tra Storia, militanza e menzogne putiniane

I falsi storici al tempo della guerra in Ucraina. I casi Canfora e D'Orsi

Luciano Capone

Da Zelensky in affari col figlio di Biden alla santità di Bandera. I due professori comunisti, forse accecati dall'antiamericanismo o offuscati dall’antico fascino per Mosca, propalano falsità e mistificazioni a ripetizione

La guerra in Ucraina ha prodotto un fenomeno singolare: la diffusione di falsi storici da parte di storici veri. Si tratta perlopiù di professori di tradizione comunista che, vuoi per antiamericanismo o per l’antico fascino che suscita sempre il Cremlino, confondono la professione con la militanza e si trovano a propalare sull’Ucraina ricostruzioni mistificatorie o completamente inventate, alla stregua degli scadenti propagandisti russi che girano per le trasmissioni televisive. I casi maggiori sono quelli di Luciano Canfora e Angelo d’Orsi.

 

Canfora, affermato storico e filologo che non ha mai mancato di riconoscere la grandezza di Stalin, in un’intervista al Fatto quotidiano è arrivato a dire che “quando Di Maio è andato a Mosca prima della guerra, tornando, ha constatato la volontà di pace del governo russo”. Un’affermazione surreale. Il ministro degli Esteri italiano ha incontrato il 17 febbraio l’omologo russo Sergei Lavrov, che ha riferito a Di Maio “tutta la disponibilità russa a trovare una soluzione diplomatica”. Meno di una settimana dopo la Russia ha invaso e bombardato l’Ucraina. Questa era la “volontà di pace” di Putin di cui parla Canfora. In un’intervista al Riformista, Canfora è arrivato a dire che “il figlio di Biden è in affari con Zelensky”. Un’altra colossale menzogna, per giunta diffamatoria, di derivazione trumpiana: Hunter Biden è stato nel cda di una società energetica ucraina, Burisma, prima che Zelensky diventasse presidente.

 

Angelo d’Orsi, storico di caratura inferiore rispetto a Canfora ma non per militanza (pochi mesi fa si era candidato a sindaco di Torino con un cartello di liste comuniste), in un articolo sul Fatto quotidiano a inizio marzo parlò di “15 mila morti in Donbas provocati dagli ucraini tra la popolazione russofona e russofila”. Un concentrato di falsità: i morti in Donbas sono sì oltre 14 mila, ma non tutti provocati dagli “ucraini” e non tutti tra i “russofili”. Secondo i dati delle Nazioni Unite i morti, dall’aprile 2014 alla fine del 2021, sono così classificati: circa 4.400 tra le forze armate ucraine, circa 6.500 tra le milizie e circa 3.400 tra i civili. Attribuire tutte le responsabilità a una parte e tutte le vittime all’altra è una mistificazione indecente.

 

Più recentemente D’Orsi, che a furia di spararle grosse è diventato un personaggio televisivo e a buon diritto rilanciato dai canali di propaganda putiniana come Russia Today, durante un’ospitata a “Dimartedì” di Giovanni Floris, per descrivere il governo ucraino come una cricca di nazisti, ha detto che “il regime dell’Ucraina ha dichiarato Stepan Bandera eroe nazionale e la Chiesa ortodossa ucraina l’ha fatto santo! Lo sapete questo? Bandera è stato fatto prima eroe dal governo e poi santo dalla Chiesa ortodossa ucraina. Io non vedo il bene e il male, vedo il male da entrambe le parti”. Anche in questo caso si tratta di due clamorose falsità. Stepan Bandera è personaggio controverso del nazionalismo ucraino: prima collaborazionista dei nazisti e poi dagli stessi imprigionato nel campo di concentramento di Sachsenhausen per poi essere liberato in funzione antisovietica, infine ucciso nel 1959 dal Kgb. È un simbolo del nazionalismo ucraino, le cui bande si sono macchiate di crimini e pogrom, usato dalla propaganda putiniana per dimostrare che dal 2014 a Kyiv c’è un regime “nazista”. In ogni caso, Bandera non è “Eroe nazionale dell’Ucraina”. Il titolo gli era stato dato nel gennaio del 2010, quattro anni prima di Euromaidan, dall’allora presidente Viktor Yushenko. Ma pochi mesi dopo, ad aprile del 2010, l’onorificenza fu annullata da un tribunale di Donetsk. Successivamente, a dicembre 2018, alcuni parlamentari hanno presentato al presidente dell’Ucraina una richiesta di insignire Bandera del titolo di “Eroe nazionale”, che però è stata ritirata ad agosto 2019. Quindi Bandera non è “Eroe nazionale” e men che meno è stato fatto “santo” dalla Chiesa ortodossa ucraina. Questa è un’invenzione ridicola. Anche perché Bandera manco era ortodosso: il padre Andryi, torturato e fucilato dai sovietici, era un presbitero della Chiesa uniate e quindi cattolico.

 

Il problema non è che tra Russia e Ucraina Canfora e D’Orsi non vedano “il bene e il male”, ma che non distinguano il vero e il falso. E questo è particolarmente grave per chi, per quanto militante, fa comunque lo storico.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali