Un campo profughi a El Paso, in Texas, nel marzo scorso (John Moore / Getty Images)

Il nodo immigrazione

Al confine sud dell'America. Biden stretto tra la fine del “Title 42” e le accuse del Gop

Giulio Silvano

La politica migratoria in vigore dai tempi di Donald Trump è scaduta e ora l’Amministrazione democratica si dimena tra fermezza e apertura. I numeri degli ingressi e dei rimpatri, i fondi stanziati e il ruolo ambiguo di Kamala Harris

L’11 maggio è scaduta la politica migratoria che ha caratterizzato la presidenza di Donald Trump e la prima metà del mandato di Joe Biden. La legge nota come Title 42, che rendeva più duri gli ingressi degli immigrati irregolari dal confine col Messico, non è più in vigore. Creata nel 1944 per limitare i contagi, la legge era stata recuperata da Trump durante la diffusione del coronavirus: rendeva più semplici i respingimenti, compresi quelli di chi chiedeva asilo politico, oltre che facilitare i rimpatri. Molti repubblicani avrebbero voluto mantenerla attiva, ma i democratici hanno deciso di lasciarla scadere. Il presidente Biden da tempo diceva di volerla eliminare, considerato che non sempre i respingimenti garantivano i diritti dei migranti: sono diventate virali le immagini dei ragazzini in gabbia separati dai genitori per cui entrambe le amministrazioni, ma soprattutto quella di Trump, sono state attaccate.

 

La fine del rigido regime di respingimento è stata subito vista come un’occasione da sfruttare per chi vuole arrivare negli Stati Uniti dal confine a sud. “Non credete alle parole degli scafisti, il confine non è aperto”, ha detto Alejandro Mayorkas, segretario della sicurezza interna, ricordando che ci sono 24 mila agenti a proteggere la frontiera. Nelle città vicine al Messico i centri di accoglienza da settimane sono strapieni – il triplo della loro capienza – e oltre il confine si sono radunate inizialmente decine di migliaia di aspiranti immigrati che tentano di sfruttare il momento. “Per un po’ la situazione sarà caotica”, aveva detto il presidente Biden. Alcuni hanno parlato di tendopoli che verranno erette a Central Park. I telegiornali hanno mostrato le immagini di gente che attraversa il Rio Grande con i gonfiabili da piscina. Non si tratta solamente di messicani, ma di persone provenienti da tutto il centro e sud America che hanno attraversato il Messico in attesa di valicare il muro, aspettando una politica di maggiore accoglienza. Si parla di circa 10 mila ingressi irregolari al giorno dall’11 maggio, un record.

 

Biden dice: “non preoccupatevi”, perché la sua Amministrazione ha una strategia a lungo termine. A gennaio la Casa Bianca aveva annunciato che allo scadere della legge trumpiana sarebbe stato garantito l’accesso ogni mese a 30 mila individui provenienti da Venezuela, Nicaragua, Haiti e Cuba, muniti dei documenti necessari e dopo aver passato i dovuti controlli riguardo ai precedenti legali. Inoltre verranno triplicati i permessi per i rifugiati politici provenienti da America latina e Caraibi, arrivando a 20 mila per il 2023 e il 2024. A gennaio, oltre esser stati lanciati nuovi portali online per fare richiesta di ingresso, sono stati stanziati altri 23 milioni di dollari per l’assistenza umanitaria in alcuni paesi dell’America centrale nel tentativo di ridurre gli arrivi (il famoso “aiutiamoli a casa loro”). Al 2021, la maggior parte degli immigrati accolti nel paese che fa richiesta d’asilo regolare proviene dal Venezuela, segue la Cina, poi El Salvador, Guatemala e Honduras. I numeri degli arrivi legali sono stati bassi negli ultimi sette anni, prima per via delle policy trumpiane – basta ricordare il suo musilm ban contro i paesi di religione islamica – e poi della pandemia. Nell’anno fiscale 2022 sono stati ammessi oltre 25 mila rifugiati, un aumento rispetto agli 11 mila dell’anno precedente, ma niente rispetto agli anni pre Trump. Durante l’Amministrazione Obama (2009-2017) c’era stato un boom di ingressi legali, circa 70 mila l’anno, con un massimo di quasi 85 mila nel 2016. Ma qui si parla di immigrati regolari, spesso con richieste legate a motivazioni politiche, come la fuga da guerre e regimi sanguinari.

 

Non abbiamo numeri precisi sugli ingressi irregolari, ma sappiamo che da parte del Border Patrol, la polizia di frontiera americana, nel 2021 sono stati arrestati e rispediti indietro oltre un milione e seicentomila immigrati, un numero molto alto. Secondo le stime governative, gli irregolari negli Stati Uniti si aggirano tra i 10 e i 13 milioni e in gran parte lavorano nell’agricoltura. Non tutti sono arrivati attraversando il confine in modo illegittimo: una percentuale riguarda chi, scaduto un permesso temporaneo, è rimasto nel paese senza rinnovare le richieste. Gli irregolari provengono quasi tutti dal centro e sud America e secondo gli esperti le cause principali dell’aumento di emigrazione da paesi come Ecuador, Panama, Guatemala o Colombia sono i disastri naturali, la violenza delle gang e dei cartelli di droga nelle città e l’inflazione post pandemica. Secondo la Croce Rossa, nel 2020 gli uragani che hanno colpito queste nazioni hanno costretto oltre un milione e mezzo di persone a fuggire. Uno studio dell’Mit di Boston dice che non sono le famiglie più povere a venire via, ma quelle con un discreto numero di risorse economiche (assoldare uno scafista costa circa 7.500 dollari). In America centrale si spendono ogni anno oltre due miliardi di dollari per emigrare illegalmente.

 

Le folle che si vedono al confine sono il frutto sia della rigidezza degli anni trumpiani, che ha creato una lunga lista d’attesa informale, sia dell’impreparazione a questo momento di cambio di regime da parte dell’Amministrazione Biden, che non ha saputo mandare un messaggio chiaro. L’obiettivo dei democratici è da anni quello di regolamentare e aumentare i flussi invitando a scegliere le vie legali, rendendo più agili e rapidi gli ingressi, oltre a bloccare i “coyote messicani” (gli scafisti) e colpire il problema alla radice con programmi a lungo termine. Alla vicepresidente Kamala Harris, ora impegnata con l’intelligenza artificiale, era stato assegnato questo compito. Molti dicono che Harris non sia stata all’altezza, e il caos di questi giorni lo dimostrerebbe. La vicepresidente era andata un anno fa in Guatemala per parlare con il presidente Alejandro Giammattei e aveva pronunciato in conferenza stampa la famosa frase: “Non venite”, indirizzata a chi aveva intenzione di compiere la “pericolosa strada fino al confine”, dicendo che “ci sono metodi legali” per arrivare. Harris, evidentemente, non è stata ascoltata.

 

Oltre alle decine di migliaia che hanno scelto di scalare muri e attraversare fiumi e deserti, ci sono però anche molti che cercano di entrare usando le procedure burocratiche. Nelle scorse settimane a El Paso, città texana al confine, i migranti sono stati indirizzati dalle autorità verso due ingressi, il Varco 40 e 42, trasformando la città in una gigantesca sala d’attesa. Biden ha anche trovato un accordo col governo messicano: permettere di deportare ogni mese in Messico migliaia di immigrati illegali non messicani, accettando però un numero pari di migranti attraverso nuove strade legali. È anche per via di questo accordo che l’emergenza sembra in parte rientrata, grazie a rimpatri che assomigliano in molti aspetti a quelli del suo predecessore: oltre 10 mila rimpatri nell’ultima settimana, con 21 mila rilasciati in attesa di ottenere un’udienza Inoltre, viste le novità amministrative, alcune agenzie governative hanno deciso di attivare alcuni strumenti temporanei che facilitino le procedure di espulsione simili a quelle usati dai repubblicani. Il fatto che dipartimento di stato e della Sicurezza interna abbiano fatto questa scelta viene visto da alcuni, per esempio dal Wall Street Journal, come l’ammissione che le politiche più rigide dei repubblicani funzionavano e riducevano i flussi illegali. In alcuni centri di arrivo le autorità americane sono state costrette a lasciare liberi centinaia di migranti, appena arrivati, con la promessa che si presentino entro 60 giorni negli uffici immigrazione della loro città di destinazione per regolarizzarsi.

 

Secondo i sondaggi, storicamente, l’elettorato si fida di più dei repubblicani che dei democratici nella gestione dell’immigrazione, e Biden sembra cercare di muoversi in bilico tra una gestione dura degli ingressi irregolari e proposte di apertura verso chi richiede permessi regolari. Il presidente sa che l’immigrazione clandestina resta uno dei temi più politicizzati, e dovesse restare questa confusione, la retorica anti immigrazione potrebbe diventare un altro cavallo di battaglia del Partito repubblicano. Poi, se lo sfidante sarà un’altra volta Donald Trump, come suggeriscono alcuni sondaggi, Biden sa anche che si troverà davanti una macchina mediatica con i denti affilati, considerata la feroce propaganda dell’alt-right contro “chi ci ruba il lavoro” e la propensione di Fox News per la sicurezza al confine e la demonizzazione delle “risorse lavorative”. La proposta di Trump, mai realizzata, di costruire un muro facendolo pagare al Messico è stato uno degli strumenti più efficaci della sua campagna del 2016, uno dei temi con cui il tycoon ha preparato la sua discesa in politica, prima iniziando a criticare le politiche considerate troppo morbide di George W. Bush e subito dopo le proposte del senatore John McCain, candidato presidenziale nel 2008, poi lanciando il movimento dei birther, cioè dicendo che Barack Obama non era nato negli Stati Uniti. Questa teoria cospirazionista antiobamiana spinta a gran voce, oltre a potenziare la figura di Trump nell’arena politica, ha trasformato una parte del Partito repubblicano in quel movimento xenofobo che conosciamo oggi. Ronald Reagan, tirato per la giacca dai trumpiani a intermittenza, negli anni Ottanta diceva che era assurda l’idea di un muro col Messico.

 

Uno spot elettorale di Trump di qualche anno fa accusava i democratici “di essere complici degli omicidi commessi dagli immigrati irregolari”. L’approccio all’immigrazione è uno dei modi in cui si può vedere l’involuzione del Partito repubblicano. Seguendo la scuola trumpiana, anche gli altri eventuali candidati in corsa per il 2024, come Ron DeSantis, giocano nei comizi con la paura dell’immigrato violento. Il governatore della Florida il 10 maggio ha passato una legge statale che inasprisce le pene per gli irregolari e obbliga gli ospedali a contattare le autorità nel caso si presentino dei clandestini. Il Senato ha approvato, con due senatori democratici più centristi passati dall’altra parte, una proposta di legge che quasi sicuramente verrà bloccata dal presidente, dove si vedono delineate le priorità repubblicane: ricominciare la costruzione del muro al confine, aumentare i fondi per la polizia di frontiera e dotarla di tecnologie più efficaci, oltre a rendere più difficili le richieste di asilo. In questo momento le non-strategie democratiche, questo limbo tra fermezza e apertura, stanno dando Biden e Kamala Harris in pasto all’opinione pubblica, e il loro obiettivo a lungo termine – quasi una politica porte aperte: far entrare chiunque abbia la fedina penale pulita e abbia avuto la voglia di compilare tutte le scartoffie  – potrebbe diventare l’arma di punta degli avversari in vista del 2024.