Soldati americani preparano le bandiere ucraine dopo una riunione del gruppo alla base aerea di Ramstein il 21 aprile 2023 (Foto di Thomas Lohnes/Getty Images) 

L'Ue ha autonomia strategica per dare armi a Kyiv? Il blocco francese

David Carretta

Mentre arriva l'ennesimo pacchetto di aiuti degli Stati Uniti, l’Ue arriva a Ramstein ancora indecisa sugli acquisti congiunti di armamenti per l'Ucraina. Parigi è all'origine dello stallo. Intanto denuncia il "French bashing"

Bruxelles. “Tutti insieme ci assicureremo che l’Ucraina disponga di tutto ciò di cui ha bisogno per vivere in libertà”, ha detto il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, aprendo la riunione del gruppo di Ramstein, di cui fanno parte una cinquantina di paesi che forniscono aiuti militari a Kyiv. Nell’undicesima riunione si è parlato soprattutto di munizioni e difesa aerea. C’è urgenza in vista dell’annunciata controffensiva ucraina. Ma ancora una volta l’Unione europea è in ritardo. I ventisette stati membri, che oltre un mese fa avevano annunciato un piano per fornire munizioni all’Ucraina, non sono ancora riusciti a mettersi d’accordo sugli acquisti congiunti. La Francia ha bloccato il via libera insistendo su una clausola “Buy european”. “L’incapacità dell’Ue di mettere in pratica la sua decisione sull’approvvigionamento congiunto di munizioni per l’Ucraina è frustrante”, ha protestato giovedì il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba

  
Austin è arrivato alla base aerea americana di Ramstein, in Germania, con l’ennesimo pacchetto di aiuti degli Stati Uniti, questa volta 325 milioni di dollari, che comprende munizioni per gli Himars e obici da 155 mm e 105 mm per l’artiglieria. L’America ha “fornito più di 35 miliardi di dollari in assistenza per la sicurezza all’Ucraina dall’inizio dell’invasione della Russia”, ha ricordato Austin. Il segretario alla Difesa ha lodato alcuni partner per la loro generosità. Nel suo discorso ha anche menzionato il fatto che “l’Ue recentemente ha annunciato un’importante iniziativa per incrementare la produzione industriale di munizioni”.

  

E’ il piano per fornire un milione di munizioni all’Ucraina e ripianare gli stock europei, su cui i ventisette hanno raggiunto un accordo politico il 20 marzo. La prima parte del piano – il trasferimento degli stock esistenti verso Kyiv con un finanziamento dell’Ue di un miliardo di euro – è stata effettivamente lanciata. L’alto rappresentante, Josep Borrell, ha assicurato che sono stati “già consegnati munizioni e missili per oltre 600 milioni”. Ma la seconda parte del piano – gli acquisti congiunti attraverso l’Agenzia europea di difesa o gruppi di paesi con un finanziamento dell’Ue di un altro miliardo di euro – è bloccata. L’accordo del 20 marzo prevede che gli acquisti siano realizzati presso “l’Industria di difesa europea”.

 

All’origine dello stallo c’è la Francia, che ha insistito per un’interpretazione molto stretta di cosa debba essere considerato “europeo”. Parigi ha chiesto di escludere non solo l’industria americana, svizzera, britannica o coreana, ma anche chi non ha il 100 per cento della filiera nell’Ue. Kuleba ha usato un argomento molto francese per criticare il ritardo: l’autonomia strategica. “Questo è un test per verificare se l’Ue ha autonomia strategica nel prendere nuove decisioni cruciali in materia di sicurezza”. I diplomatici francesi denunciano una campagna di “French bashing” (“dagli al francese”, ndr) da parte di Polonia e altri paesi dell’est. Si difendono sostenendo che non hanno interessi, perché le imprese che producono munizioni non sono francesi. Spiegano che il loro unico obiettivo è rafforzare le capacità dell’industria europea per la sicurezza del continente, compresa l’Ucraina. Eppure l’argomento non convince gli altri. “La Francia ha la tendenza a presentare i suoi argomenti come interesse di tutti. Ma di solito l’interesse di tutti lo decidono tutti”, spiega un diplomatico europeo.

 

Per ragioni di urgenza, gran parte degli altri paesi avrebbe preferito poter comprare munizioni anche fuori dall’Ue, o almeno potersi rivolgere a produttori stranieri di munizioni con fabbriche nell’Ue. Parigi ha contestato ogni presenza extraeuropea: dall’azionariato alla catena di approvvigionamento. “Non poter comprare polvere da sparo in Sudafrica è assurdo”, dice una seconda fonte. Il compromesso prevede la produzione o l’assemblaggio nell’Ue da parte di imprese europee, ma tenendo aperta la filiera. Un’intesa potrebbe arrivare dopo la riunione dei ministeri degli Esteri di lunedì. Ma – come spiega il diplomatico – a forza di ritardi “tra un po’ la controffensiva ucraina diventa d’autunno”.