il conflitto

Anche questa volta, i Patriot hanno salvato Kyiv: ecco a cosa servono le armi

Micol Flammini

Mosca butta missili ipersonici contro l'Ucraina, che li abbatte, mentre in Russia aumenta la paura dei cieli. Un'inchiesta sulla corruzione spiega le falle della Difesa russa

L’alba di martedì ha mostrato ancora una volta  una certezza, che a troppi sfugge ancora: le armi che vengono mandate in Ucraina servono a salvare vite. Mosca ha lanciato contro la capitale ucraina, Kyiv, sei missili ipersonici Kinzhal da aerei Mig-31K, 9 missili Kalibr da navi al largo del Mar Nero e tre Iskander. L’Ucraina è riuscita ad abbatterli tutti: i diciotto missili e nove droni. E’ stata la battaglia più rumorosa che si è svolta nei cieli della capitale, con il buio illuminato a giorno, e se l’Ucraina è riuscita a difendersi e limitare i danni è stato grazie ai sistemi di difesa aerea americani Patriot, che da quando sono in funzione, sono riusciti ad abbattere anche i Kinzhal, i missili ipersonici che viaggiano dieci volte più veloci della velocità del suono, così disse Vladimir Putin quando li presentò al pubblico russo.  Basta confrontare  le immagini dei bombardamenti passati con quelli di oggi, rispolverare il calcolo delle vittime, per capire quanta differenza vitale possa fare l’aiuto degli alleati.  Questo non vuol dire che le notti dei cittadini di Kyiv possono essere considerate tranquille, che la paura del cielo si è quietata per sempre: danni collaterali dovuti alla caduta dei detriti ci sono comunque,  la capitale  vive in stato di allerta, consapevole però di poter dominare meglio le incursioni dei missili russi, che avvengono spesso di notte o alle prime luci del mattino, quando le persone sono più esposte al pericolo. 

 

Se gli ucraini stanno imparando a controllare i cieli, a proteggersi dalla Russia, dall’altra parte del confine, i russi invece sembrano aver perso il controllo dei loro. Nel fine settimana, nella regione di Bryansk, alla frontiera con l’Ucraina, si sono schiantati due elicotteri e due bombardieri in incidenti separati che hanno causato la morte di nove persone. Non esiste una spiegazione univoca, alcune agenzie hanno parlato di guasti al motore, altre di un errore dei piloti, il capo dei mercenari della Wagner, Evgeni Prigozhin, ha parlato di fuoco amico da parte  delle difese aeree russe. Tutte queste tesi hanno aperto ad altrettante domande: gli ucraini riescono ad abbattere quattro  aerei russi senza che Mosca se ne accorga? Nel territorio russo ci sono sabotatori dotati di armi sofisticate? Gli interrogativi sono i soliti, si susseguono da quasi un anno, perché è dai primi mesi della guerra che qualcosa in Russia va a fuoco, viene colpito, esplode. Due droni sono arrivati addirittura fino alle cupole del palazzo del Senato, dietro alle mura del Cremlino, senza che il ministero della Difesa sia riuscito a dare una spiegazione su come due velivoli siano potuti arrivare indisturbati sulla Piazza Rossa. Depositi di armi e carburante vengono incendiati, aeroporti militari presi di mira. Il cielo russo è un via vai e Mosca non sa come spiegare che due bombardieri e due elicotteri possano precipitare dentro ai propri confini. I media russi in più di un’occasione hanno parlato della paura dei cieli, della sensazione dei russi che da un momento all’altro la guerra si faccia sentire pesante oltreconfine, che qualcosa possa esplodere all’improvviso. L’attività è intensa e il Cremlino non dà garanzie, non può neppure accusare direttamente Kyiv, sarebbe un’ammissione della propria debolezza e di mancanza di protezione adeguata, ma la guerra ormai è in casa e la propaganda cerca di sfruttare questo elemento a suo favore: se i cieli russi sono insicuri, è perché ci sono dei nemici, combattiamo una guerra contro la Nato. 

 

Mosca sta dimostrando di non saper badare alla propria difesa aerea, ha sottovalutato quello che poteva avvenire nei suoi confini, e nell’idea di portare a termine una rapida guerra di aggressione non ha badato alla propria sicurezza: un altro calcolo sbagliato. A poco sono valsi i video e le fotografie diffusi dalle agenzie che mostravano i sistemi Pantsir montati sui maggiori palazzi del potere di Mosca: le immagini servivano a creare un senso di unità tra i russi, l'urgenza della patria attaccata, ma erano più per propaganda che per entrare in funzione quando necessario. 
La fondazione anticorruzione dell’oppositore  Alexei Navalny ha pubblicato un rapporto che ha fatto molto discutere gli ucraini. L’inchiesta si intitola: “Chi sta lucrando sulla costruzione dei missili”. Hanno indagato su un funzionario, uno scienziato russo incaricato di occuparsi della costruzione dei missili, e spende soldi statali  in  lusso. La posizione di alcuni ucraini è che se Navalny fosse davvero contro la guerra dovrebbe essere dalla parte della corruzione che rende l’industria bellica russa così scadente e quindi contrastabile. Ma l’inchiesta rivela molto sull’incapacità  del governo russo di curare una delle sue priorità: ha voluto una guerra, ma negli anni ha reso le aziende della difesa degli spacci della corruzione. Questo vale anche per il sistema di contraerea che non riesce a proteggere neppure il  suo territorio, neppure il Cremlino. Tanto meno dalla paura dei cieli. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.