Canfora come Putin. Manipolare la storia per difendere l'invasione russa

Luciano Capone

Lo storico comunista, esattamente come lo Zar, sostiene che "l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina”. Ma per ribaltare la realtà è costretto a fare affermazioni false, dalla "promessa" di Baker a Gorbachev alla posizione di Kissinger

Da un comunista che disprezza Gorbachev per aver indebolito e fatto dissolvere l’Unione Sovietica e che apprezza Stalin per averla fatta grande e potente è lecito aspettarsi simpatie per Vladimir Putin, che è in un certo senso erede della tradizione imperialista e stalinista. Ma da uno storico, pur nella consapevolezza della lettura ideologica degli eventi, ci si attende un po’ più di rispetto per la storia e per la verità dei fatti. Invece Luciano Canfora, ormai da tempo, ha abbracciato la linea e il metodo di Putin. Che vuol dire attribuire le responsabilità dell’invasione dell’Ucraina alla vittima e i suoi alleati – Stati Uniti, Nato e Ue – e, per poterlo fare, manipolare la storia.

 


Il Fatto quotidiano ha pubblicato la prefazione di Canfora a un libro che nel titolo sintetizza perfettamente la tesi di fondo: “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina”. Nelle sue pagine lo storico ripropone, senza filtri, tutto l’armamentario putiniano: gli Usa avevano detto a Gorbachev che la Nato non si sarebbe allargata ad est, ma hanno tradito la promessa; la Russia è stata “accerchiata” dalla Nato; in Ucraina c’è stato un “colpo di stato” nel 2014; la Russia ha cercato di proteggere la “minoranza russofona” in Ucraina (una cui larga parte però combatte da mesi con determinazione contro gli invasori russi, continuando a parlare russi). E ancora: Putin “pensò di cautelarsi con i due accordi di Minsk” sperando in un “congelamento dell’aspirazione dei nuovi governanti ucraini ad avviare trattative per un’adesione a Ue e Nato”; ma poi con l’arrivo di Zelensky, “uomo molto legato alla famiglia Biden”, c’è stata “un’accelerazione”.

 

La duplice colpa dell’autocrate russo, secondo Canfora, è stata “fidarsi di promesse malfide” dell’Occidente a proposito dell’allargamento della Nato fin sotto il suo naso e “non capire la trappola in cui andava a cacciarsi aprendo la guerra guerreggiata per bloccare la guerra ‘invisibile’ (nei media occidentali) del nuovo regime ucraino contro la minoranza russofona”. In sostanza, il difetto di Putin è che è troppo buono: si è fidato dei suoi aggressori. Più che un sanguinario dittatore, è un grandissimo boccalone che è caduto nella “trappola perfetta della Nato” volta a farlo passare da “aggressore” quando in realtà lui, lo zar, è l’aggredito.

 

Per un libello di propaganda filorussa, è una prefazione perfetta. Sebbene sarebbe stato più adatto l’ultimo discorso di Vladimir Putin, quello del 21 febbraio, alla vigilia dell’anniversario dell’inizio dell’“operazione militare speciale”, in cui il presidente russo ha esposto esattamente la storia ripetuta da Canfora: “L’espansione della Nato fino ai nostri confini”; il “colpo di stato del 2014” a  Kyiv; la difesa della minoranza russofona in Donbas (nel cui nome Putin ha spianato al suolo intere città russofone che gli resistevano, come Mariupol). In sintesi, dice Putin: “Sono stati loro a iniziare questa guerra, mentre noi abbiamo usato la forza e la stiamo usando per fermare la guerra”. Il totale ribaltamento della realtà, che coincide con la tesi del libro elogiato da Canfora: è stato l’Occidente a provocare la guerra in Ucraina.

 


Per recitare la parte del putiniano, però, Canfora deve necessariamente fare violenza al suo mestiere di storico. Deve affermare falsità storiche, come Putin. Due esempi. Canfora inizia scrivendo: “Al momento del disfacimento del Patto di Varsavia (1990), l’assicurazione, non formalizzata in accordo scritto (formulata dal segretario di Stato degli Stati Uniti James Baker a Gorbaciov), da parte statunitense e a nome della Nato, era stata che la Nato non avrebbe cercato di estendersi verso Est”. Quando avvenne l’incontro Baker-Gorbachev, nel febbraio 1990, il Patto di Varsavia non era disfatto: esisteva ancora e nessuno pensava che un suo aderente avrebbe chiesto alla Nato di accoglierlo. Il dialogo nei primi mesi del 1990 tra Baker e Shevardnadze, e poi tra Baker e Gorbachev, riguardava solo la riunificazione tedesca. Le poche parole pronunciate sulla Nato non erano affatto una “promessa”, ma la base di un negoziato sullo status della Germania dell’est che venne superato già pochi mesi dopo e accettato dall’Urss con la firma del Trattato sullo stato finale della Germania che sancì l’ingresso a pieno titolo della ex Ddr nella Nato (sul tema il recente libro “Not One Inch: America, Russia, and the Making of Post-Cold War Stalemate” della storica Mary E. Sarotte). È peraltro anche la versione di Mikhail Gorbachev che, in un’intervista del 2014, a proposito dell’incontro con Baker disse: “Il tema dell’espansione della Nato non è stato affatto discusso, e non è stato sollevato in quegli anni. Nessun paese dell’Europa orientale aveva sollevato la questione, nemmeno dopo che il Patto di Varsavia ha cessato di esistere nel 1991. Neppure  i leader occidentali l’avevano sollevato”.

 

Un’altra falsità di Canfora riguarda la posizione dell’ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger, che secondo lo storico comunista nel maggio 2022 a Davos avrebbe “lanciato una proposta che si può sintetizzare così: impegno dell’Ucraina alla neutralità, a fronte di un ritorno dei confini prebellici (e dunque nessun tentativo, da parte ucraina, di riprendersi la Crimea)”. La sintesi è falsa. Kissinger, come ha poi precisato, non ha mai invitato l’Ucraina a cedere territori: ha semplicemente detto che la condizione per un cessate il fuoco era un ritorno allo “status quo ante”, ovvero un ritiro della Russia dai nuovi territori occupati per lasciare i vecchi territori contesi (parte del Donbas e la Crimea) a un negoziato. Si tratta, peraltro, della stessa condizione chiesta da Zelensky prima che la Russia annettesse unilateralmente quattro regioni dell’Ucraina. Quanto poi alla “neutralità” dell’Ucraina, proprio nell’ultimo intervento a Davos Kissinger ha detto l’esatto contrario: “Prima della guerra mi opponevo all’adesione dell’Ucraina alla Nato. Ora credo che l’idea di un’Ucraina neutrale non sia più perseguibile. Credo che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato sarebbe un esito appropriato”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali