto, è stata quella di aiutare la Nato a individuare le sue priorità e proteggerle da eventuali, future minacce. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.